Federica e Luisa perdono il lavoro al Comune perché lesbiche, la decisione dei giudici
Le due ragazze si sono rivolte alla magistratura. In primo grado hanno perso, ma la Corte di Appello ha riconosciuto la discriminazione e ha condannato l'Amministrazione
Punite dal Comune di Calcinato (Brescia) dove lavorano perché omosessuali. È la storia di Federica e Luisa. La prima, Federica Lombardo, era responsabile dell'Ufficio tecnico, la compagna Luisa Zampiceni, era comandante della polizia locale. Dopo che si sono unite civilmente hanno perso gli incarichi. A parlare di discriminazione sono i giudici della corte d'appello che hanno dato ragione alla coppia ribaltando quanto deciso in primo grado. Il Comune dovrà risarcirle.
Federica e Luisa discriminate perché lesbiche
Nel 2020 Federica e Luisa si uniscono civilmente. Poco dopo vengono rimosse. Fanno causa al Comune e perdono in primo grado. Ricorrono in appello e la sentenza viene ribaltata.
Per i giudici il Municipio avrebbe mantenuto un atteggiamento discriminatorio per via dell'orientamento sessuale delle due donne. Proprio per questo motivo, secondo i giudici, l'anno successivo all'unione civile Lombardo sarebbe stata esautorata dal suo incarico, secondo un principio di "rotazione" che in realtà non sarebbe "mai stato applicato prima". Nello stesso periodo Zampiceni sarebbe stata "costretta a dimettersi".
La sentenza è chiarissima: "La giunta comunale - scrivono i giudici - è composta da almeno due assessori, tra cui il vicesindaco, che hanno manifestato in varie occasioni la loro disapprovazione dei legami tra persone omosessuali e il loro dissenso contro la legge per le unioni civili".
Sulla "rotazione" i giudici scrivono: "Mai fatta prima, e nemmeno dopo". E non sarebbe stata deliberata nel 2020 (l'anno dell'unione civile tra Lombardo e Zampiceni) "per non destare sospetti: il criterio della rotazione degli incarichi non venne più applicato e furono nominati gli stessi responsabili che da 20 anni ricoprivano quel ruolo". Tranne per Lombardo e Zampiceni, per cui la Corte ora ne riconosce la discriminazione.