Stilista trovata impiccata a Milano, chiuse le indagini: per i pm a strangolarla fu il fidanzato
Il cadavere di Carlotta Benusiglio fu ritrovato appeso con una sciarpa a un albero nei giardini di piazza Napoli il 31 maggio 2016
Dopo oltre quattro anni, la Procura di Milano ha chiuso le indagini sulla morte di Carlotta Benusiglio, la stilista 37enne ritrovata impiccata con una sciarpa a un albero a Milano il 31 maggio 2016. A Marco Venturi, all’epoca fidanzato della donna, viene contestato il reato di omicidio volontario. È accusato di aver ucciso la fidanzata “per futili motivi, con dolo d’impeto, stringendole al collo una sciarpa oppure il proprio braccio”, strangolandola, secondo quanto ricostruisce il pm Gianfranco Gallo.
Benusiglio, affetta dalla “sindrome di Eagle” (una malformazione delle ossa del collo) sarebbe “deceduta subito dopo per asfissia meccanica da strangolamento" e Venturi avrebbe simulato "una impiccagione sospendendo parzialmente" con la sciarpa il cadavere ad un albero nei giardini di piazza Napoli.
Carlotta Benusiglio, il fidanzato Marco Venturi accusato anche di stalking e lesioni
Venturi, come si legge nell'atto di chiusura indagini, è anche accusato di episodi di stalking e lesioni contro la fidanzata, tra il 2014 e il 2016. Come scrive l’Ansa, gli viene contestato di aver più volte preso a schiaffi Carlotta Benusiglio, di averla inoltre minacciata e colpita con calci, anche per "moti di gelosia". I familiari della donna nel procedimento sono assistiti dai legali Gian Luigi Tizzoni e Pier Paolo Pieragostini.
Venturi, difeso dall’avvocato Andrea Belotti, inizialmente persona informata sui fatti, con un fascicolo in via di archiviazione, era stato poi indagato per istigazione al suicidio e infine accusato di omicidio volontario aggravato. Il gip ha negato l'arresto chiesto dal pm.
In una perizia del 2018, disposta dal gip, gli esperti avevano stabilito che Carlotta Benusiglio fosse morta "con grande probabilità" a causa di una "asfissia prodotta da impiccamento" e che sul cadavere riesumato non c'erano "lesioni scheletriche" riconducibili ad un "eventuale strangolamento, parziale o totale, con successiva sospensione del corpo".