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Giovedì, 18 Aprile 2024
Costa Concordia / Bari

Costa Concordia, tre membri dell'equipaggio chiedono risarcimento

Un maître, uno chef e un tecnico di macchina si sono costituiti 'parte offesa' contro la compagnia. "I nostri colleghi 'tacitati' con 10mila euro quando erano in terapia psicologica".

"Non tutto è stato accertato nell'incidente probatorio, molte cose non possono essere verificate analizzando semplicemente la scatola nera della Costa Concordia affondata il 13 Gennaio 2012 nei pressi delle coste dell'Isola del Giglio". Lo dichiara l'avvocato Davide Romano, rappresentante di tre membri dell'equipaggio - un maître, uno chef e un tecnico di macchina - che si sono costituiti come parte offesa.

Il resto dell'equipaggio "è stato tacitato - spiega l'avvocato - con circa 10mila euro quando erano ancora in terapia psicologica". Hanno chiamato a colloquio tutti quelli che non avevano una forma contrattuale continuativa per convincerli ad accettare i soldi, offrirgli un nuovo impiego, invitarli a consegnare video e foto scattate sulla nave e ad impegnarsi a non pretendere nient'altro dall'azienda".

I tre membri dell'equipaggio hanno tutti accettato le condizioni della Costa "spinti dalla necessità" spiegano lo chef Leonardo Colombo, che pochi giorni dopo l'incidente ha dovuto affrontare la malattia e la scomparsa della moglie, e il maitre Carmelo Onorini ha anche provato ad imbarcarsi su un'altra nave Costa, ma poi "l'ansia era fortissima, non riuscivo a dormire e mi sono dovuto mettere in malattia".

Proprio per questi danni fisici e psicologici che dopo più di 30 anni di carriera li hanno convinti a rinunciare al mare, i tre chiedono circa tre milioni di rimborso.

Durante la conferenza stampa si crea però un attimo di discussione, quando si scopre che le dichiarazioni dei tre erano già apparse in un'intervista pubblicata su Panorama.it, nella quale si diceva tra l'altro che il famoso 'inchino' che aveva portato alla collisione della nave era stato fatto proprio in omaggio a Onorini, il quale però subito nega: "Non era per me l'inchino, io sono calabrese, non avrebbe avuto alcun senso".



A questo punto l'avvocato spiega come questo procedimento al di là della richiesta di un rimborso servirà a spingere ad un'analisi più completa degli eventi che vada oltre le semplici responsabilità del capitano. Se tutti e tre i membri concordano su un ritardo da parte del comando nel lanciare l'Allarme Generale che ha impedito loro di agire finché non hanno toccato con mano la situazione irrecuperabile della nave, d'altra parte spiegano come l'errore umano è qualcosa che può accadere e a cui bisogna ovviare evitando "errori strutturali e di sistema".



Raffele Monteleone, il macchinista, racconta infatti come a 15 minuti dal botto già aveva verificato che per accedere ai motori era necessario l'intervento dei sommozzatori, ma che comunque si è aspettato più di un'ora prima dell'allarme.

Onorini e Colombo hanno invece raccontato come si siano dovuti impegnare in prima persona per salvare i passeggeri andando al di là dei propri obblighi. Il problema però, stando ai tre, è sicuramente nella riduzione del tempo di addestramento dell'equipaggio che ha fatto sì che il personale non fosse preparato e, rincara l'avvocato, "c'è anche un problema ambientale: nei pressi dell'Isola del Giglio avvengono talmente tanti incidenti marini che, senza scomodare il triangolo delle Bermuda, lascia pensare che ci possano essere problemi anche negli strumenti della capitaneria di porto, incapace di accorgersi che una nave grande come la Concordia stia andando fuori rotta". (da Bari Today - Giuseppe Laricchia)

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