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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

Uomini che uccidono le donne, strage senza fine: nel 2021 in Italia un femminicidio ogni 5 giorni

Un bollettino drammatico, che non si ferma mai: Victoria Osagie, Roberta Siragusa, Teodora Casasanta, Sonia Di Maggio, Piera Napoli, Luljeta Heshta, Lidia Peschechera, Clara Ceccarelli, Deborah Saltori, Rossella Placati uccise da inizio anno

Uomini che uccidono le donne. Un bollettino quasi quotidiano, drammatico e inaccettabile. Rossella Placati e Deborah Sartori sono le ultime due vittime. Quella dei femminicidi è una strage che non si ferma. Non si ferma mai. I primi due mesi scarsi del 2021 sono un agghiacciante elenco di tragici ffatti di sangue

Femminicidi, una strage senza fine in Italia anche nel 2021

Nel 2021 c'è stato un femminicidio ogni 5 giorni Ieri a Trento e a Ferrara le ultime due vittime della violenza degli uomini. In un caso l’ex era già stato arrestato. Victoria Osagie, Roberta Siragusa, Teodora Casasanta, Sonia Di Maggio, Piera Napoli, Luljeta Heshta, Lidia Peschechera, Clara Ceccarelli, Deborah Saltori, Rossella Placati. Sono i nomi delle donne uccise in questi primi 53 giorni dell'anno. Nelle sole ultime 48 ore su Deborah Sartori si è abbattuta la furia del marito da cui si stava separando: un colpo d'accetta al collo non le ha dato scampo. Per l'omicidio di Rosella Placati, trovata morta con il cranio fracassato, è stato fermato il compagno.

"Insopportabile il silenzio sul susseguirsi di femminicidi in Italia - commenta l'associazione Non una di meno -  15 donne uccise in nemmeno due mesi. L'ultima uccisa a accettate dall'ex marito allontanato da casa per maltrattamenti. Ora basta. Le nostre vite contano!".

Clara Ceccarelli si era pagata il funerale

Le denunce delle vittime sono spesso campanelli d'allarme e richieste d'aiuto, cui lo Stato non sempre riesce a fare colpevolmente fronte. Agghiacciante il dettaglio emerso su Clara Ceccarelli. La commerciante uccisa pochi giorni fa nel suo negozio di pantofole in pieno centro a Genova dal suo ex compagno, aveva avuto un presagio di quanto le sarebbe capitato. E due settimane fa, secondo quanto raccontato dal commesso che ogni tanto la aiutava, la donna si era pagata il funerale per evitare di pesare sull'anziano padre e sul figlio disabile.

Una percentuale significativa di femminicidi avviene con armi da fuoco detenute legalmente. Sia nei primi nove mesi del 2020 che nello stesso periodo del 2019, l'omicida ha però fatto in prevalenza uso di un'arma impropria, come un coltello o un utensile da lavoro (martello, cacciavite, ecc.), seguono l'uso di un'arma da fuoco, l'asfissia/soffocamento/strangolamento, le percosse e l'avvelenamento.

I numeri raccontano, i numeri lanciano campanelli d'allarme. "La violenza di genere è un crimine odioso che trova il proprio humus nella discriminazione, nella negazione della ragione e del rispetto. Una problematica di civiltà che, prima ancora di un'azione di polizia, richiede una crescita culturale. È una tematica complessa che rimanda ad un impegno corale. Gli esperti parlano di approccio olistico, capace di coinvolgere tutti gli attori sociali, dalle Istituzioni, alla scuola, alla famiglia". Lo diceva il capo della polizia Franco Gabrielli in occasione della scorsa Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, il 25 novembre.

E' passato un anno e mezzo dall'entrata in vigore, avvenuta il 9 agosto 2019, del cosiddetto "Codice Rosso", legge che ha introdotto nuovi reati e ha perfezionato i meccanismi di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere.

Come denunciare e rivolgersi a centri antiviolenza per chiedere aiuto

Nei primi anni del nuovo millennio, la percentuale di donne uccise nell’ambito familiare rappresentava il 25% del totale degli omicidi, recentemente la percentuale è salita al 40%.

