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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca Italia

"Mio marito si chiamava Armando": le testimonianze delle vittime del coronavirus

La denuncia di Monica Plazzoli, moglie di Armano Invernizzi, 66enne vittima di coronavirus. "Mio marito era sano come un pesce, se non fosse stato obbligato a stare a casa per una settimana, i suoi polmoni non sarebbero arrivati a quel deterioramento"

Armando Invernizzi è morto il 27 marzo 2020 all’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo: aveva 66 anni, era un artigiano ed era ancora nel pieno dell’attività lavorativa. Era stata la moglie Monica Plazzoli a portarlo in ospedale dopo 5 giorni di febbre a 40 nonostante il parere contrario del medico di base.

Armando segue una settimana di terapia con il casco C-pap per migliorare la ventilazione. La famiglia tenta come può di aver sue notizie. "Il suo peggioramento lo apprendevo da lui tramite telefonate e messaggi, oltre a dirmi che non gli davano da mangiare o che gli toglievano il casco per darlo ad altri e per questo lui non riusciva a respirare. Poi l’hanno intubato." racconta la moglie in una lunga testimonianza raccolta dal blog del comitato delle vittime della Valseriana "noi denunceremo".

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"Dicevano 'suo marito è un malato sano, il resto degli organi resiste ma i polmoni molto compromessi'. Ci comunicavano ogni tanto che provavano una terapia nuova off-label e io chiedevo se dovevo dare il consenso, ma i medici dicevano di no, si limitavano a comunicarmelo - continua ancora Monica - Ho capito che mio marito stava facendo da cavia per le cure".

Monica lavora in una RSA e racconta che anche nella clinica vive uno strazio: "Tanti dei miei nonnini malati, noi con poche protezioni e i miei figli terrorizzati che mi potesse succedere qualcosa; un incubo!"

"Quando sono arrivate le disposizioni che dicevano che non avremmo potuto più vestire i morti ma solo metterli in un lenzuolo bagnato d’amuchina, il pensiero è andato subito a mio marito. Il 27 marzo alle 10,30 arriva la chiamata: sta precipitando. Dicono “prevediamo il decesso in poche ore”. Corriamo in ospedale ma mio marito è deceduto alle 10,36. Sono riuscita a vederlo: non era più lui! Ho cercato in viso un piccolo porro che aveva sotto un occhio per essere sicura che fosse lui. Invecchiato di 20 anni dopo quasi un mese di terapia intensiva, povero".

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"Ho tanta rabbia dentro - spiega ancora Monica - soprattutto quando dicono che muoiono solo gli anziani e coloro che soffrono di altre patologie. Mio marito era sano come un pesce, non beveva e non fumava ma era anche molto forte sia fisicamente sia caratterialmente. Le cure  - conclude Monica - sono state troppo tardive, sono convinta che, se non fosse stato obbligato a stare a casa per una settimana, i suoi polmoni non sarebbero arrivati a quel deterioramento e si sarebbe potuto salvare".

"Ad oggi, né io né i miei 3 figli, abbiamo ancora fatto il tampone".

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