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Giovedì, 18 Aprile 2024
L'anniversario

Sette anni senza Giulio Regeni: "Basta gite e selfie"

Con un post Facebook, i genitori del ricercatore torturato e ucciso, insieme al loro avvocato, esprimono la loro delusione

Sono passati esattamente sette anni dal giorno in cui il corpo senza vita di Giulio Regeni è stato ritrovato sul ciglio dell'autostrada Alessandria-Cairo, risultato scomparso dal 25 gennaio precedente. Con un post Facebook, i genitori del ricercatore torturato e ucciso in Egitto, insieme al loro avvocato, esprimono tutta la loro delusione e frustrazione per una verità negata. 

Post 7 anni regeni

"Sette anni. Chissà cos'hanno tutti da nascondere per ostacolare la verità con tanta oltraggiosa determinazione. Abbiamo i nomi, abbiamo i volti di quattro tra i molti artifici di tutto il male del mondo. Ci manca la loro elezione di domicilio per celebrare finalmente un processo in Italia. Chi, ad ogni gita al Cairo, dopo i selfie e i salamelecchi di rito, si riempie la bocca di collaborazione dovrebbe spiegare agli italiani perché tornano a casa sempre a mani vuote, incapaci di farsi dare anche solo 4 indirizzi''. Lo scrivono proprio i genitori di Giulio Regeni, Paola Deffendi e Claudio Regeni insieme all'avvocato Alessandra Ballerini in un post su Facebook. E continuano: ''Sarebbe più dignitoso tacere. A furia di stringere le mani (e vendere armi) ai dittatori si rischia di trovarsi insanguinate anche le proprie. E di offendere la nostra dignità". 

Il ricercatore era scomparso al Cairo nel gennaio del 2016 e ritrovato morto dopo dieci giorni lungo il ciglio dell'autostrada che collega Alessandria alla capitale. Sul corpo del giovane, c’erano evidenti i segni di torture. Il processo penale a carico di quattro agenti dei servizi di intelligence egiziani (Nsa), accusati dalla Procura di Roma del sequestro, delle torture e dell'omicidio del ricercatore, non si è ancora celebrato perché non è stato possibile ottenere il domicilio degli imputati.

"Responsabilità delle autorità italiane"

"A sette anni da quel terribile giorno, c'è il rischio concreto che si abbia una verità senza giustizia. Se così sarà, le responsabilità saranno anche delle autorità egiziane, ma soprattutto di quelle italiane". Lo dice il portavoce di Amnesty International Riccardo Noury. "Quella di oggi è una data terribile da ricordare è sarà seguita tra dieci giorni da un'altra molto importante: il 13 febbraio si deciderà se andare a processo contro i sospetti aguzzini di Giulio Regeni. - continua Noury - Sappiamo che finora il processo non è iniziato perché le autorità italiane non sono state in grado di farsi dare, da quelle egiziane, i quattro indirizzi degli imputati. Se i rapporti tra Italia ed Egitto sono cambiati, lo sapremo alla fine di quella giornata; è purtroppo assai lecito avere dei dubbi".

L'omicidio di Giulio Regeni, sette anni di indagini (e depistaggi)

Giulio Regeni, 28 anni di Fiumicello, sta conseguendo un dottorato di ricerca presso il Girton College dell'Università di Cambridge e si trova in Egitto per una ricerca sui sindacati. Scompare al Cairo il 25 gennaio 2016 e il suo cadavere viene ritrovato nove giorni dopo, torturato e ucciso.  

Partono due indagini parallele: una della procura del Cairo e una di quella di Roma. Dalla città egiziana iniziano i depistaggi. Avanzano tesi improponibili: dall’incidente all’omicidio passionale, fino allo spaccio di droga. Si arriva poi all’uccisione di cinque presunti sospettati dell’omicidio, il 24 marzo 2016. A casa di uno dei cinque viene trovato il passaporto di Giulio, ma le indagini svelano che a piazzare il documento è stato un agente della National security, i servizi segreti civili egiziani.

