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Redazione

Cocaina a fiumi tra clan e Sudamerica: la Ue non si giri dall'altra parte

Arrestato a Napoli dove cercava di rimettere in piedi il traffico internazionale di droga, Antony De Avila Charris, colombiano di 58 anni da 17 latitante in quanto condannato a 12 anni di carcere ne 2004. Il narcotrafficante sudamericano - ex calciatore - è stato individuato e arrestato a Napoli dagli investigatori del commissariato Vicaria Mercato. A suo carico risulta infatti un ordine di carcerazione emesso dall'Ufficio Esecuzioni Penali della Procura di Napoli per l'accusa di produzione e traffico internazionale di droga in concorso con presunti appartenenti alla famiglia camorristica dei Buonerba. Fatti accertati dagli inquirenti della DDA nel 2001 e commessi tra le provincie di Napoli e Genova.

I rapporti tra i clan e il Sud America rimangono più floridi che mai. Le piazze di spaccio continuano a essere “succursali” della Colombia, del Perù e della Bolivia. Ma non solo; non è assolutamente trascurabile il “legame di sangue” con i paesi limitrofi (Brasile, Venezuela, Argentina ed area caraibica) che, invece, rivestono un ruolo importante quali aree di stoccaggio, nonché zone di transito per l’esportazione verso l’Europa. Una volta giunta sul territorio nazionale, la coca è destinata ad alimentare le piazze di spaccio partenopee e non appare un’iperbole affermare che i clan presenti soprattutto nei quartieri di Ponticelli, San Giovanni, Marano, Quarto, Torre Annunziata, ma anche Caivano, Bacoli e Villaricca, potrebbero tranquillamente attendere i narcos all’aeroporto con un cartello in mano e la scritta “Welcome to Italy” e un cuoricino allegato. L’attuale collaborazione tra la camorra e i cartelli colombiani è stato il frutto del passaggio da una struttura di vertice unitaria a un’altra sempre verticistica ma decisamente più slegata; sicuramente più vicina alla camorra partenopea. Una vicinanza rafforzata nel tempo e iniziata nel 2013; quando i clan cominciarono a stringere legami con il Cartello di Cali. Fortunatamente, quella “via della droga” fu quasi interamente sgominata nella maxi-inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli e che coinvolse, principalmente, i clan Nuvoletta, Leone e Ciccarelli. Un’operazione importante, senza dubbio, ma che ovviamente non ha reciso il cordone ombelicale che lega la Campania alla Colombia.

Ancora adesso, come abbiamo visto, la coca inonda le nostre strade. Vogliamo veramente che i nostri affari riguardino soltanto il narcotraffico? Non ci siamo ancora stancati di sentir parlare di Napoli e di tutte le altre grandi città della regione come di una immensa piazza di spaccio? La soluzione può essere una sola: velocizzare e intensificare il lavoro sulla possibilità di adoperare squadre investigative comuni con gli altri paesi dell’Unione Europea. Una strada molto complessa ma che non è stata trascurata dalla Commissione Europea.

La strategia, in questione, infatti, sottolinea che le indagini delle autorità di contrasto non dovrebbero limitarsi alla confisca degli articoli illegali o all'arresto dei criminali di rango minore, ma concentrarsi – piuttosto - sugli individui e sulle reti che rappresentano i rischi maggiori per la sicurezza dell'UE. Inoltre, bisogna promuovere con forza lo scambio delle migliori pratiche in questo settore, per il quale alcuni Stati membri hanno già istituito strutture nazionali o organismi specializzati per combattere le strutture della criminalità organizzata. Soltanto in questo modo gli inquirenti italiani potrebbero avere l’opportunità di partecipare alle operazioni internazionali grazie ai buoni e consolidati rapporti con le forze dell’ordine straniere; ovviamente, senza essere più tagliati fuori e finendo col fare il gioco dei clan.

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