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Giovedì, 28 Marzo 2024
Le accuse contro l'operatrice sanitaria

Emanuela Petrillo e il risarcimento da 550mila euro per le finte vaccinazioni: come stanno le cose

La sentenza amministrativa avrà validità solo se l'ex infermiera verrà dichiarata colpevole nel processo penale (ancora in corso). Il dibattimento va avanti: la tesi della difesa è che quei vaccini erano stati conservati male

Il caso ha fatto e sta facendo rumore. Emanuela Petrillo, l'ex assistente sanitaria 38enne di Spresiano (Treviso) che avrebbe finto di vaccinare circa 8 mila pazienti, per lo più bambini, tra il 2009 e il 2016 quando lavorava per le Asl di Codroipo (Udine) e del Trevigiano è stata condannata dalla Corte dei Conti (sezione del Friuli Venezia Giulia) a risarcire con 550mila euro di danni (più 33mila euro di spese legali) l'Azienda sanitaria universitaria Friuli centrale del capoluogo friuliano.

Secondo i giudici contabili sulla sanità regionale sono infatti gravati i costi di "una complessa attività rimediale", finalizzata "all'esecuzione di nuove somministrazioni vaccinali nei confronti della popolazione infantile ritenuta interessata dal disservizio".

La 38enne è stata così chiamata a risarcire la Asl per il (presunto) danno arrecato. Ma c'è un dettaglio che non può essere tralasciato. La sentenza amministrativa avrà validità solo se la donna verrà giudicata colpevole nel processo che la vede accusata a Udine, di peculato, omissione d'atti d'ufficio e falsità in dichiarazioni. Le accuse contro Petrillo dunque devono ancora essere provate in sede dibattimentale. E fino al terzo grado di giudizio l'ex infermiera è ancora innocente. Pertanto non dovrà (per ora) sborsare una lira.

La strategia della difesa: "Se necessario andremo fino in Cassazione"

Nella prossima udienza penale, di fronte al Tribunale di Udine (in programma il 14 dicembre) verrà sentita la consulente di parte della difesa. La sentenza di primo grado è attesa per l'8 di febbraio. Paolo Salandin, avvocato difensore di Emanuela Petrillo, ha già annunciato che se la sentenza "sarà di colpevolezza ci appelleremo andando, se necessario, fino in Cassazione". L'iter processuale dunque si annuncia lungo. E il risarcimento chiesto all'ex infermiera resta in stand by.

Per Salandin la sentenza della Corte dei Conti friulana "è un esempio di giustizia celere", ma l'avvocato fa notare anche che sui risarcimenti i giudici contabili veneti non si sono ancora espressi. Aggiungendo che la decisione della Corte dei Conti non potrà avere effetti fino al verdetto del processo penale. Inoltre, sempre a detta del legale, "alcune fra le contestazioni potrebbero essere prescritte prima di un giudizio definitivo".

Il nuovo risarcimento chiesto dalla Ulss di Treviso

Intanto nel pomeriggio di ieri il direttore generale dell'Ulss 2, di Treviso ha annunciato che anche l'azienda sanitaria trevigiana attraverso i suoi legali presenterà il conto alla 38enne. "Crediamo che la strada della richiesta di risarcimento sia quella più opportuna - ha fatto sapere Francesco Benazzi -, ci sono stati dei costi, i vaccini non fatti, il costo del tempo speso dal medico". La stima del danno arrecato? "Potrebbe essere tra i 100 e i 150mila euro". 

Il processo penale: gli indizi contro l'ex infermiera

Nel frattempo il dibattimento va avanti. Ma quali sono gli indizi a carico della donna? L'accusa punta soprattutto sull'assenza di risposta immunitaria osservata nelle persone, per la maggior parte bambini, sottoposte a immunizzazione da parte della Petrillo. Sarebbero infatti 133 le provette, su 159 prese in esame, quelle che risultano contenere sangue che non ha reagito al vaccino, almeno stando ai risultati dell'incidente probatorio disposto dalla procura della Repubblica di Udine.

Secondo Matteo Bassetti, infettivologo del San Martino di Genova che ha preso parte alla perizia (e ha deposto come teste lo scorso 16 marzo) dopo la prima dose di vaccino per il morbillo la risposta anticorpale dovrebbe invece attestarsi "intorno al 90% delle persone vaccinate". Un punto a favore dell'accusa. 

Lo scorso maggio è stata ascoltata in aula anche la collega dell'imputata che nel 2017 avanzò i primi sospetti. "C'era sempre del liquido vaccinale nelle provette che venivano buttate dopo che le usava lei". E ancora, ha aggiunto la teste: "Ho notato che le iniezioni non avvenivano in maniera completa, o perché Emanuela non spingeva a fondo l'ago e perché premeva solo parzialmente lo stantuffo della siringa". 

Contro Emanuela Petrillo ci sono anche altre testimonianze, come quella della mamma di un bambino sottoposto a vaccinazione quando non aveva ancora un anno. "Ho tolto il cerotto - aveva raccontato la donna -, ma dell'iniezione non c'era traccia, neppure il segno lasciato dove sarebbe dovuto entrare l'ago". 

La tesi della difesa: vaccini conservati male

L'ex infermiera si è sempre dichiarata estranea ai fatti.  Secondo la tesi della difesa la mancata risposta immunitaria potrebbe ad esempio avere una spiegazione molto semplice. I sistema di conservazione con cui, a Codroipo ma anche a Treviso, venivano stoccati i vaccini non sarebbero stati ottimali e avrebbero potuto causare un degrado e una perdita di efficacia dei vaccini. Questa almeno è stata la carta che il legale  dell'ex infermiera ha provato a giocarsi durante la deposizione di tre testimoni della difesa.

Si tratta di una assistente sociale di Codroipo, una collega della Petrillo che prestava servizio a Treviso e una operatrice socio sanitaria che ha lavorato anche nella struttura di assistenza della famiglia Petrillo a Spresiano. I teste avrebbero concordato sul fatto che i vaccini erano conservati in una maniera tale da non garantire la loro conservazione. E che non c'è alcuna prova che a buttare quelle provette con dentro il vaccino trovate poi nei cestini sia stata proprio la Petrillo. Il processo va avanti. La sentenza di primo grado è attesa tra tre mesi. 
 

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