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Giovedì, 25 Aprile 2024
Caso Yara

Caso Yara, i giudici: "Bossetti animo malvagio, agì per arrecare dolore"

Nelle motivazioni della sentenza, depositata oggi dalla Corte d'Appello di Bergamo, i magistrati parlano di un delitto di "gravità inaudita": dopo esser stato respinto Massimo Bossetti si accanì con "violenza e sadismo" sul corpo della vittima mentre questa era ancora in vita

Le "sevizie e la crudeltà" contro Yara Gambirasio, la tredicenne di Brembate di sopra uccisa nel novembre 2010, sono la cifra "dell'animo malvagio" di Massimo Bossetti, l'uomo condannato all'ergastolo per l'assassinio della ragazza.

Lo si legge nelle motivazioni della sentenza, depositata oggi dalla Corte d'Appello di Bergamo. Secondo i giudici, da parte di Bossetti, c'è stata "una condotta particolarmente riprovevole per la gratuità e la superficialità dei patimenti cagionati alla vittima e dimostrano l'ansia di appagare la propria volontà di arrecare dolore".

Per i giudici, "è ragionevole ritenere che l'omicidio sia maturato in un contesto di avances a sfondo sessuale, verosimilmente respinte dalla ragazza, in grado di scatenare nell'imputato una reazione di violenza e sadismo di cui non aveva mai dato prova fino ad allora".

Nelle 158 pagine di motivazioni, i giudici definiscono l'omicidio "di inaudità gravità". "L'antefatta regolarità di vita e l'incensuratezza - vi si legge - uniche circostanze di segno positivo che potrebbero astrattamente valorizzare ai fini della concessione delle circostanze attenuanti generiche, non appaiono infatti comparabili con la predetta aggravante, che connota l'omicidio di inaudita gravità".

Omicidio e misteri: il giallo di Yara Gambirasio

Bossetti inoltre "non ha agito in modo incontrollato, sferrando una pluralità di fendenti, ma ha operato sul corpo" di Yara Gambirasio "per un apprezzabile lasso temporale, girandolo, alzando i vestiti e tracciando, mentre la ragazza era ancora in vita, dei tagli lineari e in parte simmetrici, in alcuni casi superficiali, in altri casi in distretti non vitali e, dunque, ideonea a causare sanguinamento e dolore ma non l'immediato decesso". Bossetti ha poi "lasciato la vittima agonizzare in un campo isolato e dove non è stata trovata che mesi dopo".

Per quanto riguarda la prova cardine che ha portato alla condanna di Bossetti, e su cui si è concentrato lo scontro tra le parti processuali, per la Corte d'Appello di Bergamo è "assolutamente affidabile". Il profilo genetico di Ignoto 1, che le indagini hanno individuato in Massimo Bossetti, è "caratterizzato per un elevato numero di marcatori Str e verificato mediante una pluralità di analisi eseguite nel rispetto dei parametri elaborati dalla comunità scientifica internazionale". E anche se "è vero che la dinamica del fatto resta in gran parte oscura, ciò non scalfisce il dato probante rappresentato dal rinvenimento del Dna su slip e pantaloni".

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