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Giovedì, 25 Aprile 2024
Il caso / Napoli

Come è finita la storia del presunto boss in Ferrari alla comunione del figlio

Un permesso per lasciare momentaneamente gli arresti domiciliari e partecipare alla funzione religiosa. Poi il corteo plateale di auto di grossa cilindrata per le strade di Arzano, in provincia di Napoli, a mo' di sfida e prova di forza in un territorio martoriato dalla camorra. E la risposta dello Stato, stavolta molto rapida

Stavolta la risposta dello Stato è stata molto rapida ed efficace. È tornato in carcere Pasquale Cristiano, l'uomo ritenuto dalla magistratura napoletana un elemento di vertice del gruppo criminale "167", una costola del clan Amato-Pagano ad Arzano, comune della città metropolitana di Napoli sciolto per le infiltrazioni della camorra per ben tre volte negli ultimi dieci anni. Era agli arresti domiciliari, ma nelle scorse ore i carabinieri lo hanno arrestato e rispedito in cella. Nei giorni scorsi aveva sfilato tra le strade del comune in un carosello di auto di lusso in occasione dei festeggiamenti per la prima comunione del figlio. Un corteo chiassoso e plateale. Per gli inquirenti è stato un atto di forza per mostrare la propria presenza sul territorio, una sorta di sfida provocatoria alla comunità. Come a dire: "Ehi cari concittadini, eccomi, qui comando io".

Come è finita la storia del presunto boss in Ferrari alla comunione del figlio ad Arzano

È domenica 6 giugno. L'uomo, che era agli arresti domiciliari, sarebbe stato autorizzato con un permesso di poche ore solo a partecipare alla comunione del figlio in chiesa e non ai festeggiamenti successivi. Ma lui non si sarebbe limitato a presenziare alla funzione religiosa. In tarda mattinata, a bordo di una Ferrari decappottabile presa a noleggio per l'occasione, secondo la ricostruzione degli inquirenti il presunto boss ha scorrazzato per le strade della cittadina campana paralizzando il traffico, accompagnato da altre auto di grossa cilindrata, Lamborghini e Audi, in una sorta di carosello rumoroso di auto di lusso (le immagini qui sotto, in un video postato su Facebook dal consigliere campano Francesco Emilio Borrelli).

Secondo una denuncia presentata dal senatore Sandro Ruotolo e dal presidente del Pd metropolitano di Napoli Paolo Mancuso, Cristiano sarebbe stato "scortato" da una Lamborghini guidata dal presunto capo zona di Frattamaggiore, oltre ad altre auto guidate da pregiudicati, e "per agevolare il passaggio del corteo, i guardaspalle avrebbero bloccato gli incroci e fermato il normale traffico veicolare". La "bravata" è finita sui social. La scena è stata immortalata dagli stessi protagonisti in filmati postati su Instagram e condivisi e commentati da numerosi utenti. Ma è finita anche sul tavolo della Direzione distrettuale antimafia.

Tutti i partecipanti alla "parata" del presunto boss sono stati identificati dai carabinieri di Arzano e del Nucleo investigativo di Castello di Cisterna, per aver causato problemi al traffico "con modi e tempistiche non compatibili con il percorso che era stato imposto in seguito all'obbligo di immediato rientro nell'abitazione per Cristiano dopo la cerimonia". E così i domiciliari sono stati revocati ed è tornato in carcere. Il provvedimento è stato adottato dalla Corte di appello di Napoli su richiesta della Procura generale, sulla base di un'informativa dei carabinieri di Arzano. Per gli inquirenti, il comportamento di Pasquale Cristiano è stato "una vera e propria provocatoria prova di forza, finalizzata all'affermazione della sua presenza sul territorio".

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"La Chiesa neghi i sacramenti ai boss di camorra"

"La risposta dello Stato, dunque, è stata rapida ed efficace - ha commentato il senatore Sandro Ruotolo -. Ci sono aree della provincia di Napoli che sembrano fuori controllo. Comuni che rischiano lo scioglimento per condizionamenti della camorra, territori dove la camorra ha rialzato la testa. C'è quel mondo di mezzo, tra buoni e cattivi, che deve schierarsi. O si sta contro la camorra o si è complici". E sulla vicenda si è espresso anche il consigliere regionale campano di Europa Verde Francesco Emilio Borrelli, auspicando una presa di posizione da parte della Chiesa: "Chiediamo alla Chiesa di negare i sacramenti ai boss di camorra e ai loro familiari e sodali - ha detto -, dato che i principi cattolici e lo spirito della cristianità non possono assolutamente sposarsi con il modo di vivere di chi ostenta lusso e ricchezze guadagnate sulla pelle delle persone, con il sangue, la violenza, la criminalità e la paura. La glorificazione e la celebrazione della criminalità vanno combattute da tutte le istituzioni, Chiesa inclusa, e non vanno certo incoraggiate o tollerate".

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