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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca Avellino

Camorra, le differenze tra provincia e metropoli: “Conta solo il profitto. Non esiste nessun codice d’onore”

Today ha intervistato il Colonnello Luigi Bramati, Comandante Provinciale dei Carabinieri di Avellino, che ha spiegato le differenze tra la camorra del Napoletano e i clan di provincia: “Il tessuto sociale e quello economico rappresentano il fattore con cui i gruppi criminali orientano le proprie scelte”

Più che un'organizzazione, la camorra può essere definita una galassia di piccole formazioni criminali. Questo è certamente ben noto. Nella maggior parte dei casi, però, ci ritroviamo a parlare di camorra associando il problema a città come Napoli o Caserta. In verità, la camorra è fortemente presente anche in realtà molto diverse e più piccole; come l’Irpinia o il Sannio. Today ha intervistato il Colonnello Luigi Bramati, Comandante Provinciale dei Carabinieri di Avellino, che ha spiegato in cosa differisce la camorra presente in questi territori con i clan della metropoli: “Per capire le differenze interne al Sistema occorre partire dalle caratteristiche che, invece, accomunano i vari clan. Le organizzazioni mafiose in generale sono sempre orientate verso il profitto. Questa è una caratteristica dei clan presenti nei grandi centri urbani e anche dei clan delle aree più periferiche come possono essere l’Irpinia o il Sannio. Il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, in una nota intervista, definì la ‘ndrangheta come “un’azienda particolarmente aggressiva”. Un’azienda che ha saputo sfruttare anche le grandi potenzialità della globalizzazione. Il profitto e il rapporto con il territorio rappresentano la forza del crimine organizzato e il vincolo associativo che determina l’intimidazione e, quindi, l’assoggettamento e l’omertà. Questo è immutabile nelle aree rurali e periferiche così come nei grandi centri urbani. Tutto si basa sul concetto di potere. Un maggiore potere conduce a un maggiore profitto".

Intervista Colonnello Luigi Bramati

"La criminalità organizzata vive soprattutto di potere ma – quest’ultimo – è dato dal cittadino. Qui troviamo il legame con i territori. È questa l’acqua che consente al Sistema di sopravvivere. La capacità di condizionare, di opprimere il contesto di riferimento, determina la natura dell’associazione criminale. I contesti sociali, economici – la ricchezza del territorio – determinano un orientamento diverso nelle scelte imprenditoriali/criminali di un clan. Un territorio più ricco d’imprese – ad esempio – determinerà scelte strategiche diverse rispetto a un’area con minori risorse. Come hanno dimostrato molteplici processi, c’è un tipo di criminalità organizzata presente sul nostro territorio (il Vallo di Lauro) che ha sempre basato il proprio potere sul possesso dell’amministrazione pubblica. A Quindici, come ben sappiamo, si è verificata addirittura l’elezione a sindaco di un boss detenuto in regime di 41 bis. Questo può dare l’idea di come il territorio riesca a determinare diverse scelte criminali da parte dei gruppi, ma la sostanza non cambia. È sempre il concetto d'imprenditorialità – di profitto – legato all’oppressione del territorio”. 

È sempre il profitto a guidare le scelte dei clan

Una camorra diversa orientata a commettere anche reati diversi. In cosa le caratteristiche di un territorio influiscono nella perpetrazione di un reato rispetto a un altro?

“Ci tengo molto a sottolineare l’importanza del concetto di profitto. Perché è sempre il profitto a guidare le scelte dei clan. Il tessuto sociale e anche quello economico rappresentano il fattore con cui i gruppi criminali orientano le proprie scelte. Questo approccio, se vogliamo, ci consente anche di sfatare la concezione romantica che possiamo avere della camorra. Non esiste nessun codice d’onore. La criminalità organizzata non ha onore. La camorra decide d'intraprendere azioni violente anche per rafforzare il predominio sul proprio bacino d’utenza. Senza questo assoggettamento sul proprio territorio, il gruppo criminale perde potere fino a divenire irrilevante. Il famoso rispetto del codice d’onore non esiste. Allo stesso modo, esiste il falso mito dell’uso centellinato della forza. Una consapevolezza del tutto infondata. Ci sono lunghe liste di donne e bambini uccisi dal crimine organizzato”. 

Quali sono i rapporti tra i clan delle grandi città con quelli presenti nelle piccole realtà? Come sono cambiati nel corso del tempo e, soprattutto, vengono visti come possibili risorse o soltanto come un peso?

