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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca Verbano-Cusio-Ossola

Trafilamento: l'ipotesi che spiega la rottura della fune traente della funivia Stresa-Mottarone

Il fenomeno dei freni che scattano in continuazione succede se si verifica una perdita di tensione della fune traente. E quindi l'ipotesi più probabile è che sia stato questo a causare i blocchi. Da qui la rottura della testa fusa che ha causato la strage

Una serie di concause potrebbe aver provocato il cedimento della testa fusa della fune traente della funivia Stresa-Mottarone. Provocando, insieme ai forchettoni piazzati sul freno d'emergenza da Gabriele Tadini, l'incidente che ha portato alla morte di 14 persone. 

Trafilamento: l'ipotesi che spiega la rottura della fune traente della funivia Stresa-Mottarone

La soluzione del giallo della fune traente pare quindi farsi oggi più vicina. Tutto parte dall'estremità del cavo che è stata ritrovata sfilacciata. L’ipotesi è che il cavo si sia rotto vicino alla "testa fusa", ovvero il punto in cui si salda alla cabina. Nella deposizione resa davanti ai pubblici ministeri di Verbania il caposervizio Tadini ha detto di aver avvertito dei rumori anomali causati da una perdita di pressione del sistema frenante della cabina. Per testa fusa si intende un cuneo di piombo che si aggancia alla cabina: secondo gli esperti si tratta della parte più delicata. E che può essere controllata soltanto a vista, sfuggendo alla verifica magneto-induttiva che si effettua sui cavi durante la manutenzione ordinaria dell'impianto. Per evitare il blocco della funivia, Tadini ha ammesso di aver lasciato inseriti i forchettoni che disattivavano i freni. 

Fino a ieri c'erano due ipotesi sul tavolo per spiegare il motivo della rottura. La prima è quella dell'usura, che avrebbe colpito l'intreccio di fili metallici. Secondo gli esperti negli anni può avvenire uno sfilacciamento graduale che negli altri punti del cavo si rileva grazie al magnetoscopio. Mentre in quella zona la verifica è "a vista". Ma si tratta, appunto, di un processo che può durare anni. È possibile che sia sfuggito per così tanto tempo ai controlli? La seconda ipotesi è che la fune avesse problemi di tensione e che si sia strappata a causa di uno strattone più forte che ne avrebbe determinato il cedimento. È la tesi esposta in un articolo de La Stampa, dove però non si spiega quale potrebbe essere lo stress improvviso a cui è stata sottoposta la fune. Né le immagini delle telecamere per ora aiutano a capire cosa possa essere davvero accaduto. 

Oggi però l'ingegner Piergiacomo Giuppani, consulente dell'Associazione esercenti funivia (Anef), spiega che il fenomeno dei freni che scattano in continuazione può accadere nel caso in cui si verifichi una perdita di tensione della fune. E quindi l'ipotesi più probabile è che sia stato questo a causare i blocchi dei freni: "Se la fune si muove in modo non corretto succede che la testa fusa, cioè la parte terminale del cavo che si aggancia alla cabina, aziona delle valvole che a loro volta attivano i freni della vettura, bloccandola. Il problema è che al Mottarone i freni erano stati disattivati dai forchettoni". Per Giuppani però quando la fune si spezza, tutto accade in qualche ora. Quindi potremmo essere in presenza di più cause. E l'esperto punta il dito sul cosiddetto trafilamento: "Significa che le componenti idrauliche del freno hanno una perdita che genera un calo di pressione capace di portare alla chiusura dei freni".

Fabrizio Coppi: il testimone che chiama in causa Nerini e Perocchio

Intanto c'è un testimone che chiama in causa Luigi Nerini ed Enrico Perocchio. Si chiama Fabrizio Coppi, ha trent'anni e afferma di aver sentito in più occasioni il proprietario della funivia e il responsabile della sicurezza dire a Tadini di mantenere aperta ad ogni costo la struttura. Coppi dice che il guasto alla cabina numero 3 era noto da tempo, ovvero da inizio maggio 2021. E le sue parole combaciano con quelle di Tadini davanti ai magistrati: lui dice di essersi accorto delle anomalie nel giorno delle riaperture, ovvero il 26 aprile. Quando Coppi ha fatto notare che con i forchettoni il freno d'emergenza era bloccato, Tadini gli ha risposto: "Prima che si rompa una fune traente ce ne vuole". Ma soprattutto, Coppi riferisce di telefonate tra i tre: "Ho udito più volte Tadini discutere animatamente con il responsabile d’esercizio Perocchio e con il gestore Nerini perché questi ultimi due erano contrari alla chiusura dell’impianto, nonostante la volontà di Tadini".

Secondo il manovratore Coppi il guasto era noto e il caposervizio avrebbe voluto bloccare l'impianto per permettere la riparazione: "L’avaria continuava a manifestarsi, Tadini voleva chiudere. Ma la volontà di Perocchio e Nerini era quella di proseguire, volevano rinviare l’intervento… Credo che la loro politica comune fosse quella di non fermare l’impianto per motivi economici. Di fatto, dopo quelle telefonate, l’impianto continuava a funzionare". Il Gip non ha ritenuto credibile la testimonianza di Coppi, sostenendo che l'uomo potrebbe così volersi discolpare rispetto a eventuali responsabilità che gli potrebbero venire contestate. Ma per il Pm Coppi è credibile. Ora un altro giudice deciderà. 

L'indagine sulla funivia Mottarone

Intanto gli investigatori di Verbania indagano per ricostruire i contatti scritti - mail e messaggi - fra i tre indagati per omicidio colposo per il disastro della funivia del Mottarone. Nei telefoni subito sequestrati al gestore dell'impianto Luigi Nerini, al capo servizio Gabriele Tadini e al direttore di esercizio Enrico Perocchio i carabinieri sperano di trovare degli scritti con cui dimostrare che tutti fossero a conoscenza del problema al sistema frenante dell'impianto e dello stratagemma del blocco di freni (per evitare che la funivia si bloccasse), come sostenuto da Tadini attualmente ai domiciliari. I tabulati sono stati acquisiti e verranno analizzati con attenzione anche per capire quante telefonate ci sono state dal momento della tragedia e nei giorni successivi, prima che per i tre si aprissero per 96 ore le porte del carcere di Verbania. 

Le memorie dei cellulari, così come quelle dei computer potrebbero dare una grossa mano ai carabinieri che stanno cercando di ricostruire le responsabilità della tragedia del Mottarone. Se Tadini ammette che sicuramente in due occasioni, il 22 e il 23 maggio scorso, ha falsato i registri per nascondere i problemi al sistema frenante, dai messaggi telefonici potrebbe emergere che Tadini, le cui dichiarazioni non sono ritenute sufficienti dal gip, dica il vero quando afferma che "tutti sapevano" e che in più occasioni ha informato Nerini e Perocchio dei guasti all'impianto e che proprio loro lo avrebbero in qualche modo 'indirizzato' a mentire.

L'accesso a questo tipo di documentazione informatica è un atto irripetibile quindi ci vuole la presenza dei consulenti di tutte le parti coinvolte nell'inchiesta, il che lascia intuire che ci vorrà un po' di tempo per iniziare i lavori. Così come resta da stabilire il quesito e i tempi degli accertamenti irripetibili che riguardano la cabina precipitata.

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