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Sabato, 20 Aprile 2024
Il caso / Roma

Il problema dei cinghiali a Roma è diventato una emergenza sanitaria

Dopo la segnalazione di casi di peste suina è stata definita un'area infetta all'interno dei confini della Capitale dove sono vietati anche i pic nic. E ora si parla di abbattere gli animali

Quattordici carcasse di cinghiali morti con due casi sospetti positivi alla peste suina: dopo il primo caso rilevato a Roma lo scorso 5 di maggio aumenta il rischio dell'epidemia nella Capitale con nuovi casi sospetti ancora nel parco dell'Insugherata. Per ora la "zona infetta" è definita “provvisoria” e un’apposita ordinanza firmata il 7 maggio dal presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti prescrive - oltre alla sorveglianza attiva - la disinfezione delle scarpe all’uscita dalle aree agricole e naturali e, nel perimetro dei parchi.

Zona infetta peste suina africana-2-2

In vigore il divieto di organizzare eventi “inclusi i pic-nic all’aperto nelle aree agricole e naturali”. Il comune deve inoltre provvedere a mettere delle recinzioni intorno ai cassonetti per evitare che gli ungulati ne vengano attratti. Anche ai cittadini viene assegnato un compito: quello di segnalare al numero verde della protezione civile (803555) attivo h24, la presenza di carcasse o di cinghiali moribondi.

La malattia - va ricordato - non è trasmissibile agli essere umani. Dal ministero della Salute è stato inoltre sottolineata l'esigenza del depopolamento e quindi di abbattimenti selettivi dei cinghiali. Ma l'abbattimento dei cinghiali ha trovato la protesta degli animalisti: "I cittadini di Roma non vogliono che sia risolto con il sangue il problema delle incursioni di qualche cinghiale nel centro abitato causate dall'emergenza rifiuti, e solo da quella. Ora altro pretesto per invocare il sangue è qualche sparuto caso di peste suina, non trasmissibile all'uomo", spiegano senza mezzi termini dall'organizzazione internazionale protezione animali. La causa principale dell'aumento della presenza dei cinghiali a Roma "è l'annosissima emergenza rifiuti, diventata in questi ultimi anni molto grave", sottolinea Rita Corboli, delegata dell'Oipa di Roma, "i cinghiali sono sempre gli stessi, ma negli ultimi anni sono aumentati i rifiuti e le discariche a cielo aperto e quindi la disponibilità di cibo nelle vicinanze delle aree verdi dove vivono. Roma è la città più verde d'Europa ricca di fauna selvatica, che dovrebbe essere considerata una risorsa da gestire nel rispetto della vita e non un nemico da combattere". L'Oipa auspica quindi che si affronti la questione "in maniera razionale, scientifica", e "un serio piano di sorveglianza e prevenzione si può attuare non armando i cacciatori, persino deregolamentandone l'attività, ma con un monitoraggio sanitario degli animali morti che si trovino nel territorio nazionale". Fare di Roma "un Far West per ammazzare i cinghiali non risolve il problema, semmai il contrario: studi scientifici affermano che agli abbattimenti segue un moltiplicarsi di cucciolate", conclude Corboli, "a Roma il problema sono i rifiuti, non i cinghiali". Stesso pensiero condiviso anche dalla Lav (Lega anti vivisezione): "Chiediamo al Presidente Zingaretti che il caso di pste suina rilevato a Roma non diventi un pretesto per una deregulation venatoria a livello regionale, come accaduto in Piemonte dove abbiamo impugnato al tar l'ordinanza regionale - dichiara Massimo Vitturi, responsabile Lav Animali Selvatici- il contenimento della peste suina africana non può essere lasciato nelle mani dei cacciatori e dei loro interessi personali".

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