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Martedì, 23 Aprile 2024
Giustizia

Fausta Bonino, così l'infermiera è stata assolta: "Non ho ucciso nessuno, le vite le ho salvate"

Lei lo definisce "un errore giudiziario clamoroso" ma non nutre rancori. In primo grado venne condannata all'ergastolo per la morte sospetta di quattro pazienti, ora per la giustizia non ha commesso il fatto

"Un errore giudiziario clamoroso". Così Fausta Bonino, l'ex infermiera 60enne accusata per le morti sospette all'ospedale di Piombino e assolta ieri dalla corte d'Appello di Firenze, ha commentato il calvario giudiziario che l'ha vista protagonista. Un'odissea che a meno di eventuali ricorsi in Cassazione si è conclusa  ieri dopo anni di indagini e una condanna in primo grado all'ergastolo per la morte di 4 pazienti. La donna però non ha mai perso la speranza di avere giustizia. E oggi, nonostante tutto, dice di non nutrire rancore verso nessuno, anche se quelle accuse le hanno stravolto la vita. 

Il caso dall'inizio

Ma come nasce il "caso Bonino"? Riavvolgiamo il nastro e ripercorriamo la vicenda dall'inizio. L'infermiera viene arrestata il 30 marzo 2016 con l'accusa di aver ucciso una serie di pazienti durante la loro degenza nel reparto di anestesia e rianimazione con 'bombe' di anticoagulante eparina. Passa in carcere 21 giorni prima di uscire su decisione del tribunale di sorveglianza. Ma l'incubo non finisce una volta tornata in libertà. L'indagine resta in piedi, lo stigma sociale è insopportabile. L'accusa è di omicidio volontario plurimo e aggravato per le morti sospette di pazienti avvenute nel reparto di rianimazione dell'ospedale Villamarina di Piombino tra il settembre del 2014 e il settembre del 2015, in cui viene accertata la sua presenza al lavoro. 

Le indagini vanno avanti con una serie di lunghe e complesse analisi scientifiche, anche con la riesumazione delle salme dei pazienti sospettati di essere stati uccisi con l'eparina. Nel dicembre del 2017 viene depositata la relazione degli esperti nominati dalla Procura. I consulenti del pm certificano come dieci delle morti sospette fossero compatibili con la somministrazione di alte dosi di eparina. Il 1° giugno 2018 la Procura della Repubblica di Livorno comunica la chiusura delle indagini e per Fausta Bonino viene chiesto il rinvio a giudizio per omicidio volontario plurimo aggravato.

Fausta Bonino: condannata e poi scagionata in Appello

In primo grado l'infermiera viene scagionata per la morte di sei pazienti su dieci perché "il fatto non sussiste" e per il reato di abuso di ufficio. Ma viene invece condannata all'ergastolo per gli altri quattro decessi. Una sentenza che ieri è stata ribaltata dalla Corte d'Assise d'Appello di Firenze. Le motivazioni (com'è prassi) saranno disponibili entro 90 giorni. Nel corso del dibattimento sarebbe emerso, tra gli altri, un elemento poco considerato in primo grado. E vale a dire la mancanza del badge per accedere ai reparti. 

"Ci voleva grande professionalità per assolvere Fausta Bonino" ha commentato il legale della difesa Vinicio Nardo, "e la corte di Appello di Firenze ce l'ha avuta. Bisogna sempre avere dei dubbi e fare delle indagini su tutti gli aspetti. Un esempio - ha fatto sapere il legale - è stato, appunto, quello dell'accesso al reparto: gli inquirenti hanno dato per scontato che l'ingresso al reparto fosse controllato e invece non lo era. E chiaramente questo è un sassolino che può essere diventato una slavina".

"Io le vite le ho salvate"

Alla lettura della sentenza l'ex infermiera è scoppiata in lacrime. "I giudici mi hanno assolta perché mi hanno creduta: io non ho mai ucciso nessuno". La cosa più bella per lei è stato l'abbraccio del figlio Andrea. È stato lui, medico in un ospedale di Firenze, a darle la forza di combattere per la verità. "Ha creduto in me" ha detto Bonino al 'Corriere della Sera', "e io non l'ho tradito, non solo come mamma ma anche come infermiera". "Io le vite le ho salvate non soppresse" dice ora. "E solo il sospetto sarebbe stato insopportabile".

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