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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Il caso

Pompei, lo scempio nascosto dal ministero: a pagare sono solo i lavoratori

Mentre il sito si sbriciola, la Soprintendenza avvia un procedimento disciplinare contro due sindacalisti "colpevoli" di avere denunciato i crolli: ecco l'altro scempio di Pompei

ROMA - Primo dicembre 2012, "Nuovo crollo a Pompei, cede un muro della città antica". Cinque febbraio 2013, "Pompei crollava, loro truffavano: indagati i responsabili del sito". Trenta giugno 2013, "Degrado a Pompei, ultimatum dell'Unesco". Tredici luglio 2013, "Pompei, ancora crolli: cadono pietre al teatro Piccolo". Ventiquattro novembre 2013, "Pompei: squarci nelle mura delle Terme". Due dicembre 2013, "Ancora un crollo, Pompei si sbriciola". E' questo, dal primo dicembre 2012 al due dicembre 2013, l'annus horribilis del sito archeologico di Pompei. Scandali, indagini, infiltrazioni malavitose e crolli che hanno portato l'Unesco a minacciare l'Italia. Pena, la "cacciata" del sito di Pompei dall'élite dei patrimoni mondiali. Appare chiaro ed evidente, insomma, che Pompei sia da tanto, troppo, tempo abbandonata a se stessa. Chiaro ed evidente a tutti. Anzi no. Perché mentre Pompei si sbriciola, la Soprintendenza Archeologica di Napoli e Pompei è impegnata in un'assurda caccia alla streghe che, dai primi giorni di gennaio, mette lavoratori e sindacati sul banco degli imputati. 

La loro unica colpa sarebbe avere denunciato agli organi d'informazione un pericolo di crollo che - anche e soprattutto alla luce degli eventi - sembrava tutt'altro che un'invenzione. Ma tant'è. Due dirigenti sindacali, uno della Uil e un secondo della Cisl, sono stati sottoposti a procedimento disciplinare dalla Soprintendenza di Napoli Pompei per avere diffuso - il 24 novembre 2013 - "notizie false e lesive dell'immagine" della stessa Soprintendenza. 

Cosa c'è di falso nelle parole dei due? "I sindacalisti, che sono lavoratori interni all'ente, hanno semplicemente dichiarato che ci sono due siti di Pompei a rischio crollo", spiega a Today.it Benedetto Attili, segretario generale della Uil Pubblica Amministrazione. "L'amministrazione, però, ha pensato bene di avviare un procedimento disciplinare perché con queste dichiarazioni - che per la soprintendente Teresa Elena Cinquantaquattro sono false - avrebbero messo in cattiva luce l'amministrazione da cui dipendono". Amministrazione che, carte alla mano, potrebbe rischiare un clamoroso autogol.

"La soprintendente - confessa a Today.it il segretario Uil Pa di Napoli, Paolo Cesarano - da un lato dice che le notizie diffuse dai due colleghi sono false, ma dall'altro pubblica un comunicato stampa tre giorni dopo - il 28 novembre - in cui ammette i crolli ma precisa che sono stati di lieve entità". Seppure di lieve entità, secondo la Soprintendenza, quindi il crollo c'è stato. D'altronde era stato lo stesso custode del sito a riferire dei nuovi danni alla Casa del Torello e al muro delle Terme. Ma le stranezze non finiscono qua.

"Abbiamo - spiega Cesarano - una documentazione tale da provare che è stata proprio Teresa Elena Cinquantaquattro a rispondere, con delle disposizioni a sua firma, alle richieste di intervento urgente presentate dall'Archeologa che è responsabile di Pompei". Se i crolli fossero stati un'invenzione dei due sindacalisti che bisogno ci sarebbe stato di interventi urgenti? O ancora, che motivo avrebbe avuto l'Unesco di "minacciare" Pompei e l'Italia intera? Che il degrado di Pompei vada oscurato per non mettere a rischio i 105 milioni di euro di fondi europei che arriveranno in due anni per il recupero del sito archeologico? Possibile.

Ma i punti interrogativi non finiscono qua. Se i motivi del provvedimento disciplinare sono poco chiari, le modalità di esecuzione - accusa il sindacalista - "sono totalmente fuori legge". "La notifica del provvedimento disciplinare - spiega Cesarano - è arrivata il 19 dicembre, quindi ben oltre i venti giorni previsti per la contestazione". E ancora: "E' da dicembre che chiediamo di avere accesso agli atti del provvedimento ma finora non ci siamo ancora riusciti - confessa - Questo significa che ci sono gli estremi per la violazione dell'articolo 24 della Costituzione". Poi, dulcis in fundo, "Nè la contestazione, né la sanzione possono essere delegati dal direttore generale del bene alla Soprintendenza". Tradotto: l'avvio del procedimento disciplinare è potere del Ministero dei beni e delle attività culturali, non di certo della Soprintendenza. Lo stesso Ministero, quello presieduto da Massimo Bray, che - accusa Benedetto Attili - "ha preferito guardare dall'altra parte e permettere che questa situazione grottesca potesse accadere". 

Crolli e degrado: c'era una volta Pompei

Una situazione che, secondo Cesarano, è dettata soprattutto dai tempi e dalle persone. "Al momento della denuncia dei due sindacalisti la sovrintendente Teresa Elena Cinquantaquattro si trovava in fase di scadenza del suo mandato - è stato sostituita tre giorni fa dall'"esterno" Massimo Osanna - e quindi - accusa il segretario Uil Pa - aveva la necessità di nascondere i punti bui di una gestione, la sua, totalmente fallimentare". Tra l'altro, la stessa "signora Cinquantaquattro - scrivono i legali dell'Uil nel ricorso al Tribunale di Napoli - "non è nuova nell'assumere comportamenti antisindacali per i quali il ministero è già stato condannato". Così, e non per la prima volta, la soluzione più facile sembra sia stata negare lo scempio di Pompei e mettere sul banco dei colpevoli due sindacalisti. 

"Due sindacalisti che - rivendica Benedetto Attili - hanno fatto solo il loro lavoro. Provi ad immaginare - dice - se ci fosse stato un crollo e nessuno avesse avvisato lavoratori e visitatori... Con questo procedimento, l'amministrazione dei beni culturali crea un precedente pericoloso per le opere dei sindacati. Urge - conclude - che ci sia un intervento immediato del governo. Cosa aspettiamo che riaprano il carcere di Santo Stefano per tutti i sindacalisti che criticano il governo? Cosa aspetta Bray a intervenire?". Fermare l'altro scempio di Pompei, forse, è davvero necessario. 

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