Dubai, la Mecca dei camorristi si sgretola: ma è ancora una vittoria a metà
C'è ancora molto da fare per limare l'accordo tra Italia ed Emirati che acconsente l'estradizione solo per reati riconducibili all'associazione a delinquere di stampo mafioso, agli omicidi e al narcotraffico
Nella giornata di ieri vi abbiamo raccontato che, finalmente, avrà luogo l'estradizione del narcotrafficante Raffaele Mauriello, considerato tra i latitanti «di massima pericolosità» dalla Direzione Centrale della Polizia Criminale. Mauriello veniva arrestato lo scorso agosto a Dubai. La comunicazione giunge direttamente dal ministero di Giustizia spiegando che le Autorità di Abu Dhabi hanno autorizzato l'avvio dell'iter per la consegna all'Italia. Raffaele Mauriello, detto ‘o chiatto, è figlio di Ciro Mauriello, elemento apicale del clan Amato-Pagano; quelli che, per la storia, sono definiti "gli scissionisti della prima ora" dall’organizzazione guidata all’epoca da Paolo Di Lauro. All'interno dell'attività criminale del clan, Raffaele Mauriello avrebbe curato l’importazione e la distribuzione d'ingenti quantità di cocaina. Questa, senza ombra di dubbio, rappresenta una svolta importantissima nata principalmente il marzo scorso, quando il Guardasigilli Marta Cartabia – dopo tre tentativi falliti – incontrò il suo pari ruolo a Dubai per sbloccare la situazione relativa al “broker della droga”, Raffaele Imperiale. Una lunghissima trattativa che, dopo molto tempo, si è finalmente tramutata in una importantissima vittoria per lo Stato italiano.
Una vittoria decisiva, conquistata solo a metà
Eppure è innegabile che per troppo tempo gli Emirati hanno scelto di fare orecchie da mercante. La capitale, ormai, si stava trasformando nel porto sicuro della camorra. I boss spadroneggiano nella più totale sicurezza dello scudo garantito dall’assenza di un accordo concreto sull’estradizione internazionale. Pertanto, stiamo parlando di una vittoria importantissima, sicuramente, ma solo a metà. Allo stato attuale delle cose, infatti, l'accordo vigente tra Italia ed Emirati acconsente l'estradizione solo per reati riconducibili all'associazione a delinquere di stampo mafioso, agli omicidi e al narcotraffico. Non sono previste altre fattispecie, a cominciare dall'associazione esterna in concorso mafioso. Guai, dunque, a cantare vittoria; perché c’è ancora molto da fare per stanare i peggiori ricercati internazionali. Neanche a dirlo, l’essere riusciti a compiere questo primo passo per assicurare alla giustizia i latitanti mafiosi è già un traguardo importantissimo, ma non può essere l’ultimo. Un muro che sembrava incrollabile e che si è finalmente sgretolato anche grazie alla caparbietà della Procura di Napoli e dei suoi magistrati. Quest’ultimi sono riusciti a garantire una pressione gigantesca, per fare in modo che i ricercati internazionali della Direzione distrettuale antimafia non venissero oscurati da un mondo di luci sfavillanti che risponde al nome di Dubai.