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Giovedì, 25 Aprile 2024
Trattativa Stato - Mafia

"Stride il silenzio delle istituzioni": parla Di Matteo, pm che non si arrende

Sulle indagini sulla trattativa Stato-Mafia, svela le sue debolezze ma non si arrende: "Sapevo a cosa andavo incontro". Arriva la solidarietà del Movimento 5 stelle che attacca le istituzioni: "Stato ipocrita"

"A volte mi chiedo se è giusto andare avanti, per me e per la mia famiglia. Razionalmente penso che non ne valga la pena, ma poi un impasto di sentimenti si fa largo e mi trascina a una sola risposta: è giusto così" queste le parole del pubblico ministero di Palermo Nino Di Matteo, minacciato di morte da Totò Riina e da lettere anonime con lo stemma della Repubblica italiana. Il pm si sta occupando oramai da molto tempo dell'inchiesta sulla spinosa trattativa Stato-Mafia.

Le riflessioni non si fermano soltanto al suo lavoro e ai rischi che comporta. Parla anche senza paura delle minacce ricevute, non solo dal boss della strage di Capaci: "Diciamo che è una coincidenza: l'ordine di morte partito da Riina e tutti quegli anonimi sono arrivati in sincronia quando, anche dopo il rinvio a giudizio degli imputati, con i miei colleghi abbiamo deciso di non fermarci con l'inchiesta".

Stupisce la sua consapevolezza, segno di professionalità e determinazione: "Sapevo a cosa andavo incontro quando ho cominciato a fare il magistrato, il lavoro che volevo fare: il pm, non il giudice. A Palermo avevano già ucciso molti colleghi, c'era già stato Capaci, via D'Amelio, ma non credevo che si potessero ripresentare momenti così".

Ma in questo momento Di Matteo non si sente solo, almeno non quanto i suoi colleghi del periodo delle stragi: "C'è una differenza importante: allora c'era solo il silenzio intorno a Paolo Borsellino, oggi ci sono tantissimi italiani che stanno dalla nostra parte". Dalla sua parte quella Palermo che combatte la mafia e la società civile. Rimangono in silenzio le istituzioni: "Stridono certi silenzi istituzionali se confrontati alla solidarietà dei cittadini, delle persone senza nome che mi scrivono".

Su questo tema butta benzina sul fuoco il Movimento 5 stelle, tramite le parole di Giorgio Ciacco, portavoce all'assemblea della regione Sicilia: "Lo Stato abdica alle sue responsabilità per manifesta inferiorità rispetto al potere politico-mafioso. Uno Stato ipocrita, quello che da un lato ostenta la propria partecipazione in pompa magna e con gli occhi lucidi a tutte le commemorazioni di chi è caduto per mano mafiosa (e non solo), dall’altro non fa nulla per agevolare – anzi ostacola – la ricerca della verità sulle stragi del ’92-’93".

Ciacco non si risparmia e ha parole dure anche per Giorgio Napolitano, che aveva chiesto la distruzione delle intercettazioni tra lui e l'imputato nel processo Nicola Mancino: "Piuttosto che chiarire in maniera trasparente il suo ruolo in queste vicende per uscirne senza macchia, solleva un conflitto di attribuzione tra poteri con la Procura più in trincea di tutto il Paese, quella di Palermo". Il Consiglio Superiore della Magistratura, che fa capo al presidente della Repubblica, ha avviato un provvedimento disciplinare ai danni del pm Di Matteo, che aveva rivelato alla stampa l'esistenza delle intercettazioni.

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