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Venerdì, 19 Aprile 2024
CASO ILVA

"Così si vive, si lavora e si muore a Taranto"

Intervista a Francesco Rizzo, lavoratore e sindacalista all'Ilva: "Arrivi la mattina e lavori tutto il giorno con la paura che ti succeda qualcosa di brutto". Duro sfogo: "Ci hanno preso per il culo, Vendola indagato specchio della politica italiana"

A Taranto il vero dramma è quello culturale. I Riva non hanno fatto tutto da soli perché a Taranto lavorare in Ilva è un privilegio, avere uno stipendio è un privilegio, andare a lavorare in quello stabilimento e morire di tumore è un privilegio”. Sorride amaro Francesco Rizzo, dell’Unione sindacale di base, quando parla della sua città, del suo lavoro e dello stabilimento di Tamburi. Quel quartiere maledetto, in quella città disperata, dove si lavora nonostante tutto, a rischio di tutto. Dove nei reparti si fanno i minuti di silenzio per chi è tre metri sotto terra. Come quello di ieri in ricordo di Claudio Marsella, morto a 29 anni il 30 ottobre 2012. Troppo presto, troppo male. “Ogni volta che penso a Taranto me la immagino come un grande buco in cui dentro ci hanno messo tutta la popolazione. La mia città oggi è depredata dei propri valori e dei propri diritti. Spaccata e frammentata nel tutti contro tutti”.

È stato Rizzo, ieri mattina, a dar notizia dei sette operai intossicati dall’esalazione di alcuni fumi nel reparto Colata continua dell’acciaieria 1. “Stanno bene, in mattinata sono rientrati”. E tuttavia “cinque di loro erano rimasti intossicati anche la scorsa settimana”. Una denuncia che non è passata sotto silenzio e che ha fatto rumore. “Tanto che so che dall’azienda vanno cercando qualcuno che testimoni che io, al momento della denuncia, non fossi nel mio posto di lavoro e quindi non lavorassi in sicurezza. È arrivata anche una telefonata al mio capo settore. Questa è l’Ilva”.

Perché? “Perché non è cambiato nulla: il sistema Riva è il sistema del commissario Bondi, continua ad utilizzare gli stessi meccanismi. Dentro ci sono le stesse persone che hanno prodotto questo risultato: indagate, rinviati a giudizio, questa è la verità”.

Il nodo, secondo Rizzo, è tutto qui: dal 26 luglio 2012, il giorno del sequestro, “non è cambiato nulla. Anzi, sarò impopolare, ma la situazione è peggiorata”. Eppure secondo l’ex ministro dell’Ambiente Edo Ronchi, sub-commissario all’Ilva, i dati del monitoraggio della qualità dell’aria “vanno decisamente meglio” e anche quelli sulle “polveri”. Il tutto certificato da Arpa Puglia.

“Conosco il gioco delle cifre – continua Rizzo – ma la verità è che dal giorno del sequestro è cominciato il vero ricatto non scritto dei Riva. Lo stabilimento invecchia ogni giorno di più e avrebbe bisogno di investimenti in forze. A noi manca la carta, mancano le taglie degli indumenti della sicurezza, ti devi adattare. Arrivi la mattina e lavori tutto il giorno con la paura che  ti succeda qualcosa di brutto”. E qui Rizzo parla di un teorema: “Parte del capitale è stato sequestrato dalla magistratura – 8 miliardi di euro – gli altri sono spariti nei mille rivoli dei conti della famiglia Riva. Da qui il ricatto: gli annunci di licenziamenti in massa, e quella sensazione che i soldi arriveranno il giorno del dissequestro. Le leve del ricatto le ha ancora la famiglia Riva, che non se ne sono mai andati”.

Un ricatto possibile perché la questione Ilva e Taranto con gli anni si è fatta “sistema di connivenza tra politica, impresa e sindacati”. “Chi oggi continua a rappresentare i cittadini sono gli stessi che hanno regalato lo stabilimento alla famiglia Riva. Gli stessi che non hanno avuto il coraggio di fare una cosa semplicissima: l’esproprio, la nazionalizzazione dell’Ilva”.

Da qui, secondo Rizzo, due paradossi: “la solitudine della magistratura”, e il tutti contro tutti di Taranto. Con il muro contro muro tra i sindacati confederali e quelli di base, e con i lavoratori che subito dopo i sigilli della magistratura “sono stati usati dal sistema, messi sulla bilancia, pedine di scambio e del malcontento industriale. Ci hanno preso per il culo, mi hanno preso per il culo. Perché non è cambiato niente”.

Eppure dopo 4 anni di indagini la magistratura metterà sotto indagine 53 persone, tra cui il governatore della Puglia, Nichi Vendola. “Vendola è lo specchio della politica italiana, la connivenza c’era è c’è ancora a tutti i livelli, questo è un territorio che ha bisogno di pulizia. C’è una popolazione che sta morendo, dove tumori sono velocissimi e la diagnostica privata costa troppo cara. E tu che fai? Rinforzi il sistema sanitario, fai l’esenzione dei ticket? No, tagli. Qui si muore di tumore e non lo sai, mentre sei in lista di attesa”.

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