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Mercoledì, 24 Aprile 2024
La vicenda / Agrigento

Topi morti fra il latte e la ricotta e veleno in cucina: chiesto il processo per i titolari del "caseificio dell'orrore"

Un 63enne, personaggio principale dell'inchiesta, tre anni e mezzo fa, è finito in carcere: le indagini hanno accertato pure un giro di cessione di cocaina e alcuni episodi di caporalato

A giudizio con l'accusa di avere gestito un vero e proprio caseificio dell'orrore con i prodotti che venivano preparati fra i topi morti e il veleno. Il pubblico ministero Gloria Andreoli ha chiesto il rinvio a giudizio di Antonino Vecchio, 63 anni, di Raffadali (Agrigento), finito in carcere nel dicembre del 2019, e di altri tre imputati, coinvolti nella gestione dell'attività. 

Si tratta di Omar Catuara, 27 anni, ritenuto suo socio; Daniele Bartolomeo, 40 anni, di Raffadali e Virgilio Sola, 66 anni, di Agrigento; questi ultimi due addetti alle consegne. Vecchio è imputato per undici ipotesi di reato: adulterazione di sostanze destinate all'alimentazione, frode nell'esercizio del commercio, sfruttamento del lavoro, macellazione illegale, cessione di cocaina e guida senza aver mai conseguito la patente. I militari lo avevano messo sotto inchiesta perché avevano elementi in base ai quali ritenere che spacciasse cocaina: l'attività di intercettazione, in seguito, ha consentito di scoprire molte altre ipotesi di reato di tenore del tutto diverse oltre a quelle legate a diversi episodi di cessione di droga.

Nel corso dell’operazione i carabinieri hanno sequestrato più di 300 chili di alimenti in pessimo stato di conservazione. Si tratta, perlopiù, di formaggi e carne immediatamente sottratti al mercato. Elevate, inoltre, sanzioni amministrative per 65.000 euro. Il gip aveva bocciato la versione fornita dall'indagato nel corso dell’interrogatorio di convalida dell’arresto in flagranza, sottolineando che si trattava di una tesi “del tutto inverosimile basata sulla sola negazione degli addebiti”. Il provvedimento è stato poi confermato dal tribunale del riesame.

I carabinieri indagavano per spaccio di cocaina e si sono trovati davanti un "caseificio dell'orrore": il titolare, secondo l'accusa, preparava i formaggi fra i topi morti e le esche velenose utilizzate per ucciderli. Il suo collaboratore, un pastore rumeno, sarebbe stato schiavizzato per 13 ore al giorno per pochi euro e costretto a vivere in un tugurio con i fili dell’elettricità volanti e i topi dentro il frigo.

Catuara è accusato insieme a Vecchio di alcune ipotesi di reato legate alla gestione del caseificio di cui, in sostanza, è ritenuto socio anche se all'epoca nei suoi confronti non scattò alcuna misura cautelare. Bartolomeo è accusato di avere distribuito con la sua auto i prodotti, ritenuti nocivi per la salute, prodotti dal caseificio, distribuendoli nei vari esercizi commerciali. Accuse analoghe per Sola, addetto alle consegne con il furgone.

L'udienza preliminare per discutere sulla richiesta di rinvio a giudizio è stata fissata davanti al giudice Francesco Provenzano per il 20 aprile. I difensori (gli avvocati Salvatore Pennica, Arnaldo Faro e Giuseppe Sodano) potranno chiedere un rito alternativo come il patteggiamento o il giudizio abbreviato. In caso contrario sarà il giudice a decidere se disporre il rinvio a giudizio. 

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