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Venerdì, 29 Marzo 2024
Giustizia

"I carabinieri lo torturarono": Italia di nuovo condannata da Strasburgo

Di nuovo una condanna, di nuovo per trattamento inumano e degradante dei detenuti. Questa volta però si tratta di "tortura": Dimitri Alberti sarebbe stato picchiato durante l'arresto dai carabienieri

Di nuovo la corte europea dei Diritti Umani di Strasburgo (CEDU) condanna l'italia, di nuovo per trattamento inumano e degradante dei detenuti. Questa volta però si tratta di un pestaggio: Dimitri Alberti sarebbe stato picchiato durante l'arresto dai carabienieri davanti a un bar di Cereda, in provincia di Verona. Tutto è successo l'undici marzo 2010 e per i fatti risalenti a quella data è stato predisposto da Strasburgo un risarcimento di 19mila euro, che andrà direttamente ad Alberti.

LA VICENDA - All'epoca Dimitri Alberti aveva 38 anni e arrivò in carcere, dopo quattro ore di fermo dei carabinieri, con due costole rotte un grosso ematoma sul testicolo sinistro: per i militari l'uomo si sarebbe procurato le lesioni da solo. Fu lo stesso Alberti a denunciare le violenze da un'aula del tribunale di Verona: disse di essere stato malmenato mentre era ammanettato con le mani dietro la schiena. A lui arrivò l'accusa di resistenza a pubblico ufficiale.

Quando la procura di Verona archiviò l'inchesta Dimitri provò la strada del tribunale dei diritti umani per avere giustizia. Oggi la corte di Strasburgo scrive che "la Procura di Verona archiviò senza condurre alcuna inchiesta effettiva, per accertare la verità e eventuali responsabilità dei militari: i giudici italiani accertarono semplicemente che, durante le fasi dell'arresto, non ci fu un uso illegittimo della forza da parte dei carabinieri". I giudici europei hanno sostenuto che le fratture alle costole e le lesioni ai testicoli non fossero compatibili con il normale uso della forza.

REAZIONI - Una storia che ricorda molto quelle di Federico Aldrovandi, Stefano Cucchi e Giuseppe Uva e arriva il giorno prima della giornata internazionale per le vittime di tortura.

"Dopo questa sentenza, dopo le parole del papa ci auguriamo che subito, senza tentennamenti che sarebbero colpevoli, si arrivi alla introduzione per legge del delitto di tortura nel codice penale. Inoltre chiediamo che le massime cariche istituzionali si esprimano a riguardo e diano segnali forti e inequivocabili contro gli abusi, la tortura e ogni forma di violenza pubblica" afferma Patrizio Gonnella, dell'associazione Antigone, che da anni si occupa della tutela e dei diritti dei detenuti.

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