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Venerdì, 19 Aprile 2024
Privacy violata / Milano

Le immagini di casa nostra rubate e vendute: 40 euro per una "diretta"

Maxi operazione della polizia postale. Indagate undici persone. Secondo l'accusa manomettevano i sistemi di videosorveglianza , ma anche i babymonitor per avere occhi sulla vita privata di ignari cittadini. Tutto finiva online con un preciso tariffario

Comuni cittadini erano spiati nelle loro case, in palestra o in studi professionali. Lo ha scoperto la polizia postale di Milano, con il coordinamento del servizio polizia postale di Roma e della Procura di Milano, che ha individuato i presunti autori dello spionaggio. Undici gli indagati: dieci italiani e un ucraino. 

L'intrusione nella vita privata di ignari cittadini avveniva da parte di due gruppi criminali tramite la violazione degli impianti di videosorveglianza. In pratica sfruttavano le telecamere piazzate per fini di tutela privata in case ma anche palestre, piscine, studi privati. C'erano poi "vetrine" online create ad hoc, su Telegram e Vkontakte, la cosiddetta versione russa di Facebook, per vendere immagini rubate. Con soli 20 euro gli utenti potevano accedere alle immagini e, con l'aggiunta di altri 20 euro, potevano diventare clienti "vip, con l'accesso alle riprese in diretta

Le immagini private rubate e rivendute

Secondo l'accusa gli indagati spiavano la vita intima di centinaia di privati cittadini, bambini compresi, hackerando i sistemi di videosorveglianza installati nelle loro abitazioni, negli spogliatoi di piscine e palestre o negli studi medici. Poi vendevano le chiavi di accesso per poche decine di euro, consentendo a migliaia di utenti di spiare le persone e le loro vite. 

L'ombra dei pedofili 

L'accusa è di associazione per delinquere e accesso abusivo a sistema informatico e per ora non si è proceduto per pedopornografia. Le indagini, durate oltre un anno e che si sono concluse con dieci perquisizioni eseguite su tutto il territorio nazionale, procedono però anche in quella direzione. Gli investigatori hanno scoperto la rete dopo la segnalazione di un cittadino e l'arresto di un uomo accusato di pedopornografia nell'ambito della collaborazione con la polizia neozelandese. 

Chi spiava i cittadini

Gli indagati, dieci italiani e un cittadino ucraino, sono enza precedenti specifici e di età compresa fra i 20 e i 56 anni. Hanno tutti abilità informatiche elevate. Nei due gruppi, per uno dei quali si configura l'associazione per delinquere, ogni indagato aveva ruoli definiti: alcuni cercavano in rete impianti di videosorveglianza connessi a internet e, una volta individuati, li attaccavano, riuscendo in alcuni casi a scoprire le password dei videoregistratori digitali. Altri, invece, valutavano gli ambienti inquadrati e la qualità delle riprese, per selezionare le telecamere puntate su luoghi particolarmente intimi, come bagni e camere da letto, per spiare le vittime durante rapporti sessuali o atti di autoerotismo. 

Le vetrine online e l'accesso "vip"

Altri membri del gruppo, poi, attraverso "vetrine" online create ad hoc, su Telegram e Vkontakte, mettevano in vendita sulla rete le immagini. Con soli 20 euro gli utenti potevano accedere alle immagini e, con l'aggiunta di altri 20 euro, potevano diventare clienti 'vip', con l'accesso alle riprese in diretta di alcune telecamere selezionate. Le chat aperte contavano oltre 10mila utenti e quelle premium circa duemila. I

l procuratore aggiunto di Milano, Eugenio Fusco, in conferenza stampa ha parlato di un "fenomeno particolarmente diffuso che sta emergendo. Da una parte c'è la capacità di reperire queste immagini e dall'altra un mercato attento e pronto a recepire e pagare". I due gruppi, attivi da quasi tre anni, "hanno creato un business sulla morbosità delle persone per le immagini rubate di vita privata". I soldi raccolti, oltre 50mila euro in criptovalute nel caso di uno dei due gruppi, venivano reinvestiti nell'acquisto di software sempre più aggiornati per effettuare attacchi informatici. 

I babymonitor intercettati

Le telecamere private era spesso utilizzate come babymonitor, puntate dai genitori nelle stanze dei figli per monitorarli, ma usate dagli hacker anche per spiarli nudi. "Visionare e detenere immagini di bambini è un reato molto grave e arriva alla pedopornografia", ha spiegato il procuratore aggiunto di Milano Letizia Mannella. "Chi le ha anche superficialmente visionate o detenute incorrerà in gravi sanzioni". Gli agenti hanno sequestrato dieci smartphone, tre workstation, cinque pc portatili, 12 hard disk e svariati spazi cloud, per una capacità di storage complessiva di oltre 50 Terabyte. Sono stati inoltre sequestrati tutti gli account social utilizzati dagli indagati per il compimento delle condotte delittuose e diverse migliaia di euro, anche in criptovaluta.  

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