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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca Brescia

Mazzette ai funzionari per evitare controlli fiscali: 42 indagati

Indagini in corso: coinvolti imprenditori, commercialisti e funzionari dell’Agenzia delle Entrate di Brescia. In tutto sarebbero 42 i soggetti coinvolti nell’inchiesta: alcuni di loro rischierebbero fino a 10 anni di galera

Quarantadue persone, tra imprenditori, professionisti e dipendenti dell’Agenzia delle Entrate di Brescia sono finiti sul registro degli indagati con accuse pesantissime: abuso d’ufficio, accesso abusivo a sistema informatico, corruzione, falso ideologico, omessa denuncia e riciclaggio. Facevano tutti parte, secondo l’accusa, di un “sistema” con cui era possibile (per gli imprenditori) annullare i controlli fiscali o comunque ottenere un trattamento di favore.

Il sistema

E come funzionava il “sistema”? Come sempre, con la corruzione, il pagamento (anche in “cash”) di ingenti somme di denaro, a “colpi” di 10 o 15mila euro alla volta. Soldi che appunto sarebbero stati versati ai funzionari dell’Agenzia delle Entrate coinvolti (in tutto una decina di persone) così da pilotare gli accertamenti tributari.

I fatti risalirebbero al 2015 e al 2016: tutto sarebbe partito da un’intercettazione telefonica. Qualche parola di troppo, beccata quasi per caso: gli inquirenti stavano ascoltando le conversazioni relative a un’altra indagine (per false fatturazioni) che coinvolgeva altri imprenditori e altri commercialisti.

Ma è arrivata la connessione inattesa: una rete intricata (e funzionante) di contatti tra le imprese bresciane, i suoi intermediari (i commercialisti) e appunto i funzionari dell’Agenzia delle Entrate. A margine dell’indagine emergono anche le prime indiscrezioni sul modus operandi soprattutto “telefonico” dei soggetti coinvolti.

I 'Volponi'

I funzionari dell’Agenzia che “ci stavano” venivano definiti “i volponi”: ci sono poi le telefonate degli avvenuti pagamenti, che spesso erano affare dei commercialisti. “Ho dato al tipo 15mila euro”, e nelle ore successive (quando sarebbero dovuti arrivare i controlli) “hanno ricevuto una telefonata e sono andati via, hanno detto che devono sospendere tutto”.

La base

C’era poi un bar, di cui ovviamente non è stato reso noto il nome, che era diventata la “base” per incontri, trattative e a quanto pare anche scambi di denaro. Il locale era gestito dal figlio di un dipendente dell’Agenzia, indagato anche lui in quanto avrebbe saputo tutto, e avrebbe pure ricevuto soldi sul suo conto corrente. Indagini in corso: a vario titolo, i coinvolti potrebbero rischiare anche fino a 10 anni di galera.

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