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Giovedì, 25 Aprile 2024
Carceri

La birra artigianale fatta dietro le sbarre

Nove giovani detenuti e diversi mastri birrai coinvolti in un progetto del ministero della Giustizia e dell'Istruzione. Una misura alternativa 'di gusto'

Le misure alternative sono da sempre nel mondo del carcere un modo per evitare di tornarci. Molti di coloro che in cella imparano un mestiere poi lo spendono fuori e con più facilità si reinseriscono nel mondo del lavoro. Uno dei pochi settori che sta scontando meno la crisi è la gastronomia, soprattutto quella di qualità made in Italy.

Ecco perché Paolo Strano, fisioterapista e mastro birraio per passione, ha messo insieme le due cose. Così è nato 'Semi di libertà' un progetto che vuole coinvolgere i detenuti nella produzione di birra di qualità. Non è un caso che quest'idea sia venuta a lui: nel 2010 aveva messo piede nel carcere di Regina Coeli, ha incontrato i suoi detenuti e ha subito avuto voglia di dare vita a un'iniziativa per dare loro una seconda possibilità. Lavorava presso il carcere romano, facendo fisioterapia con i detenuti in cura.

Il progetto di Paolo coinvolge adesso ministero della Giustizia e dell'Istruzione e prevede che nove detenuti tra i 20 e i 30 anni possano iniziare a collaborare nella produzione di tre nuove birre artigianali presso Istituto agrario Sereni di Roma, con la collaborazione di diversi mastri birrai italiani. Non solo: i detenuti andranno anche in alcune scuole a raccontare le loro storie.

I nove giovani sono stati scelti nel reparto semiliberi a basso controllo e provengono dal carcere di Rebibbia. Tra i birrifici che hanno aderito al progetto c’è Eataly (che venderà anche le birre prodotte),  Birra da mare di Fiumicio, Turan di Bagnaia, Freelions di Tuscania e Aurelio di Ladispoli.

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