Gavettone all'Ammiraglio, trasferiti cinque marinai: "Ma a pagare siamo tutti noi"
Alcuni militari della Marina militare sono stati trasferiti per "una bravata", un gavettone, ai danni di un Ammiraglio prima della parata del 2 giugno. Un provvedimento "punitivo" secondo molti. E anche un grosso spreco di soldi pubblici, secondo il loro legale. Ora la palla passa al parlamento
Uno "spreco di soldi pubblici" su cui in molti ora vogliono vederci chiaro. La vicenda riguarda alcuni militari che sono stati trasferiti per "una bravata", un gavettone. Un po' di contesto: i fatti risalgono all'inizio dell'estate ormai alle spalle. Siamo all'inizio di giugno 2014 quando, come si legge anche nell'interrogazione parlamentare presentata dal deputato Gianluca Rizzo, cinque militari della Marina di stanza a Varignano, in Liguria, presso il raggruppamento "Teseo Tesei" si sarebbero "macchiati" di atteggiamenti goliardici dopo aver effettuato le prove della parata nazionale che ogni anno si tiene a Roma in occasione della Festa della Repubblica del 2 giugno.
Scherzi tra commilitoni, giochi d'acqua come se ne vedono ovunque in estate. Lo scherzo è finito di colpo, in maniera inattesa, quando a fare le spese di un classico gavettone è stato il Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, Ammiraglio Giuseppe De Giorgi. Il quotidiano ligure Il Secolo XIX in alcuni articoli pubblicati a giugno scrive che l'ammiraglio De Giorgi ha immediatamente chiesto chi fossero i responsabili di questa "bravata".
Qualsiasi pena, continua l'interrogazione parlamentare, dovrebbe essere commisurata alla gravità oggettiva dei fatti e non alla soggettività dell'incidente che ha coinvolto l'alto ufficiale. Gli autori della bravata non hanno dovuto attendere a lungo per conoscere gli effetti che lo scherzo estivo avrebbe avuto sulla loro vita e sulla loro carriera. Un ordine di trasferimento dei cinque Incursori è giunto di lì a poco, prevedendo l'assegnazione presso la sede della Marina militare di Brindisi ad oltre 1.000 chilometri di distanza da Varignano. Un provvedimento nominativo pervenuto direttamente da Roma, circostanza mai verificatasi in precedenza, poiché la consuetudine è che l’amministrazione centrale indichi soltanto il numero di operatori necessari per una missione, mentre il Comando del Varignano dispone della competenza esclusiva di scegliere quali risorse impiegare per quella specifica attività. Di solito la programmazione di trasferimento del personale militare avviene seguendo una cadenza annuale e per una percentuale che coinvolge circa il 10 per cento del personale di ogni distaccamento. Per questo i militari ritengono di essere stati vittime di un provvedimento di tipo "punitivo".
Abbiamo sentito il legale dei militari coinvolti, l'avvocato Paola Ersilia Cursaro: "E' stato violato il loro diritto di difesa - dice a Today.it - come lavoratori. Se il datore di lavoro intende rivolgere una contestazione al dipendente deve necessariamente rispettare le procedure previste dalle normative vigenti e cogenti. Gli Incursori non sono stati tutelati, poiché tali trasferimenti, che hanno la forma di un cambio di pianificazione, ovverosia di un "ordine" militare, come tale inconfutabile e incontrovertibile (e inoppugnabile dinanzi all’autorità giudiziaria) sono in realtà dei provvedimenti di carattere sanzionatorio e determinano per ciascuno di loro una dequalificazione professionale, oltre che un grave pregiudizio
personale e familiare. Una contestazione deve essere rivolta (rispettando le forme e la procedura previste dalle normative) in modo che ci si possa difendere, e solo in seguito eventualmente può esserci un licenziamento. Invece i cinque militari sono stati trasferiti e demansionati solo per una ragione vessatoria".
La questione non riguarda solo i militari coinvolti, ma tutti noi. Questo "capriccio" infatti comporta per lo Stato italiano uno spreco di risorse notevole perché, ci spiega il legale, il personale del Comsubin (Comando Subacquei e Incursori) è formato in modo costoso e invece viene "sprecato" per impieghi demansionanti. I militari del Comsubin sono addestrati per svolgere mansioni in team e invece per la loro "bravata" sono stati trasferiti in basi militari diverse e da soli, a intraprendere l’attività di "addestratori", per la quale non hanno ricevuto alcuna formazione. Come se non bastasse, per trasferirli lo stato deve pagare loro alcune indennità, in base alla legge 100/1987.
"Inoltre - continua l'avvocato Cursaro - mentre si disponevano questi trasferimenti, altri Incursori hanno presentato, per le medesime basi di destinazione, istanze di impiego che l’Amministrazione non ha accolto. Il paradosso è che, per le richieste respinte lo Stato non avrebbe neppure dovuto erogare risorse economiche, perché la domanda di trasferimento era volontaria". "A conferma del fatto che questi provvedimenti non sono finalizzati a perseguire il pubblico interesse (e non rispondono alle ragioni di "urgenza" paventata), ma sono ad personam - dice il legale - il provvedimento destinato a uno di loro che attualmente non è disponibile è stato revocato".
La palla ora passa al parlamento. "Molte altre contraddizioni, incongruenze e non casuali coincidenze continuano a emergere da questi trasferimenti", dice l'avvocato Cursaro. E quando ci sono di mezzo soldi pubblici, chiedere quantomeno chiarezza è doveroso.
La Marina militare, in una nota, smentisce questa versione dei fatti e che l'ammiraglio Giuseppe De Giorgi, sia stato oggetto di lancio di gavettoni d'acqua: "Ne è evidenza il fatto che lo stesso ammiraglio De Giorgi - scrive in una nota la forza armata -, insieme ad altre autorità militari ha continuato a presenziare le prove dei reparti della Marina sino a notte inoltrata. Il trasferimento del personale incursore presso la sede di Brindisi si inserisce nella recente azione di potenziamento della componente anfibia della forza armata - conclude la Marina -, finalizzata ad incrementare le capacità operative della stessa".