Quello che Expo lascia: "Migliaia di disoccupati e un'area desolata"
Quando le porte del grande evento verranno chiuse ci saranno due questioni scottanti: cosa fare dell'area fiera di Rho e dove ricollocare tutti coloro che avranno perso il lavoro. C'è chi si è già posto il problema ma i tempi stringono
Expo oramai è quasi passato: il grande evento su cui il governo ha puntato tutto si conclude il 31 ottobre. Così quella che è stata una "grande esperienza" lascerà una pesante eredità, di cui si dovrà occupare sia l'amministrazione di Milano e provincia, sia l'intero esecutivo. Che succederà alle strutture di Rho? Ma soprattutto che fine faranno gli almeno 15mila lavoratori, una volta terminata l'esposizione universale? Quesiti scottanti, visto che, ben prima dell'apertura dei suoi cancelli, strutture e lavoratori di Expo sono state tematiche che hanno suscitato diverse polemiche. Ma andiamo con ordine.
I LAVORATORI - Già nel 2014 sindacati e regione Lombardia avevano promesso delle "risorse" da investire per evitare che chi ha lavorato per Expo in questi mesi rimanesse per strada. Ovviamente, con la data di chiusura alle porte, il problema è stato riproposto e la pressione sul Pirellone cresce. In particolare, chi è andato a lavorare a Rho spesso ha proprio "traslocato" lì, arrivando da tutte le parti d'Italia. C'è chi avrà garantito un posto fino a giugno 2016, visto che molti padiglioni andranno anche smontati.
Se però si fanno bene i conti si scopre che, grazie a voucher, contratti a tempo determinato e a chiamata, in tutto a lavorare per il grande evento in questi mesi ci sono state più di 30mila persone. L'argomento è comunque delicato, visto che durante tutto il grande evento, le denunce per mancati pagamenti, mobbing e licenziamenti inaspettate non sono mancate. Per non parlare di condizioni di lavoro assurde, turni da 12 ore e a volte anche lavoro in nero.
Intanto Manpower, società che ha vinto l'appalto per il reclutamento delle risorse umane di Expo, ha annunciato che è stato siglato con i sindacati un accordo per la ricollocazione di tremila e 300 lavoratori interinali. Da novembre, terminata l'esposizione universale, Manpower prenderà li prenderà in carico, con percorsi di formazione (minimo 40 ore di corsi) per ricollocarne il maggior numero possibile e comunque aiutarli a rafforzare la propria posizione sul mercato del lavoro. Ma, come sottolineato anche da Daniel Zanda della Felsa-Cils, "ora è la Regione che deve fare la propria parte".
LE STRUTTURE - C'è poi la questione che riguarda i 110 ettari del sito di Rho: cosa accadrà tra qualche mese ai tanti padiglioni nell’area dell’esposizione? La maggior parte di questi verranno smantellati dai loro proprietari, ovvero i paesi di provenienza. Nell'area dovrebbero poi trasferirsi le strutture scientifiche dell’università Statale di Milano, attualmente a Città Studi. C’è poi chi ipotizza di creare una cittadella dell’innovazione, chi immagina una sorta di “Silicon Valley” dell’agricoltura e dell’agroalimentare, chi come il Teatro alla Scala si prenota per occupare una superficie di 50 mila metri quadrati, per conservare le scenografie che adesso sono nei magazzini del Piermarini all’ex Ansaldo di via Tortona e chi infine ha presentato l’idea di costruire delle residenze per studenti o per l’accoglienza ai migranti.
Il 10 ottobre nell’Auditorium di Expo Milano 2015 si svolgerà l’incontro “Expo dopo Expo: le eredità di Milano 2015” a cui prenderanno parte il ministro delle politiche agricole Maurizio Martina, il ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti, la presidente di Expo 2015 Diana Bracco, il governatore della Lombardia Roberto Maroni, il sindaco di Milano Giuliano Pisapia, il Guardasigilli Andrea Orlando, il commissario unico di Expo Milano 2015 Giuseppe Sala. Insomma tutti.
"RIDATECI L'ALBERO DELLA VITA" - Intanto il sindaco Pisapia ha assicurato che "con il governo siamo in fase avanzata per trovare la formula che più possa garantire il successo del dopo-Expo. Abbiamo tutti la volontà di lavorare insieme per un obiettivo utile a Milano, alla Città Metropolitana, al Paese".
Ma i tempi sono davvero stretti: entro la fine di giugno 2016 l’area di Rho-Pero deve essere sgomberata. E di mezzo c’è l’inverno: i palazzi non sono stati pensati per affrontarlo, tanto che, come ricorda Cgil Milano, non sono dotati di impianti di riscaldamento. Intanto su Change.org è apparso che mira a spostare l’Albero della Vita, ad esposizione conclusa, in Piazzale Loreto a Milano. Le oltre due mila firme in pochi giorni hanno "costretto" i costruttori a prendere le distanze dal progetto di traslocare il simbolo dell’Expo in uno degli snodi più trafficati della città. Sia per questioni di urbanistica e di costi: sembra che per un'operazione del genere siano necessari almeno 500mila euro, senza contare la realizzazione di una base che regga il peso delle sue 330 tonnellate. E niente show di luci: il contratto e i soldi per "accenderlo" finiscono con Expo, il 31 ottobre.