rotate-mobile
Giovedì, 25 Aprile 2024
Il caso

Anfetamine e oppio: braccianti dopati per lavorare 12 ore al giorno

La nuova frontiera della schiavitù invisibile a pochi passi da Roma, nell'Agro pontino: per sopravvivere ai ritmi massacranti e aumentare la produzione dei "padroni" italiani, i braccianti sono costretti a doparsi con sostanze stupefacenti e antidolorifici che inibiscono la sensazione di fatica e stanchezza

LATINA - Per lavorare dalle 12 alle 15 ore nelle campagne dell'Agro pontino e non sentire la fatica, centinaia di immigrati pagati quattro euro l’ora, in prevalenza sikh del Punjab indiano, sono costretti ad assumere stupefacenti come anfetamine e oppio. E' la drammatica condizione descritta dal dossier "2014 - Doparsi per lavorare come schiavi" della onlus In Migrazione.

Una forma di doping vissuto con vergogna e praticato di nascosto perché contrario alla loro religione e cultura, oltre a essere severamente contrastato dalla propria comunità. Eppure per alcuni lavoratori sikh si tratta dell'unico modo per sopravvivere ai ritmi di lavoro imposti, insostenibili senza quelle sostanze. Quella dell'agro pontino è la seconda comunità sikh d'Italia per dimensioni e rilievo. La richiesta di forza-lavoro non qualificata e facilmente reperibile da impiegare come braccianti nella coltivazione delle campagne ha incentivato la migrazione e convinto molti sikh a stabilizzarsi nelle provincia di Latina. Secondo le stime della Cgil la comunità arriva a contare ufficialmente circa 12mila persone, sebbene sia immaginabile un numero complessivo intorno alle 30mila presenze.

L'esercito silenzioso di uomini piegati nei campi a raccogliere ortaggi è al lavoro a volte tutti i giorni senza pause. Raccolta manuale di ortaggi, semina e piantumazione per 12 ore al giorno filate sotto il sole, chiamano "padrone" il datore di lavoro, subiscono vessazioni e violenze di ogni tipo. Quattro euro l'ora nel migliore dei casi, con pagamenti che ritardano mesi, e a volte mai erogati, violenze e percosse, incidenti sul lavoro mai denunciati e "allontanamenti" facili per chi tenta di reagire. Persone che per sopravvivere ai ritmi massacranti e aumentare la produzione dei "padroni" italiani sono letteralmente costretti a doparsi con sostanze stupefacenti e antidolorifici che inibiscono la sensazione di fatica e stanchezza.

Il presidente della Commissione Ambiente Realacci ha presentato un'interrogazione ai ministri dell'Interno e del Lavoro sul caso. "Dal dossier 'Doparsi per lavorare come schiavi' della onlus InMigrazione - afferma Realacci -emergerebbe una nuova gravissima e vergognosa declinazione del fenomeno del caporalato in agricoltura, in particolare dello sfruttamento dei braccianti migranti. Oltre a lavorare spesso in nero, dalle 12 alle 14 ore al giorno, domenica compresa, maneggiando trattamenti chimici e agrofarmaci senza alcuna protezione, i braccianti della comunità indiana dei Sikh nell'Agro Pontino - prosegue Realacci - sarebbero costretti anche ad assumere sostanze 'dopanti' come oppio e metamfetamine per resistere alla fatica e la dolore. Sostanze che gli verrebbero direttamente fornite dagli stessi caporali".

"Per sapere se siano a conoscenza di questa vicenda e se i fatti corrispondano al vero - ha proseguito - ho presentato un'interrogazione ai ministri dell'Interno e del Lavoro. Ai ministri interrogati ho inoltre chiesto quali iniziative urgenti di polizia e di controllo delle condizioni di lavoro nella provincia di Latina vogliano mettere in capo per spezzare questa forma criminale di schiavitù, che non onora l'Italia, né le numerose produzioni agroalimentari di qualità della provincia Pontina".

"Nonostante il tempo che passa - spiega l'associazione nel rapporto - per molti lavoratori indiani si resta costretti dalle contingenze sociali e da una legislazione che non agevola l'emersione né la denuncia, a condurre ancora la medesima vita di sfruttamento e prepotenze subìte, consapevoli del fatto che non si può perdere il lavoro né il misero salario comunque indispensabile per sopravvivere, pagare l'affitto e inviare le rimesse necessarie alla famiglia ancora in Punjab. Intanto il padrone chiede di lavorare sempre più ore, con sempre maggiore intensità. La soluzione che alcuni hanno trovato per sopportare le fatiche quotidiane consiste nell'assunzione di alcune sostanze dopanti e antidolorifiche necessarie per non sentire il dolore e andare avanti. Non si tratta di droghe per il gusto dello 'sballo', per divertirsi o provare un'esperienza inebriante: si tratta di lavoratori costretti a doparsi per reggere un carico di lavoro che non può diminuire e che è totalmente immerso in un sistema di vessazioni continue e a volte spietate".

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Anfetamine e oppio: braccianti dopati per lavorare 12 ore al giorno

Today è in caricamento