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Sabato, 20 Aprile 2024

Stefano Pagliarini

Responsabile redazione

Gli uomini sono un pericolo per le donne?

Quando ce ne è una al giorno, è difficile credere a chi tenta di minimizzare con il benaltrismo, richiamando casi che apparentemente hanno lo stesso peso. Quando quotidianamente c’è una donna vittima di violenza in Italia, è difficile pensare che si possa annacquare il problema solo perché, ad ogni allineamento dei pianeti del Sistema Solare, emerge il caso di un uomo vittima di una donna. Certo che sono casi della stessa importanza. Un reato non è più reato dell’altro. Ma quando ogni giorno assistiamo ad uno stupro, una donna picchiata dal marito, una denuncia per stalking dell’ex che non si rassegna, non si è più di fronte ad un reato: è una emergenza sociale.

Ma questo già lo sappiamo. Da quanto tempo ce lo ripetiamo? Sono anni, durante i quali siamo arrivati a mettere mano al codice penale e alla procedura penale perché era diventato imbarazzante con quanta facilità in Italia si potesse sottomettere una donna nel silenzio. Abbiamo creato il codice rosso: in pratica, di fronte ad una denuncia per reati di genere, la polizia giudiziaria deve avvisare immediatamente il magistrato di turno, anche solo con una telefonata, così da velocizzare l’intervento diretto del pubblico ministero, il quale è tenuto a convocare in tempi strettissimi la persona offesa. 

Ha funzionato? Non possiamo dire che sia stato inutile, ma neppure che sia stata la “soluzione”. I fatti degli ultimi giorni ci aiutano a capire come il problema sia ancora infiammato nel tessuto muscolare della società. L’11 agosto una 17enne ha denunciato una violenza di gruppo da parte di 4 ragazzi che l’avevano invitata a trascorrere il pomeriggio nella casa estiva; il 12 agosto a Grosseto un uomo ha accoltellato a morte la fidanzata e poi ha chiamato i carabinieri; il 18 agosto una 15enne ha denunciato di essere stata violentata dopo essere stata trascinata dietro le auto parcheggiate da un uomo; tre giorni fa una donna, dopo aver trascorso la serata con un uomo in un bar, è stata violentata in casa sua ad Arezzo; nel fine settimana un uomo ha cercato di uccidere la moglie e le ha sfregiato il viso con un coltello da cucina perché avrebbe rifiutato di avere un rapporto sessuale con lui. Solo ad agosto sono otto femminicidi (per ora), con un giorno in cui si è registrato il record di tre. Oggi l’ennesima donna ammazzata da chi non poteva accettare che lei fosse libera di scegliere altro: Vanessa Zappalà, uccisa a 26 anni con diversi colpi di pistola dall’ex fidanzato, già denunciato per stalking, finito agli arresti domiciliari e poi liberato. 

Con che coraggio, quando le donne ci chiedono aiuto, diciamo loro di denunciare perché è la cosa giusta da fare se poi scopriamo che la giustizia non serve? Il codice rosso ha sicuramente dato una mano, dando impulso alla fase iniziale delle indagini, ma a cosa serve se, dopo un primo interrogatorio, tutta la fase successiva delle indagini torna alla velocità di un replay? A cosa serve cambiare le leggi se si inseriscono in un sistema penale elefantiaco con tempi infiniti? A cosa serve sentire subito la parte offesa se poi, per emettere un provvedimento cautelare, ci vogliono settimane? Che credibilità ha un sistema in cui lo stesso giudice che emette un provvedimento di custodia, è poi costretto a ritirarlo perché, se si attendesse una sentenza, terremmo in carcere presunti innocenti a vita?

Allora se si vogliono migliorare le cose, serve intervenire subito su due piani. Quello culturale e quello legale. 

Il primo è fondamentale. Serve educare gli uomini. Serve insegnare loro che amare non è annientarsi nell’altro, non è cieca gelosia, non è limitare le libertà individuali della donna. Serve insegnare loro che la donna è libera, anche di scegliere un altro uomo, anche di sceglierne uno al giorno, anche di portarsi a letto uno sconosciuto e decidere all’ultimo di dire di “No”. 

Il secondo, dando subito agli uomini che si macchiano di questi reati l’idea di uno Stato presente. Servono indagini e processi veloci. Per questo la riforma Cartabia potrà aiutare a velocizzare la macchina della giustizia. Inoltre si può anche cominciare a ragionare in termini di pena retributiva. Potrebbe essere un elemento di forza cominciare a vedere donne risarcite velocemente da parte dei loro aguzzini per le violenze subite. Dunque è l'intero sistema a dover migliorare. Che sia una giustizia più veloce nell'approdare ad una sentenza e capace di risarcire subito il danno. Pene più severe sono già state introdotte con il codice rosso. Le donne che muoiono in attesa di una sentenza, sono martiri della libertà. Sono anche vittime di una giustizia che, quando è lenta, cessa di essere giusta. 
 

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