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Venerdì, 19 Aprile 2024
CRONACA

"Cucchi magro come i prigionieri di Auschwitz": chieste condanne per tutti gli imputati

Al processo per la morte del giovane Stefano Cucchi i pm chiedono 6 anni ai medici, 4 agli infermieri e 2 agli agenti. Per il magistrato "sciatteria assoluta" nel modo in cui era tenuta la cartella clinica

ROMA - Vanno condannati tutti gli imputati sotto processo per la morte di Stefano Cucchi, il giovane deceduto nel reparto protetto dell'ospedale Sandro Pertini di Roma il 21 ottobre del 2009 a una settimana dal suo arresto per possesso di stupefacenti. E' questa la richiesta fatta dai pubblici ministeri ai giudici della III corte d'assise della Capitale.

GLI IMPUTATI E LE RICHIESTE DI CONDANNA - Sotto accusa i dottori Aldo Fierro, responsabile del reparto di medicina protetta dell'ospedale Pertini: per lui sono stati chiesti 6 anni e 8 mesi. Per la dottoressa Stefania Corbi sono stati chiesti 6 anni. Per Luigi Preite de Marchis e Silvia Di Carlo, 5 anni e 6 mesi. Per gli infermieri Giuseppe Flauto, Elvira Martelli e Domenico Pepe, il pm Maria Francesca Loy ha sollecitato la pena di 4 anni. Tutti i sanitari sono accusati a diverso titolo di abbandono di persona incapace. Secondo il magistrato è stata riscontrata una "sciatteria assoluta" nel modo in cui era tenuta la cartella clinica di Cucchi. Tutto il personale medico e infermieristico deve rispondere anche di favoreggiamento e omissione di referto. A carico di Rosita Caponetti è ipotizzato invece il reato di falso e abuso d'ufficio. Per lei sono stati chiesti due anni. Per gli agenti di polizia penitenziaria sono stati chiesto 2 anni. I tre sono: Nicola Minichini, Corrado Santantonio e Antonio Domenici. Loro devono rispondere di lesioni personali aggravate.

LA REQUISITORIA DEI PM - "Il mio intervento è aperto dalla visione del corpo di Stefano Cucchi nella camera settoria, una magrezza patologica, simile ai prigionieri di Auschwitz". Così ha esordito il pm Maria Francesca Loy, con la requisitoria davanti ai giudici della Corte d'assise di Roma al processo per la morte di Stefano Cucchi. "Le lesioni riportate sono quelle tipiche, hanno detto i consulenti e i periti, dell'impatto con una superfice piatta". Il pm ha inoltre sottolineato che "l'unica lesione comprovata dalla perizia è quella della vertebra sacrale. In termini di invalidità civile si può affermare che provocò un danno biologico inferiore al 9 per cento, quindi una lesione lieve, modesta, anche se dolorosa. Ma certamente non doveva portare ad un esito mortale". Il magistrato ha aggiunto che i "medici legali più famosi d'Italia si sono concentrati su questa vicenda", affermando che l'atto di violenza subita da Cucchi fu "gratuito ed inutile".

Prima, in un passaggio della sua requisitoria, il pm Vincenzo Barba ha detto che "i tre agenti di polizia penitenziaria non hanno mai chiamato il medico, dopo aver preso in consegna Stefano Cucchi, prima dell'udienza di convalida quella mattina". Sotto accusa ci sono dodici persone, tra cui proprio tre agenti della penitenziaria. "Samura ha sentito il pestaggio che ha subìto Cucchi. Proprio il fatto che lui dice solo di aver ascoltato e non visto gli dà ulteriore attendibilità". Così ha continuato il pm parlando del cosiddetto 'supertestimone' del caso, un immigrato che fu condotto in carcere lo stesso giorno del giovane geometra poi deceduto. "Samura ha parlato delle lesioni avute da Cucchi, ci ha mostrato come lui gli fece vedere il colpo ricevuto sulla gamba. E quando trovammo i pantaloni che aveva indosso la vittima abbiamo avuto l'ulteriore conferma della veridicità del racconto di Samura. Vedendo le 'strisciate' di sangue all'interno della gamba del pantalone si capisce".

Nella "vicenda di Stefano Cucchi" si è dovuto assistere anche alla "farsa" di un "certificato di morte naturale" ha detto Barba. Secondo la ricostruzione del magistrato, quel "pezzo di carta" serviva sempre per coprire le responsabilità di chi aveva picchiato il giovane detenuto. "Ostacoli burocratici inspiegabili rallentarono l'invio al pronto soccorso di Stefano Cucchi". Perché "appena dopo essere arrivato a Regina Coeli i medici dicono di mandarlo in ospedale". Barba ha ripercorso l'iter che ha portato Stefano Cucchi a morire nel reparto di medicina protetta del Sandro Pertini. Il giorno del suo arresto - ha continuato il magistrato - dopo la convalida in tribunale e il pestaggio, arriva la decisione di portarlo dal carcere all'ospedale Fatebenefratelli. Ma "dalle 16,35 alle 19,50 lui resterà in una panchina, senza assistenza perché sono stati posti tutti i possibili ostacoli per impedire, rallentare. E tutto questo tempo per percorrere dieci minuti al massimo di strada, tra il Fatebenefratelli e Regina Coeli". "Perché? - si è chiesto il pm - per la necessità di evitare che occhi estranei vedessero. Per celare una situazione di precarietà". Alla fine comunque Cucchi rifiutò il ricovero al Fatebenfratelli e fece ritorno in carcere alle 23,30.

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