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Venerdì, 29 Marzo 2024
Mantova

La bambina nasce con la sindrome di Down: condannato il ginecologo

Secondo la Cassazione, il medico non ha messo i genitori in condizioni di decidere gli esami per determinare le condizioni di salute del feto. La coppia aveva deciso di abortire se la piccola fosse stata affetta da malformazioni

La Cassazione ha condannato un ginecologo di Mantova che ora dovrà risarcire la madre e il padre di una bambina affetta dalla sindrome di Down. Il medico era già stato giudicato innocente nei primi due gradi di giudizio.

Secondo quanto scrive il quotidiano La Stampa, la coppia “aveva deciso di abortire” se la piccola “fosse stata affetta da gravi malformazioni” e “i dottori lo sapevano”. Eppure il ginecologo si è limitato a sottoporre la donna a un bi-test (un prelievo del sangue che fornisce un indice di rischio sulle patologie) che era poi risultato positivo, non ha approfondito ulteriormente le indagini sul feto e “non l’ha informata su tutte le indagini prenatali utili a rilevare eventuali malformazioni del feto che i genitori hanno poi deciso di non riconoscere": la donna, Libuse S. originaria della Repubblica Ceca, all’epoca aveva vent’anni, era giovane e in buona salute. I genitori hanno poi deciso di non riconoscere la bambina.

Dieci anni fa, la coppia ha fatto causa al medico e il terzo grado di giudizio ora ha dato loro ragione. La Cassazione ha ribaltato le precedenti sentenze e ha condannato il ginecologo non perché non avendo “effettuato esami approfonditi" non ha quindi diagnosticato "la grave malformazione del feto”, bensì contestandogli, scrive La Stampa, “una negligenza più sottile: non ha impostato un corretto rapporto con la sua paziente”. Secondo il quotidiano torinese, per i cinque giudici della Cassazione,

“Il ginecologo non aveva l’obbligo di prescrivere esami approfonditi, dato che non esisteva un rischio specifico; il suo errore è stato decidere al posto della paziente - non parlandogliene nemmeno - che poteva bastare così, non servivano altre analisi. Al contrario - poiché le intenzioni della donna erano chiare - avrebbe dovuto informarla di tutte le possibilità a sua disposizione: esami specifici, magari da effettuare in un ‘centro di più elevato livello di specializzazione’”

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