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Giovedì, 25 Aprile 2024
La montagna sta cambiando

Perché se il numero dei ghiacciai aumenta è una pessima notizia

In Italia sono cresciuti di quasi cento unità, ma se oggi ne abbiamo circa 900, mentre 60 anni fa erano 824, è un brutto segnale: perché non se ne sono formati di nuovi in realtà, ma quelli che già ci sono si sono frammentati, diventando più fragili

Da un secolo ormai il salire del mare e il fondersi dei ghiacci è rilevato da tutte le stazioni di misura. La Marmolada a metà ’800 aveva un ghiacciaio vasto 5 chilometri quadri, nel 1900 si era ridotto a 4 chilometri quadri, nel 1960 a 3 e in questo periodo meno di 2 chilometri quadri. I ghiacciai alpini si ritirano e scoprono nuove porzioni di ghiaioni immensi. Stima: in questi decenni si è liquefatto il 35% delle riserve dei ghiacciai alpini in termini di estensione e profondità. Secondo i dati in mano agli esperti già oggi 120 ghiacciai di piccole dimensioni si sono estinti o sono ridotti a nevai a vita breve; ormai è evidente che i ghiacciai sotto i 3.500 metri di quota spariranno in pochi decenni. Il più recente Catasto dei ghiacciai italiani indica che la loro superficie è passata dai 519 chilometri quadrati del 1962 agli attuali 368. Il numero complessivo è cresciuto di quasi cento unità, ma se oggi ne abbiamo circa 900, mentre 60 anni fa erano 824, è un altro pessimo segnale, perché non si sono formati nuovi ghiacciai, semplicemente quelli che già ci sono si sono frammentati, diventando dunque sempre più fragili. 

"Negli ultimi 150 anni alcuni ghiacciai hanno perso oltre due chilometri di lunghezza, ma a ridursi è anche il loro spessore che in una sola estate può assottigliarsi anche di 6 metri. Con la media delle temperature degli ultimi anni, i ghiacciai sotto i 3.500 metri sono destinati a sparire nel giro di 20-30 anni. "Se le temperature continueranno ad aumentare, nel giro di pochi decenni i ghiacci eterni dalle Alpi Orientali e Centrali potrebbero ridursi drasticamente o scomparire - dicono dal WWF - Rimarrebbero solo sulle Alpi Occidentali, quelle più alte. Inoltre, i ghiacciai sono sempre più scuri, e quindi più vulnerabili alle radiazioni solari". "Scrivevamo già anni fa che i deflussi estivi dei fiumi derivano per la maggior parte dalla fusione glaciale. Venendo meno i ghiacciai, svanisce anche il loro contributo ai torrenti alpini e ai fiumi della Pianura Padana, compreso il Po con significative conseguenze sull'approvvigionamento idrico per la popolazione e per le attività economiche, a cominciare dall'agricoltura e dalla produzione idroelettrica e termoelettrica (questo lo scrivevamo prima dell`attuale, gravissima siccità). Aumenta anche il rischio dei cosiddetti glacier hazards, cioè i rischi legati all`azione diretta del ghiaccio o della neve e potrebbero portare a valanghe di ghiaccio e ad alluvioni catastrofiche per esondazione di laghi glaciali, come quella verificatasi nell`estate del 2019 per il collasso del ghiacciaio Zermatt in Svizzera".

"I dati e le analisi sono quindi disponibili da tempo: è l'azione che manca". Il WWF chiede quindi al Governo di agire sia per la mitigazione (abbattimento delle emissioni di gas climalteranti) sia per l'adattamento (misure per far fronte al danno e agli impatti già in atto). Per la mitigazione, serve una legge sul clima, che renda la crisi climatica un elemento imprescindibile di valutazione per tutte le politiche. Serve inoltre l'urgente aggiornamento del Piano Nazionale Integrato Energia Clima (PNIEC), compilato prima dell'aggiornamento degli obiettivi europei e dei prezzi alle stelle del gas: oggi, senza ulteriori tentennamenti, occorre premere l`acceleratore sulle fonti rinnovabili e su risparmio ed efficienza energetica, con un piano di portata davvero eccezionale. Va anche, e finalmente, varato il Piano Nazionale per l'Adattamento al Cambiamento Climatico. Ricordiamo che un piano fu varato nel 2017, sottoposto a consultazione, riaggiornato nel 2018, sottoposto alla Conferenza Stato Regioni e poi a Valutazione Ambientale Strategica: ora pare vada riscritto daccapo, ma nessuno sa chi e con che tempi lo stia facendo", conclude il WWF.

Ma quello che è successo domenica non era né prevedibile, né evitabile. Spetterà alla magistratura capire se sulla Marmolada si sarebbe potuta, o dovuta, diramare un’allerta meteo per avvisare gli escursionisti, come avviene in inverno per il rischio di valanghe.

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"Quelli come questo sono eventi estremi come i terremoti, che si sa che avverranno ma non si sa esattamente quando. La tragedia avvenuta ieri si inserisce in un contesto di cambiamento globale di riscaldamento molto rapido della nostra atmosfera - dice Carlo Barbante, direttore dell'Istituto di Scienze Polari del Cnr e professore ordinario dell'Università Ca' Foscari di Venezia - Era difficilmente prevedibile, adesso sono tutti abili a dire che la salita in montagna andava interrotta ma non era un evento chiaro e il pericolo era nascosto: si è accumulato giorno dopo giorno" ha proseguito Barbante, ribadendo che "questa tragedia dovrebbe insegnarci che i bollettini vanno aggiornati puntualmente". Il sistema di bollettini neve meteorologici in funzione d’inverno in estate non è attivo, la valutazione è lasciata al buon senso di guide e appassionati. Come spiega Barbante, "i bollettini vengono sospesi quando il rischio valanghe cessa, ma le ondate di calore sono all’origine di altri eventi disastrosi. Credo che andrebbero mantenuti per informare sui rischi anche in estate".

"Il cambiamento climatico rende più pericolose le nostre montagne e rappresenta una minaccia per l’esperienza e le capacità perfino degli escursionisti più abili. Per questo sarebbe utile attivare il servizio del bollettino Arpa ‘Neve-Valanghe’ anche d’estate, magari con un particolare focus sulle caratteristiche di pericolosità che hanno creato le condizioni della tragedia sulla Marmolada di ieri. Informazioni importanti per la sicurezza di tutti". A proporlo è anche Matteo Favero, responsabile forum Ambiente e Infrastrutture del Pd Veneto.

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