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Giovedì, 28 Marzo 2024
La sentenza di primo grado

Caso Cucchi: otto carabinieri condannati nel processo sui depistaggi

La pena più alta, 5 anni, è stata inflitta al generale Alessandro Casarsa. La sorella Ilaria: "Sono sotto choc. Non credevo sarebbe mai arrivato questo giorno"

Sono stati condannati in primo grado gli otti carabinieri imputati nel processo sui depistaggi seguiti alla morte di Stefano Cucchi, il 31enne romano, arrestato il 15 ottobre del 2009 e deceduto sette giorni dopo all'ospedale Sandro Pertini. Questa la sentenza emessa dal giudice monocratico Roberto Nespeca arrivata dopo otto ore di camera di consiglio.

Per il pestaggio costato la morte al geometra romano lunedì scorso la Cassazione ha condannato in via definitiva a 12 anni per omicidio preterintenzionale i due carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D'Alessandro, che si trovano ora entrambi nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere.

Caso Cucchi: la sentenza del processo sui depistaggi

Al processo sui depistaggi, ancora al primo grado di giudizio, invece sul banco degli imputati sono finiti 8 carabinieri tra cui il generale Alessandro Casarsa all'epoca dei fatti comandante del Gruppo Roma, e Lorenzo Sabatino, allora comandante del reparto operativo dei carabinieri di Roma. Il giudice del tribunale monocratico ha inflitto la pena più alta, 5 anni, al generale Alessandro Casarsa (il pm aveva chiesto sette anni). Condannati a 4 anni Francesco Cavallo, all'epoca capufficio del comando del Gruppo carabinieri Roma, e Luciano Soligo ex comandante della compagnia Talenti Montesacro.

È invece di 2 anni e mezzo la condanna inflitta al carabiniere Luca De Cianni, un anno e 9 mesi per Tiziano Testarmata, un anno e 3 mesi per Francesco Di Sano, un anno e tre mesi per Lorenzo Sabatino e un anno e nove mesi per Massimiliano Colombo Labriola. Le accuse contestate agli otto militari dell'Arma, a vario titolo e a seconda delle posizioni, vanno dal falso, al favoreggiamento, all'omessa denuncia e calunnia.

La sorella Ilaria: "Sotto choc". Anselmo: "Fango sulla famiglia Cucchi per 12 anni"

''Sono sotto choc" ha commentato Ilaria Cucchi subito dopo la sentenza. "Non credevo sarebbe mai arrivato questo giorno. Anni e anni della nostra vita sono stati distrutti, ma oggi ci siamo. E le persone che ne sono stati la causa, i responsabili, sono stati sono stati condannati''. 

"È stato confermato che l'anima nera del caso Cucchi è il generale Casarsa" ha detto Fabio Anselmo, legale di Ilaria Cucchi, subito dopo la sentenza. "Il dato di verità è che tutto quello che hanno scritto su Stefano Cucchi 'tossicodipendente, anoressico, sieropositivo' e tutto quello che hanno scritto sulla famiglia è falso. È il momento che si prenda le proprie responsabilità chiunque vada contro questa sentenza e quella pronunciata dalla Cassazione lunedì. Perché chiunque - sottolinea Anselmo - avrà il coraggio di affermare che Stefano Cucchi aveva qualsiasi patologia, che era un tossicodipendente, che era anoressico o sieropositivo, commette un reato di diffamazione perché quelle relazioni di servizio, che hanno gettato tanto fango sulla famiglia Cucchi, per 12 anni, e che hanno ucciso lentamente Rita Calore e Giovanni Cucchi, sentendosele ripetere sui giornali, ogni giorno, e hanno logorato la vita di Ilaria, sono false, studiate a tavolino".

La tesi dell'accusa

Secondo la pubblica accusa, sul caso Cucchi "c'è stata un'attività di depistaggio ostinata, che a tratti definirei ossessiva" aveva detto Musarò nella sua requisitoria lo scorso dicembre alla presenza in aula del procuratore aggiunto Michele Prestipino, seduto accanto al pm.

