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Venerdì, 29 Marzo 2024
Rotta balcanica / Trieste

Curare e aiutare i migranti non è reato: il caso simbolo di Gian Andrea e Lorena

I due volontari triestini non sono membri di una "rete di trafficanti di esseri umani". Le accuse a loro carico verranno archiviate. A febbraio si era creato un clima pesante: "Buone notizie, continua la lotta", scrive Linea d'Ombra su Facebook

Lorena e Gian Andrea non sono membri di alcuna "rete di trafficanti di esseri umani". Le accuse a loro carico verranno archiviate. Continueranno a medicare piedi di uomini e donne stremati da infiniti chilometri di viaggio verso nord, verso un futuro. Lo faranno sapendo di essere nel giusto, di non infrangere nessuna legge. Era l’alba dello scorso 23 febbraio quando la polizia fece irruzione nell’abitazione privata di Gian Andrea Franchi e Lorena Fornasir, sede anche dell’associazione Linea d’OmbraODV. Il motivo della perquisizione? La ricerca di prove per un’imputazione di favoreggiamento del soggiorno di migranti irregolari.

Trieste è sulla cosiddetta rotta balcanica. Lorena, 68 anni, psicoterapeuta, e il marito Gian Andrea, 85 anni, ex professore di filosofia oggi in pensione, sono due semplici e coraggiosi attivisti che hanno messo in piedi un piccolo presidio medico all’esterno della stazione ferroviaria. L'obiettivo, alto e ammirevole, è quello di offrire prima basilare assistenza ai migranti che passano il confine. Un carretto verde dove Lorena tiene le garze, i cerotti, il disinfettante, qualche medicina di base. Lei e gli altri volontari di Linea d’Ombra medicano i piedi dei ragazzi.

A inizio anno Gian Andrea era entrato a far parte del registro degli indagati in un'inchiesta per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina: quasi fosse qualcosa di simile a un passeur, un "traghettatore" di uomini tra confini diversi. Anche Lorena era stata coinvolta dalle indagini. Dopo nove mesi c'è l'archiviazione. Totale.  "In data 22-23 novembre 2021 il pubblico ministero e il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Bologna hanno convenuto di archiviare l’accusa fatta nei nostri confronti non emergendo elementi che consentano la sostenibilità dibattimentale dell’accusa", scrivono sulla pagina Facebook dell'associazione. "Questa archiviazione dimostra con chiarezza l’intenzione politica dell’indagine che ha portato alla nostra denuncia", sostengono in una nota. "L’indagine, iniziata nel 2019, nasce per iniziativa del pm di Trieste, che vuole cogliere un legame intrinseco fra la cosiddetta cellula triestina di passeur o smuggler, noi due e, indirettamente, anche Linea d’Ombra".

In un primo momento l’indagine aveva messo gli occhi solo sull'anziano Gian Andrea. Solo dopo aveva coinvolto Lorena. Questo secondo momento dell'indagine aveva causato inevitabilmente lo spostamento della pratica presso il tribunale di Bologna dato che Lorena, giudice onorario presso il tribunale dei minori di Trieste, fa parte della magistratura, per cui la competenza spetta al tribunale emiliano.

Il magistrato chiede però l'archivazione, accolta dal giudice per le indagini preliminari. L’intero fascicolo è stato analizzato dal giudice delle indagini preliminari: la conclusione è nessun rinvio a giudizio per i due volontari, rimandando invece a Trieste la parte riguardante altre 32 persone, tutti stranieri, sospettati di aver costruito una rete di “accoglienza a pagamento” per i profughi. Non si tratta di componenti del gruppo di volontari triestini.

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Fonte immagine: Avvenire

A febbraio si era creato un clima pesante nei confronti di chi fornisce assistenza ai migranti. Ipotizzavano un "reato di solidarietà", qualcuno l'aveva definito così. Quando la polizia aveva fatto irruzione a Trieste nell’abitazione privata di Gian Andrea Franchi e Lorena Fornasir, nonché sede dell’associazione Linea d’Ombra ODV, avevano sequestrato i telefoni personali, i libri contabili dell’associazione e diversi altri materiali, "alla ricerca di prove per un’imputazione di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina che noi contestiamo - spiegavano da Linea d'Ombra -  perché utilizzata in modo strumentale per colpire la solidarietà. Siamo indignati e sconcertati nel constatare che la solidarietà sia vista come un reato".

Oggi, in Italia, regalare scarpe, vestiti e cibo a chi ne ha bisogno per sopravvivere non è un reato. E ci mancherebbe altro. Qui si parla di solidarietà, bisogni essenziali, vestiti asciutti, cibo, acqua. Un'associazione che vive di donazioni volontarie e non riceve nessun finanziamento pubblico, nata per dare forma giuridica ad un impegno lungo la rotta balcanica, ha attraversato un 2021 complicato. Gian Andrea Franchi e Lorena Fornasir regolarmente si recano personalmente in Bosnia per consegnare aiuti e denunciare le condizioni di disagio di migranti spesso respinti con crudeltà. Continueranno a farlo, nell'ambito della legge. "Buone notizie. Continua la lotta" scrive su Facebook l'associazione.

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