“La criminalità non conosce limiti amministrativi o territoriali. Hanno dei bacini di riferimento ma non rappresentano assolutamente un limite alla mobilità. In Irpinia abbiamo l’esempio del clan Pagnozzi (attivo in Valle Caudina) che, negli anni '80, si muoveva a San Giovanni a Teduccio per sfuggire alla guerra contro la Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo; avendo sposato le strategie della Nuova Famiglia. Lo stesso clan Pagnozzi si estenderà fino a raggiungere Roma per conquistare la zona sud della capitale. Recentemente il nostro procuratore distrettuale, Giovanni Melillo, ha affrontato il tema del Sistema camorra, affermando che non esiste una struttura verticistica piramidale ma, piuttosto, una naturale propensione a coalizzarsi con altri gruppi accomunati dallo stesso disegno. Queste alleanze si sono consolidate nel tempo e rappresentano la garanzia della sopravvivenza di questi gruppi nel caso in cui i vertici dovessero incorrere in omicidi o arresti. Sempre in Valle Caudina ricordiamo l’amicizia nata in carcere tra il boss Graziano e Raffaele Cutolo. Un’amicizia che determinò anche l’alleanza tra il clan Graziano e la Nuova Camorra Organizzata. Ovviamente, il principale vantaggio dei clan più piccoli consiste nell’accrescere il proprio prestigio, la propria capacità d’intimidazione. Il gruppo più grande, invece, trova nuove aree, nuove possibilità d’espansione, nuove braccia e anche nuove possibilità di profitto. Il Vallo di Lauro, anche in questo caso, chiarisce molto bene questo aspetto”.  

"La gente vuole liberarsi della camorra, noi vogliamo essere lo strumento per riuscirci"

Le forze dell’ordine, per affrontare il fenomeno della criminalità organizzata, hanno necessariamente bisogno anche dell’aiuto delle persone. In termini di collaborazione, che riscontro ha avuto da questa provincia? Rispetto anche agli abitanti dei grandi centri urbani.

“L’ambiente sociale in cui si muove il Sistema rappresenta la vera forza dei clan. Il terreno di scontro tra la legalità e l’illegalità, neanche a dirlo, è l’ambiente sociale e quindi il cittadino. La risposta che i cittadini di Avellino hanno dato alle recenti attività dell’Arma è stata straordinariamente positiva. Nello specifico, l’indagine del 2020 denominata “Aste OK” ha rappresentato la costola affaristico/finanziaria dell’indagine relativa al Nuovo Clan Partenio. Questo particolare filone d’indagine ha dimostrato come il clan Genovese/Galdieri ha esteso il proprio interesse sulla manipolazione delle aste giudiziarie e sull’estorsione. All’indomani dell’esecuzione delle misure cautelari abbiamo ricevuto moltissimi messaggi di vero e proprio festeggiamento. Questo sottolinea, ancora una volta, quanto il crimine organizzato rappresenti sempre un peso per la società. Un fardello enorme per i cittadini onesti. Questa è stata una grande soddisfazione e un'ulteriore conferma che – per acquisire la fiducia della gente – dobbiamo tenere alto il nostro livello di efficienza. Il cittadino vuole liberarsi del crimine organizzato e noi vogliamo essere lo strumento per consentire che questo accada”. 

La camorra è presente e tende a mutare e indirizzare i propri interessi

Alla domanda: “Cosa ne pensi della camorra?”, un napoletano omertoso e/o colluso afferma: “La camorra non è il problema. Piuttosto, il problema è lo Stato che non tutela la povera gente!”. Un avellinese, omertoso e/o colluso, invece, risponde in maniera diversa: “Qui la camorra non esiste!”. Da cosa è data questa disparità?

“Contesti diversi e scelte criminali diverse. In zone come l’Irpinia, caratterizzate da aventi terribili come il terremoto, la criminalità organizzata ha sempre cercato di minimizzare la propria presenza. La camorra presente in questi territori cerca di mostrarsi come un fenomeno minimale. Cosa, ovviamente, non vera. Noi sappiamo che la camorra è presente e tende a mutare e indirizzare i propri interessi verso ambiti criminali diversi. C’è anche questa attitudine a tenere un profilo basso. In questo territorio, se si esclude la zona del Vallo di Lauro, non ci sono state le grandi guerre di camorra. Questo facilita una narrativa falsa. Nel distretto di Napoli, quindi anche nel Sannio e in Irpinia, ci sono circa novemila persone inserite all’interno d'indagini di camorra. Questo è un dato numerico enorme. Al di là della narrativa, l’attenzione deve rimanere alta. Ci troviamo davanti a un fenomeno che tende a radicarsi nella società e che è destinato a mutare nel tempo. Noi dobbiamo essere sempre un passo avanti. Queste considerazioni non possono fare altro che elevare la nostra attenzione. È il nostro dovere nei confronti della cittadinanza che, senza ombra di dubbio, non vuole essere sotto il giogo della criminalità organizzata”.

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