Secondo i pm italiani Regeni è stato ucciso perché ritenuto una spia. Si scopre poi che a venderlo ai servizi segreti civili è stato il capo degli ambulanti, Muhammad Abdallah, con cui il ricercatore era venuto in contatto per i suoi studi. Un anno dopo la scomparsa di Giulio, compare un video in cui il giovane ricercatore incontra Abdallah e quest’ultimo cerca di incastrarlo con una richiesta di denaro. La procura del Cairo continua a mostrarsi reticente nell’aiutare l’Italia. Solamente mesi dopo l’inizio delle indagini i pm egiziani ammettono per la prima volta che il ricercatore era stato effettivamente controllato e indagato dalla polizia.

Nel dicembre 2018 arriva la svolta delle indagini italiane. La procura di Roma iscrive nel registro degli indagati il nome di cinque militari egiziani ritenuti responsabili del sequestro di Regeni. Il procuratore capo Giuseppe Pignatone e il sostituto Sergio Colaiocco contestano il reato di concorso in sequestro di persona. Un reato commesso, secondo gli inquirenti, in concorso con altri soggetti che restano però ignoti, e che era emerso in un’informativa degli agenti del Ros e dello Sco un anno prima. Spetta però alla diplomazia e alla politica chiedere alla procura del Cairo di perseguire in patria gli assassini di Giulio. 

Il braccio di ferro tra Italia ed Egitto non è solo giudiziario, ma anche diplomatico. L'8 aprile del 2016 Roma richiama l'ambasciatore al Cairo, decisione revocata l'anno dopo con la nomina di un nuovo ambasciatore. Nel 2019 nuovo scontro tra governo italiano (il premier è Conte) ed egiziano per la scarsa collaborazione di quest'ultimo. Il 22 ottobre 2019, la procura egiziana inviato una lettera alla procura della Repubblica di Roma esprimendo la volontà di voler "fare progressi nel campo della cooperazione giudiziaria". 

regeni ansa-4

A dicembre 2019 entra a regime la commissione parlamentare d'inchiesta sulla morte di Giulio Regeni, approvata dalla Camera dei deputati il 30 aprile precedente, con l'elezione a presidente del deputato di Liberi e uguali Erasmo Palazzotto. La Commissione deve verificare "fatti, atti, condotte omissive che abbiano costituito ostacolo, ritardo o difficoltà all'accertamento giurisdizionale" sul rapimento e la violenta uccisione di Giulio Regeni. Durante un'audizione della Commissione, il 17 dicembre 2019, arriva un duro atto d'accusa della Procura di Roma. Il sostituto procuratore di Roma, Sergio Colaiocco, e il procuratore facente funzioni, Michele Prestipino, parlando di "almeno 4 depistaggi delle autorità egiziane sulla morte di Giulio Regeni". 

A gennaio 2021 il caso viene discusso nel Consiglio degli Esteri Ue, a parlarne in videoconferenza è il ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Intanto sul fronte delle indagini, la Procura di Roma deposita la richiesta di rinvio a giudizio per il generale egiziano Tariq Sabir e per altri tre membri dei servizi segreti del regime del Cairo, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi, Magdi Ibrahim Abdelal Sharif. I quattro vengono rinviati a giudizio ma risultano irreperibili. Tra i reati contestati ci sono il sequestro di persona pluriaggravato, il concorso in lesioni personali gravissime e l'omicidio. Non c’è il reato di tortura, perché è stato introdotto nel codice penale italiano solo nel 2017.

A ottobre 2021 c’è la prima udienza per i quattro 007 egiziani, ma il processo viene subito sospeso per l’assenza degli imputati in aula: viene dichiarato nullo il decreto di rinvio a giudizio e gli atti tornano al gup. Il giudice dispone nuove ricerche, ma l’Egitto non collabora. L’11 aprile 2022 il gup sospende il processo a carico dei quattro 007 egiziani perché non è stato possibile notificare loro gli atti e la Procura di Roma impugna la decisione davanti alla Cassazione. La Corte, a luglio, dichiara il ricorso inammissibile e conferma lo stop. "Riteniamo questa decisione una ferita di giustizia per tutti gli italiani", dicono i genitori di Regeni. Il procedimento, che resta sospeso, è stato aggiornato al 13 febbraio 2023.

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