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Giovedì, 18 Aprile 2024
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Cosa prevede il 41 bis, il regime di carcere duro disposto (anche) per Messina Denaro

Cos'è e come funziona il regime carcerario speciale previsto per gli autori di reati in materia di criminalità organizzata, concepito come "misura di emergenza temporanea" dopo le stragi di Capaci e di via D'Amelio

Dopo l'arresto a Palermo da parte dei carabinieri del Ros (raggruppamento operativo speciale), Matteo Messina Denaro è stato trasferito a Pescara con un volo militare. Il super boss è stato poi trasportato e rinchiuso, per ora, nel carcere di massima sicurezza delle Costarelle a L'Aquila. Si tratta di un istituto penitenziario che accoglie molti detenuti in regime di 41 bis, il cosiddetto "carcere duro", già chiesto (e poi disposto) per Messina Denaro. Inoltre, considerando la malattia dell'ex latitante, nell'ospedale del capoluogo abruzzese c'è un centro oncologico.

Già poche ore dopo l'arresto, la procura di Palermo ha chiesto per il capomafia l'applicazione del regime di carcere duro e l'istanza è stata inviata al ministero della giustizia. Il provvedimento del pm porta la firma del procuratore Maurizio De Lucia e del procuratore aggiunto Paolo Guido. Il boss ha nominato come sua legale la nipote Lorenza Guttadauro, che è nipote anche del capomafia palermitano Giuseppe Guttadauro. "Al momento le condizioni sono compatibili con la detenzione in carcere", ha detto Paolo Guido, rispondendo alle domande dei cronisti nel corso della conferenza stampa per l'arresto del boss. Oggi Carlo Nordio, ministro della giustizia, ha firmato il decreto che dispone il 41 bis per Matteo Messina Denaro. 

Ma cosa prevede il regime del 41 bis? Come funziona e perché in passato ha generato polemiche? Andiamo con ordine. Il 41 bis è nato con l'intenzione di interrompere ogni tipo di legame tra il detenuto e l'organizzazione criminale cui apparterrebbe. Si tratta di una disposizione dell'ordinamento penitenziario italiano risalente al 1986, con la legge n.663, la legge Gozzini, dal nome del suo promotore. La norma, modificando la legge 26 luglio 1975, n.354, ha introdotto un particolare regime di reclusione carceraria, in determinati casi di emergenza o necessità. Dopo le stragi di mafia del 1992 che hanno causato la morte dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, la sua possibilità di applicazione è stata estesa e concepita come misura di emergenza che sarebbe dovuta rimanere temporanea, legata cioè a quel particolare momento storico.

Come vivono i detenuti al 41 bis

La misura, però, è entrata stabilmente nel sistema penitenziario italiano. Dal 2009, è possibile applicare il regime del 41 bis al detenuto per quattro anni, ed è prorogabile per altri due anni. Il regime di carcere duro è, nei fatti, una sospensione del normale trattamento penitenziario. I detenuti alloggiano in celle singole, ridotte all'essenziale e sorvegliate con telecamere 24 ore al giorno (tranne in bagno, per questioni di privacy), hanno a disposizione due ore al giorno di socialità in gruppi da massimo quattro persone e possono usufruire di un colloquio al mese videosorvegliato di un'ora dietro un vetro divisorio. Solo chi non fa colloqui può essere autorizzato, dopo i primi sei mesi, a una telefonata al mese di dieci minuti. Rispetto a un carcere "normale", in un istituto di massima sicurezza i controlli sono maggiori e più rigorosi, affidati agli agenti speciali del Gruppo operativo mobile (Gom).

Il 41 bis si applica sia per reati di stampo mafioso sia per reati terroristici, anche internazionali, e di eversione dell'ordine democratico attraverso atti di violenza. Il carcere duro può essere revocato in due casi: il primo è su ordine del tribunale di sorveglianza di Roma, l'unico in Italia che può pronunciarsi a riguardo; il secondo caso è la scadenza del termine senza che sia disposta la proroga. Fino al 2009 era inoltre possibile la revoca per opera del ministro della giustizia, nel caso in cui i presupposti che avevano giustificato il carcere duro fossero venuti a mancare. Questa eventualità non è più contemplata, a seguito delle modifiche introdotte dalle legge 94/2009.

Il regime del 41 bis in passato ha generato polemiche e diverse prese di posizione, anche di alcune istituzioni europee. Applicato per periodi molto lunghi, anche a persone non condannate in via definitiva, è ritenuto incostituzionale da alcuni giuristi, ma finora le pronunce della Corte costituzionale ne hanno confermato la legittimità. Nel 1995, il Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti ha definito il 41 bis il regime più duro tra quelli presi in considerazione.

Anche la Corte europea per i diritti dell'uomo (Cedu) è stata chiamata a pronunciarsi su questo tema, e varie volte il nostro Paese è stato condannato. Uno dei pronunciamenti più eclatanti è quello del 2018, per il caso della proroga del 41 bis dal 2006 fino alla morte al boss della mafia corleonese Bernardo Provenzano. Secondo la Corte europea dei diritti dell'uomo, in quell'occasione il ministero della giustizia italiano ha violato il divieto di trattamenti inumani e degradanti.

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