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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca Verona

Citrobacter a Verona, l'urlo di dolore di una madre: "Mio figlio positivo, nessuno sa che cosa fare"

Il piccolo è nato prematuro: "Il 15 maggio, il telefono ha squillato. Io e il mio compagno abbiamo ricevuto la chiamata che ha stravolto le nostre vite"

Il caso delle infezioni causate dal batterio Citrobacter koseri nei reparti di Terapia intensiva neonatale e pediatrica nell’Ospedale Donna e Bambino di Borgo Trento di Verona ha causato negli ultimi anni almeno 4 decessi tra bambini piccolissimi. Altri 9 hanno sviluppato gravi patologie.  La Stampa pubblica oggi la lettera di una madre il cui figlio, nato il 30 aprile scorso nella struttura ospedaliera, è risultato positivo: "Nessuno sa che cosa fare", è l'urlo di dolore della donna. 

Nato prematuro, il piccolo è stato ricoverato nel reparto di Terapia intensiva: "Particolari preoccupazioni non ne avevo, a parte le normali ansie di una neomamma. Ero convinta che lì lui fosse al sicuro. Il 13 maggio, però, un medico mi ha detto che il mio bambino doveva essere trasferito in un’altra struttura perché si era diffuso un batterio che avrebbe potuto colpirlo". Quindi il trasferimento all’ospedale Sacro Cuore di Negrar.

"Da come mi hanno spiegato, mi hanno fatto credere che mio figlio fosse sano. Che lo trasferivano solo per proteggerlo, in via precauzionale. Il 15 maggio, il telefono ha squillato. Io e il mio compagno abbiamo ricevuto la chiamata che ha stravolto le nostre vite. Il nostro piccolo era stato infettato dal Citrobacter che può comportare gravissime conseguenze alla salute e, in alcuni casi, può persino condurre alla morte". E' l'inizio di un incubo che dura tutt'ora. 

"Mi sono messa a piangere. E poco mi importava che i medici continuassero a rassicurarmi, a ripetermi che le condizioni di mio figlio non erano critiche. All’ospedale di Borgo Trento è rimasto ricoverato per due settimane vicino ad altri quattro bambini e in tutto quel tempo nessuno ha detto nulla. Solo una mamma, il 12 maggio, dopo che sua figlia era stata trasferita, mi aveva parlato di un batterio. Ma dall’ospedale hanno sempre tenuto la bocca chiusa. Come si fa - si domanda la donna - a non comunicare ai genitori una situazione del genere? A fare finta di nulla quando di casi ce n’erano già stati? E alcuni bambini erano anche morti? Io, da mamma e da paziente, continuo a chiedermelo. E non trovo risposte. Non riesco a comprendere come si possa mettere in pericolo la salute dei neonati in questo modo".

Come sta ora il bambino? Il 22 maggio è stato dimesso e da allora, racconta la madre al quotidiano torinese, "ogni settimana, torniamo per fare il tampone. Un tampone che continua ad essere positivo. È un calvario. Oggi ci arriveranno gli ennesimi risultati e io, a Dio, rivolgo solo una pre-
ghiera"

"Non so quale sarà la sorte di mio figlio, se il virus ha intaccato o intaccherà il cervello. Nessuno mi spiega nulla. So solo che ha subito dei danni, ma ancora non so se temporanei o permanenti. E lui continua a piangere, come a chiedere aiuto. Un aiuto che io non posso dargli". 

Il legale dei genitori del bambino ha presentato querela in Procura per lesioni ed epidemia colposa. Il batterio era annidato in un rubinetto dell'ospedale: è questa la conclusione dell'indagine condotta dalla commissione di verifica nominata dalla Regione Veneto per far luce sulla morte dei quattro neonati. Era stata Francesca Frezza, mamma di Alice, una della neonate morte, a denunciare per prima il caso che ora ha attirato il faro della procura scaligera.

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