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Giovedì, 25 Aprile 2024

Andrea Maggiolo

Giornalista

Con Conte-Salvini le navi Ong non attraccavano, con Draghi-Lamorgese non possono nemmeno partire

I numerosi fermi amministrativi che l’Italia impone alle navi delle Ong che operano (anzi, vorrebbero operare)  nel Mediterraneo non vanno dimenticati. Ormai vengono percepiti come un dato di fatto, non compare più nel dibattito politico il tema. Il motivo è molto chiaro: è impossibile da giustificare da parte dei partiti di quel che resta del centrosinistra e che sostengono convintamente il governo Draghi. Più facile far finta di niente. Dalla Sea Eye ferma a Palermo fino alla Sea Watch a Trapani, le motivazioni dei fermi sono spesso molto simili. Si va dalle istruzioni di bordo solo in lingua inglese alle indicazioni non corrette per la via d'uscita, passando per bagni installati in coperta con scarico diretto fuoribordo, capienza non adeguata per un determinato numero di persone, e altre irregolarità sull'organizzazione di bordo e sulle dotazioni radio.

Meglio una nave Ong o il nulla nel Mediterraneo?

La domanda è sempre la stessa: meglio una nave ONG o meglio il nulla nel Mediterraneo, avendo preso atto che le navi umanitarie non sono un pull factor (non lo sono mai state) e che dal Nordafrica si parte comunque? Meglio che qualcuno ci provi, a salvare vite, o preferibile per gli equilibri dell'esecutivo evitare che qualcuno possa persino provarci a salvarle, quelle vite?

La Guardia costiera nell'ultimo caso, quello del fermo della Sea Watch 4, ha emesso un comunicato per spiegare come sono andate le cose. La nave aveva da poco terminato la sua prima missione in cui aveva soccorso 415 migranti: "L’ispezione (risalente in realtà a mesi prima, ndr) ha evidenziato diverse irregolarità di natura tecnica, tali da compromettere non solo la sicurezza degli equipaggi, ma anche delle stesse persone che sono state e che potrebbero, in futuro, essere recuperate a bordo, nel corso del servizio di assistenza svolto". Poi aggiunge: "Considerato il tipo di attività che la nave regolarmente svolge, l’ispezione ha confermato che i mezzi collettivi di salvataggio della nave risultano sufficienti ad ospitare un numero massimo di 27 persone". 

Ci sono cose però che sarebbe doveroso rimarcare. La Sea-Eye 4 batte bandiera tedesca: sì, è certificata come "cargo" dall’ente di classificazione di Berlino «BG Verkehr», ma prima della partenza per l'ultima missione ha ricevuto dal Registro navale italiano (Rina) la "notazione volontaria di classe rescue". Cos'è? Viene data a navi che "in caso di necessità, hanno le sistemazioni e le dotazioni per soccorrere e accogliere a bordo dei naufraghi in sicurezza". Nella notazione della Sea-Eye 4 è indicato che il numero di persone che può soccorrere è 200 ma, come specificava qualche giorno fa il Rina stesso a il manifesto, "in situazioni di emergenza la legislazione internazionale prevede che la salvaguardia della vita umana sia prioritaria". 

Le navi Ong fermate contemporaneamente

Sono numerose oggi le navi fermate contemporaneamente dai provvedimenti della Guardia costiera italiana: tra le altre, la Open Arms, la Alan Kurdi (tecnicamente non più in fermo, ma in porto fino a quando non avrà risolto e sistemato alcune irregolarità), le Sea-Watch 3 e 4, Louise Michel.

A fine maggio rappresentanti di Emergency, Medici Senza Frontiere, Mediterranea Saving Humans, Open Arms, ResQ-People saving People, Sea-Watch e Sos Mediterranee, avevano preso atto di una timida apertura al dialogo offerta dalla Ministra dell'Interno Luciana Lamorgese, ribadendo allo stesso tempo come il soccorso in mare non possa essere mai negoziabile. "Le discussioni sulle politiche migratorie non possono diventare un impedimento al soccorso in mare, obbligo giuridico oltre che morale" hanno detto i rappresentanti delle organizzazioni. Se è vero che i cosiddetti “Stati di primo approdo” come l'Italia, devono poter contare sulla solidarietà degli altri membri della UE, l'emergenza in mare non si ferma e anzi diventa ogni giorno più letale. Le ONG chiedono all’Italia e all'Europa di istituire un efficace sistema di ricerca e soccorso che abbia come scopo primario quello di salvaguardare la vita umana nel Mediterraneo. Le organizzazioni hanno anche auspicato un superamento del clima ostile al soccorso civile. "Abbiamo chiesto alla Ministra di riconoscere il ruolo delle organizzazioni umanitarie, colpite dalla criminalizzazione, liberando le nostre navi ancora sotto fermo" hanno affermato i rappresentanti delle organizzazioni. Durante l’incontro, le ONG hanno sollecitato la ministra Lamorgese ad assumersi un ruolo di effettivo coordinamento con gli altri ministeri coinvolti, in particolare con il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, per quanto riguarda i fermi amministrativi e con il ministero della salute per i protocolli Covid e la gestione delle quarantene. E' cambiato poco o nulla da allora.

Ai tempi del governo Conte-Salvini-Di Maio le navi Ong faticavano ad attraccare dopo i salvataggi (il più "celebre" è il caso Rackete). Ora, col governo "dei migliori", non partono nemmeno alla volta della rotta del Mediterraneo Centrale. Non possono. La prossima volta che un parlamentare di un partito del vasto mondo del centrosinistra, e che sostiene la maggioranza, salirà a bordo di una nave umanitaria (succede spesso) sarebbe opportuno fargli qualche domanda. Ad esempio: fino a due anni fa mai una nave umanitaria era stata posta sotto fermo amministrativo (nonostante l'intensa attività in mare). Ora è prassi. Come mai? Tu chiamala, se vuoi, ipocrisia. 

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Fonte immagine: Twitter/Matteo Villa

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