Denunciare, rivolgersi a centri antiviolenza per chiedere aiuto è possibile. Sempre. "C'è bisogno di un doppio binario per affrontare questo tema", diceva qualche tempo fa ad askanews Antonella Veltri, la presidente di Donne in rete contro la violenza: "Bisogna porre evidentemente un rimedio ad una situazione che è esacerbata dalla pandemia ma che non si ferma a questa. La violenza alle donne è una pandemia globale che attraversa le donne ogni giorno per 365 giorni l'anno. E c'è bisogno subito di misure che diano la possibilità alle donne di sottrarsi alla violenza. Come? Il primo passo è credere alle donne quando denunciano, le donne vanno credute se denunciano le violenze. Troppe volte le donne vengono rimandate a casa dopo aver segnalato alle forze dell'ordine situazioni di difficoltà di violenza se non maltrattamenti e stalking. Non vengono credute o la loro denuncia è sottovalutata. L'approccio delle forze dell'ordine, delle procure, degli operatori socio-sanitari deve essere diverso, deve cambiare. Non si possono lasciare andare le donne, sottovalutando le denunce che fanno, perché questo le espone a rischio. E non è un rischio lieve: è un rischio di morte, come vediamo accadere anche questi ultimi giorni".

Quindi serve "la formazione di tutti i soggetti che in qualche modo sono coinvolti. In alcune situazioni si sta facendo, ma sul territorio c'è una grande disparità di comportamenti tra procure, carabinieri, forze di polizia nel momento in cui accolgono le donne". Altra cosa da fare subito per sottrarre le donne alla violenza è "potenziare i centri anti violenza che accolgono le donne. Ed è possibile farlo in tempi relativamente brevi. I centri fanno sia un lavoro di prevenzione che di supporto alle donne, non stop. Qui le donne possono trovare rifugio'. Ma c'è qualcos'altro da fare che, per quanto impegnativo e a lungo termine, non si può più rimandare, una strada da prendere: 'C'è un binario strutturale, culturale da percorrere - sottolinea la presidente di D.i.Re - bisogna cambiare la cultura che sta alla base del fenomeno della violenza alle donne: la decostruzione degli stereotipi è il vero deterrente per affrontare in profondità questo tema. Se non ci capiamo su questo non andiamo da nessuna parte. Perché nessuna misura emergenziale può tamponare questo fenomeno. Ne è un esempio il Codice rosso".

Codice rosso: "Non ha creato condizioni migliori per le donne che vivono situazioni di violenza"

"E' un dispositivo legislativo - continua -  che pur essendo in essere non ha creato condizioni migliori per le donne che vivono situazioni di violenza, sia dentro che fuori le mura domestiche. Per decostruire gli stereotipi e cambiare la cultura servono tempi lunghi, ma più tardi si inizia e - ovviamente - più tardi si arriva. Da trent'anni la rete dei centri antiviolenza lo chiede e ancora nessuno ha accolto questa indicazione, intrapreso la strada'. Una strada che 'arriva a formare tutti gli attori coinvolti, ma che parte dalle radici. Prima di tutto dalla scuola. Qui deve iniziare la decostruzione degli stereotipi. La bambina cuce e stira e il maschietto va al lavoro a fare le costruzioni: se si sfoglia il libro di testo delle elementari ci si rende subito conto di quello che significa in concreto e di quello che si può fare. Quindi iniziamo dalle scuole a decostruire gli stereotipi'.

Perché partire da tanto lontano? Per rimediare ad uno sbaglio di fondo: "Non si è ancora capito qual è il vero problema della violenza - dice Veltri - Spesso in Italia si confonde la questione, separando i temi: la violenza è un tema, mentre l'affermazione della donna nei luoghi di lavoro e nella società in generale è un altro tema. Il tema è unico e uno solo perché dall'accogliere la parità di genere discende una serie di conseguenze, tra le quali c'è quella del rispetto della volontà della donna e della volontà della donna, se quella donna decide ad esempio di interrompere una relazione. Nell'80% dei casi le donne che accogliamo nei centri antiviolenza vogliono lasciare il partner violento. Che non si ferma, le perseguita e poi segue l'escalation delle violenze, fino ad arrivare a quello che oggi vediamo quasi ogni giorno".

"Mia madre uccisa dall'ex compagno, anche io sono una vittima del femminicidio"

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