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Sabato, 20 Aprile 2024
Cronaca

Migranti, soccorsi sempre più difficili e nuovi appelli: "Non assistiamo impotenti alla tragedia"

La nave Aita Mari ha soccorso e trasferito a bordo i naufraghi. Appello al presidente del Consiglio Conte di molti parlamentari: "Nessuna emergenza sanitaria nel nostro Paese ci autorizza a dimenticare i nostri obblighi legali e morali nei confronti della vita umana"

Sono state tratte in salvo 43 persone in mare da 4 giorni. La nave Aita Mari, operata dall'organizzazione non governativa spagnola Salvamento marítimo humanitario, salpata da Siracusa, ha soccorso e trasferito a bordo i naufraghi "in seguito al mancato intervento delle autorità maltesi. Ora necessitano di cure e assistenza immediata" scrive Sea Watch su Twitter. Le partenze dalla Libia non si sono mai fermate nelle scorse settimane. Il primo ministro maltese Robert Abela ha comunicato che le mancate operazioni di salvataggio non hanno "nulla a che fare con il razzismo o il colore della pelle”. Nella crisi sanitaria "non è possibile effettuare operazioni di salvataggio in alto mare".

"L'emergenza sanitaria c'è, ne siamo perfettamente consapevoli, ma l'imperativo umanitario non può venire meno neanche in questo momento difficile per tutti. Chi è deputato a salvare le vite dei naufraghi in mare deve continuare a farlo". Sono parole di Carlotta Sami, portavoce in Italia dell'Alto Commissariato per i rifugiati in un'intervista a Repubblica. "La pandemia non può e non deve precludere il diritto a chiedere asilo. Chi arriva va sottoposto a protocolli sanitari, come appunto la quarantena. Mi pare che le decisioni del governo comunicate dal capo della Protezione Civile Borrelli vadano in questa direzione", aggiunge. Secondo Sami "manca un sistema strutturato regionale di salvataggio e di sbarco, continuiamo a chiederlo a Bruxelles e agli Stati da più di due anni ma senza esito. E, realisticamente, è il momento più difficile per metterlo in piedi". E lancia un appello a tutti gli Stati che si affacciano sul mare "perché facciano del loro meglio per salvare e sbarcare chi è in pericolo nel Mediterraneo. La Libia non è un porto sicuro, a maggior ragione ora che è alle prese come tutti con l'epidemia: è impensabile che qualcuno che si trova in acque internazionali venga riportato lì".

''Non possiamo assistere impotenti all'ennesima tragedia che si sta per consumare davanti ai nostri occhi. A poche miglia dalle nostre coste in zone Sar di competenza europea diverse imbarcazioni sono alla deriva con centinaia di persone da almeno 4 giorni. Una di queste proprio ieri si è ribaltata, di altre due Alarm Phone la Ong che aveva lanciato l'allarme ha perso i contatti. Una di queste è stata raggiunta dalla nave umanitaria Aita Mari della Ong Basca Smh che si trovava in transito verso Bilbao, ma che non ha personale specializzato per il soccorso non essendo in questo momento operativa.'' Lo scrivono in un nuovo appello al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, parlamentari aderenti ai Gruppi parlamentari Pd, Leu, Italia viva, Misto, M5S e +Europa. ''L'Aita Mari -prosegue il documento- sta chiedendo l'intervento delle autorità maltesi e di quelle italiane responsabili del soccorso per contiguità territoriale, a bordo ci sono diverse donne incinta e alcuni casi gravi dopo oltre 4 giorni in mare. È inoltre in arrivo una perturbazione che rischia di fare affondare sia questa che le altre imbarcazioni alla deriva. Nessuna emergenza sanitaria nel nostro Paese ci autorizza a dimenticare i nostri obblighi legali e morali nei confronti della vita umana. Se non vogliamo che in quel tratto di mare naufraghi la nostra civiltà giuridica abbiamo il dovere di intervenire. Subito".

"In Italia ci sono 600 mila immigrati irregolari che vivono ai margini e possono alimentare focolai di infezione. Occorre regolarizzarli prevedendo permessi di soggiorno temporanei: dobbiamo farlo per garantire la salute di tutti e la tenuta sociale del Paese. Questi stranieri sono fondamentali per il settore agricolo e per i servizi alla persona: nella fase 2 ci sarà ancor più bisogno di loro". Lo dice in un'intervista alla Stampa, Andrea Riccardi, fondatore della comunità di Sant'Egidio, presidente della Società Dante Alighieri. "La metà di queste 600 mila persone sono donne provenienti dall'Est Europa o dal Sud America che lavorano come colf, badanti e babysitter. L'altra metà sono uomini africani, indiani o del Bangladesh: una buona parte di essi presta servizio nelle campagne. Vivono in abitazioni precarie o in grandi concentrazioni, non hanno diritti e fanno la fame", spiega l'ex ministro per l'Integrazione del governo Monti.

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