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Sabato, 20 Aprile 2024
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Redazione

L'ingiustizia e uno Stato che non può vendicarsi

La vendetta fa parte dei sentimenti dell’uomo, può essere comprensibile. Ma lo Stato non può, nè deve, essere vendicativo. In uno Stato di diritto si devono applicare le leggi. Ed è per questo che il 31 maggio 2021 Giovanni Brusca, uno dei killer più sanguinari di Cosa nostra - è stato liberato. Non è stato perdonato dallo Stato, ha semplicemente finito di scontare la sua pena. Avendo scelto di collaborare con la giustizia ha ottenuto gli sconti previsti dalla legge. Legge e giustizia non sempre coincidono.

E questo probabilmente è uno dei casi più eclatanti. Che ha scatenato un coro di indignazione in tutta Italia. Si può biasimare l'ex mafioso Santino Di Matteo, padre del piccolo Giuseppe ucciso e sciolto nell'acido ad appena 13 anni proprio da Brusca, quando afferma "se lo incontro per strada non so che succede"? Pensiamo di no. Che un padre al quale hanno ucciso un figlio possa nutrire un desiderio di vendetta fa parte di quei sentimenti umani. Alla stregua di una moglie alla quale è stato ucciso un marito, o di una figlia che ha visto il corpo del padre crivellato dai proiettili. Ma lo Stato, fatto da uomini, deve essere al di sopra degli individui proprio per la sua natura.

Lo Stato non può prevedere o evocare pene che riflettano il senso di vendetta e rivalsa: non è giustizia questa. Il ruolo dello Stato è quello di superare queste logiche. E trasferire allo Stato sentimenti umani non è degno di una società civile. Questa legge, che permette degli sconti di pena per chi collabora, è stata fortemente voluta da Giovanni Falcone. Senza i collaboratori di giustizia sapremmo molto meno di Cosa nostra. Se anche una sola volta lo Stato non tenesse fede a questi sconti promessi, minerebbe la sua credibilità nei confronti di chi in futuro volesse iniziare a collaborare. Brusca ha deposto nella Trattativa Stato-mafia, parlando del "papello" di Totò Riina.

Ha testimoniato dappertutto in decine di processi. Si è discusso parecchio sull'attendibilità delle sue dichiarazioni. Quella dell'ex boss è stata una collaborazione altalenante e contraddittoria che ha avuto la svolta - a suo dire - dopo l'incontro con Rita Borsellino: "Una giornata memorabile per me alla presenza di mio figlio e mia moglie. Ho capito lo sforzo che aveva fatto questa persona nell'incontrare me. Cercava giustizia nei confronti del fratello". Poi alla fine di una testimonianza fiume durata cinque ore (in occasione del processo a carico dei poliziotti Mario Bo, Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei, accusati di calunnia aggravata) Brusca chiese "perdono a tutte le vittime di mafia".

Che sia un pentimento sincero nessuno può saperlo veramente. E probabilmente non conta. E' opportuno ricordare che la nostra Costituzione prevede che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Poi è chiaro che ognuno è libero di discutere sulla legittimità e sincerità del percorso che offre la possibilità di ottenere sconti di pena. Inutile nascondere che la maggior parte avrebbe voluto vedere un uomo che si è reso colpevole di "più di cento ma meno di ducento" omicidi morire in carcere. Ma lo Stato non deve provare sentimenti.

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