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Venerdì, 19 Aprile 2024
Mobbing omofobo / Ravenna

Dipendente lesbica umiliata e licenziata, vertici Lidl condannati

La donna, ex magazziniera, è stata per anni costretta a subire turni massacranti e battute a sfondo omofobo, fino all'allontanamento. Si è anche ammalata di stress da lavoro. Il giudice ha riconosciuto le responsabilità del capo reparto e di tre dirigenti. Dovranno risarcire la lavoratrice ma anche la sua compagna

Sfruttata e maltrattata sul lavoro, costretta per anni a subire angherie e battute sulla sua omosessualità, infine licenziata. E' l'incubo vissuto da Sara Silvestrini, 42enne ex magazziniera Lidl a Massa Lombarda (Ravenna), che ha vinto la causa contro il colosso della grande distribuzione. Il giudice ha condannato caporeparto e dirigenti di Lidl. E' stato previsto un risarcimento non solo per la donna vittima di mobbing omofobo, ma anche per la sua compagna Federica, danneggiata di riflesso dai problemi di salute patiti da Sara, con la quale ha una relazione stabile da otto anni. 

Sara, vittima di mobbing omofobo

Sara Silvestrini ha 42 anni e per dieci ha lavorato come magazziniera alla Lidl di Massa Lombarda. Sara ha una compagna, Federica. Per Sara sul lavoro c'è un trattamento d'eccezione: turni di notte imposti anche se non previsti dal contratto, rimproveri plateali e ingiustificati, battute a sfondo sessuale, chiamate a qualsiasi ora. Sara si ammala di stress da lavoro. Una relazione dell'azienda ospedaliera universitaria di Verona, parla di "disturbo post traumatico da stress cronico reattivo a una condizione lavorativa che può essere inquadrata nelle molestie morali protratte". "Temevo potesse farsi del male", dice la compagna. Alla fine del 2014 sta male, tanto da restare a casa per quasi due mesi. Si rimette in sesto e torna a lavorare ma per 2015 arriva il licenziamento. Viene allontanata con la dicitura "giusta causa". Trova il coraggio di denunciare quanto accaduto difesa dall'avvocato Alfonso Gaudenzi. 

Dopo sette anni Sara si prende la sua rivincita: il giudice condanna a tre mesi il capo reparto, Emanuel Dante, e 500 euro di multa per i dirigenti Lidl Pietro Rocchi, Emiliano Brunetti e Claudio Amatori. E la Lidl Italia, in solido, come responsabile civile. Il giudice ha infatti riconosciuto 30mila euro di provvisionale alla lavoratrice e danni da stabilire in sede civile anche per Federica. I reati fra tre mesi saranno prescritti, l'obbligo di risarcire il danno resta.

Le accuse principali erano al caporeparto: nonostante Sara avesse presentato un certificato medico che la dichiarava inabile a sollevare pesi e sebbene il contratto non prevedesse il notturno, la faceva lavorare soprattutto la notte. Dagli atti risulta che in una settimana la donna ha lavorato 38 ore ordinarie più 39 extra. Non solo. Le pressioni arrivavano anche fuori turno: con telefonate e messaggi a qualsiasi ora. Al caporeparto venivano contestati anche strattoni, insulti, rimproveri accesi, battute sessiste. Sara è stata anche molestata da un camionista una notte. I legali delle difesa hanno sostenuto che la donna era già stata risarcita dopo il licenziamento e che il rischio di lavoro da stress era tenuto sotto controllo da Lidl. Tesi non riconosciuta dal giudice.

La sentenza rappresenta una "liberazione" per la donna. "Io avevo sempre cercato di non commettere errori, restare lucida e non reagire, anche se le provocazioni erano tante", dice in un'intervista al Resto del Carlino. "È molto dura - spiega Sara - quando un singolo si trova davanti a una società così potente. Quando impugnai il licenziamento, in cambio di 15mila euro cercarono di farmi firmare una liberatoria tombale, col tramite del sindacato, che liberava tutti da pretese e accuse. Capisco la Lidl, ma il sindacato... Così lasciai la Cgil, cambiai avvocato e con Stefania Gaudenzi ottenni 28mila euro e la parte penale è andata avanti con l’avvocato Alfonso Gaudenzi. Conosco tanti colleghi che hanno firmato per un tozzo di pane. Ma il mio consiglio è di restare lucidi".

La vittoria resta però a metà. Sara adesso, con l'aiuto del Centro per l’impiego, cercherà di rimuovere quel "licenziata per giusta causa" dal libretto di lavoro perché potrebbe causarle non pochi problemi nella ricerca di una nuova occupazione. 

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