"Quello che è emerso con evidenza dalla fase dibattimentale" aveva spiegato Musarà, "è che i depistaggi non si sono fermati al 2018 ma sono andati avanti fino al febbraio 2021. Sono state alzate tante cortine fumogene che cercheremo di diradare. Il depistaggio del 2009 è particolare, viene organizzata un'attività di depistaggio che viene portata avanti scientificamente con tre agenti della polizia penitenziaria che si ritrovano da innocenti sul banco degli imputati. La vera finalità di questo depistaggio sconcertante non era solo depistare l'autorità giudiziaria, ma farlo anche da un punto di vista mediatico e politico. Fattori che hanno un rilievo enorme" aveva detto Musarò nella requisitoria.

Il pm aveva sottolineato anche che "questo non è un processo all'Arma dei carabinieri e vogliamo evitare qualsiasi strumentalizzazione. Il procedimento riguarda 8 persone appartenenti all'Arma ma non è un processo all'Arma - aveva spiegato Musarò in aula - per ragioni formali e sostanziali: il ministero della Difesa si è costituto parte civile, gli atti più importanti ci sono stati forniti dal reparto operativo e nucleo investigativo del comando provinciale dei carabinieri di Roma e anche il comando generale 'all'ultima curva' ci ha fornito una tessera mancante. L'Arma è un corpo con 200 anni di storia, con persone che lavorano nelle strade e negli uffici e anche per loro non deve essere un processo all'Arma".

Il commento dell'Arma: "Condotte lontani dai nostri valori"

"La sentenza odierna del processo che ha visto imputati otto militari per vicende connesse con la gestione di accertamenti nell’ambito del procedimento 'Cucchi-ter', riacuisce il profondo dolore dell’Arma per la perdita di una giovane vita". Lo si legge in una nota con cui l'Arma dei Carabinieri commenta la condanna degli otto militari imputati. "Ai familiari rinnoviamo - ancora una volta - tutta la nostra vicinanza. La sentenza, seppur di primo grado, accerta condotte lontane dai Valori e dai principi dell’Arma. L’amarezza è amplificata anche dal vissuto professionale e personale dei militari condannati".

"Nei loro confronti  - prosegue la nota - sono stati, da tempo, adottati trasferimenti da posizioni di Comando a incarichi burocratici e non appena la sentenza sarà irrevocabile, verranno sollecitamente definiti i procedimenti amministrativi e disciplinari conseguenti. In linea con le affermazioni del Pubblico Ministero nel corso del dibattimento, il quale ha evidenziato come il processo non fosse 'a carico dell’Arma' - costituitasi peraltro parte civile - si ribadisce il fermo e assoluto impegno ad agire sempre e comunque con rigore e trasparenza, anche e soprattutto nei confronti dei propri appartenenti.

I legali di Colombo Labriola e Di Sano: "Impugneremo la sentenza"

''Sicuramente impugneremo la sentenza perché resto convinto dell'innocenza di entrambi i miei assistiti''. Così all'Adnkronos l'avvocato Giorgio Carta, difensore di Massimiliano Colombo Labriola e Francesco Di Sano, all'epoca dei fatti rispettivamente comandante della stazione di Tor Sapienza e carabiniere scelto in servizio nella stessa stazione, dopo la sentenza di condanna nel processo sui depistaggi seguiti alla morte di Stefano Cucchi. ''Non è una formula di stile ma il dibattimento ha chiaramente dimostrato l'innocenza dei miei assistiti che da un lato eseguirono ordini a cui non potevano sottrarsi e dall'altro non dichiararono mai il falso perché le annotazioni di servizio oggetto del giudizio non nascosero affatto le condizioni di salute di Cucchi per come apparvero loro quella notte'', ha detto il penalista.

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