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Martedì, 16 Aprile 2024
L'operazione Astrolabio

Ottomila euro per entrare in Italia: raffica di arresti, colpo grosso al traffico di migranti

Quasi cinquanta arresti, svelato il circuito clandestino di intermediari e l'esercito di scafisti: questo il risultato di una delle più grosse operazioni messe a segno negli ultimi anni a contrasto dei trafficanti di vite umane

Ventidue arresti eseguiti dalla guardia di finanza italiana, venticinque dalla polizia albanese, due perquisizioni in agenzie greche che avrebbero favorito il passaggio di denaro, cinquantadue indagati totali. È il risultato di una delle più grosse operazioni messe a segno negli ultimi anni a contrasto dei trafficanti di vite umane che, sfruttando la disperazione di migranti provenienti dalle aree del Vicino Oriente o dell’Africa, incassavano fino a 8mila euro, in qualche caso anche di più, da ogni singolo passeggero in cerca di raggiungere le sponde italiane.

L’indagine è nata su input del Gico (Gruppo d’investigazione sulla criminalità organizzata) del Nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza di Lecce a partire da uno sbarco di migranti avvenuto nell’aprile del 2020 a San Cataldo (solo uno di centinaia e centinaia di episodi degli ultimi anni), marina del capoluogo salentino. E si è ampliata a tal punto, con il coinvolgimento delle “fiamme gialle” dello Scico (Servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata) di Roma e delle forze di polizia albanesi e greche, da svelare uno scenario le cui dimensioni sono talmente vaste da avere inizio a Istanbul, passare dalle coste salentine e calabresi, proseguire verso Veneto e Liguria, concludersi con le destinazioni finali dei migranti, in varie nazioni del nord dell’Europa.

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In oltre un anno di indagini, che hanno preso in esame trenta episodi di migranti in transito (1.120 persone in tutto), peraltro solo una fetta di un fenomeno decisamente più vasto, si è scoperta la presenza di una rete composta da quattro cellule, gruppi fra loro interconnessi. Due agivano in Italia, uno in Albania e un altro in Turchia.  

Uno dei gruppi presenti in Italia sarebbe stato diretto da Alaa Qasim Rahima, 38enne iracheno, domiciliato a Fossalta di Piave, in provincia di Venezia. Rahima avrebbe provveduto al trasferimento verso il territorio italiano ed europeo di migranti irregolari prevalentemente di etnia arabo-siriana. Il 38enne, disponendo di una estesa rete di collaboratori presenti in varie nazioni europee, tra cui la Grecia, avrebbe coordinato dal Veneto il trasferimento dei migranti dalla Turchia verso gli stati dell’Unione europea, tramite due canali: sia via mare, sia via terra, in questo secondo caso lungo la cosiddetta “rotta balcanica” interna. Pare che Rahima fosse talmente influente che in alcune intercettazioni viene indicato, ora come “Re dell’Italia”, ora “Re delle auto”, in questo secondo caso grazie all’incredibile capacità di reperire veicoli e conduttori.

Il secondo gruppo presente in Italia, diretto da un altro iracheno, Majid Muhamad, 52enne, era di stanza a Bari. Muhamad aveva un ruolo specifico, quello di recupero degli scafisti nei pressi dei luoghi di approdo, consentendo a questi ultimi di sottrarsi alla cattura, per poi agevolarne il loro trasferimento in Grecia e la prosecuzione del viaggio sino al rientro in Turchia, dopo averli nascosti in alberghi baresi. In questo modo, gli scafisti, un piccolo esercito, alcuni operanti ormai da molti anni, sarebbero tornati a condurre di nuovo imbarcazioni cariche di migranti verso le coste salentine (il più delle volte), o calabresi.

Il terzo gruppo, presente in Albania, sarebbe stato diretto da Sultan Ahmed, 23enne siriano. Si sarebbe occupato del trasferimento dei migranti giunti dalla Grecia nel Paese delle Aquile, per essere imbarcati verso le coste pugliesi. Di lui si è scoperto che forniva informazioni ai migranti richiedenti sfruttando soprattutto Facebook.

Infine, il quarto gruppo, forse il più potente, capeggiato ancora da un iracheno, Awat Abdalrahman Rahim Rahim, 47enne. Questi avrebbe provveduto al trasferimento dei migranti irregolari provenienti da zone asiatiche a bordo di imbarcazioni dirette verso le coste, ovviamente sempre quelle salentine e calabresi, avendo una tale disponibilità di denaro da poter acquistare yacht e barche a vela. D’altro canto, ogni singolo viaggio avrebbe ampiamente ammortizzato i costi, lasciando ampi margini di guadagno.

L’operazione si è svolta anche grazie a unità mobili di Europol, coordinati da Eurojust (Paesi Bassi), dalla Direzione nazionale antimafia e dalla Direzione distrettuale antimafia di Lecce ed è stata ribattezzata “Astrolabio”. Svolta sulle due sponde dell’Adriatico, è stata resa possibile grazie all’istituzione di una squadra investigativa comune tra magistratura e finanzieri leccesi con magistrati greci e albanesi, oltre che con la Divisione immigrazione della polizia dell’Attica e con la polizia di Tirana.

Gli spostamenti e i viaggi sono stati monitorati costantemente dai finanzieri salentini grazie al supporto aereo e dei mezzi navali del Reparto operativo aeronavale di Bari della guardia di finanza in collaborazione con i velivoli di Frontex rischierati in area di operazioni nel Canale d’Otranto. Dei cinquantadue indagati, ventisei sono ritenuti “scafisti”.  

Le indagini hanno permesso anche di svelare – o meglio, confermare, perché modus operandi già noto, fra l’altro molto antico – come avvenisse il passaggio di denaro per i vari pagamenti: attraverso il metodo detto sarafi o a awala, “[…] fondato sulla esistenza di una sorta di circuito clandestino di intermediari finanziari costituito da persone fisiche la cui presenza è stata accertata sia in territorio italiano che greco, turco e albanese, indicate come agenzie presso cui viene depositato il danaro che viene poi corrisposto da altra agenzia nel caso di sblocco da parte di chi disponeva della somma”, scrive in un passaggio fondamentale dell’ordinanza il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce, Laura Liguori (che ha ordinato i ventidue arresti in suolo italiano, ndr). “Il medesimo metodo […] – prosegue il giudice - veniva utilizzato […]  anche dai migranti per pagare il prezzo del trasporto”. Mediamente, 6mila euro a testa per ogni migrante, per quanto riguarda i viaggi da Grecia o Albania. Fino a 7/8mila euro, per salpare dalla più lontana Turchia.

In sostanza, il metodo “sarafi” è un sistema bancario abusivo di trasferimento di valori, basato su una vasta rete di mediatori localizzati in varie parti, sia in territorio europeo, sia extraeuropeo. Per questo, sono state perquisite agenzie finanziarie presso le quali sarebbe depositato il denaro relativo ai traffici di migranti. 

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