Perché un giudice del lavoro ha dato ragione a un'infermiera no vax
E ha condannato l'Asl a risarcirla degli stipendi percepiti da quando è stata lasciata a casa fino al reintegro. I fatti a Torino
Il giudice del lavoro Magda D'Amelio del tribunale di Ivrea, con una sentenza pronunciata il 15 marzo scorso, ha dato ragione a un'infermiera no vax di 55 anni contro l'Asl Torino 4. L'azienda sanitaria locale aveva lasciato l'infermiera a casa senza stipendio dal 4 settembre 2021, dopo che la donna aveva rifiutato di vaccinarsi perché aveva respinto la firma del consenso informato. Lavorava all'ex ospedale di Castellamonte, ora trasformato in poliambulatorio, e secondo il giudice l'azienda sanitaria non ha preso in considerazione l'idea di demansionarla, trasferendola per esempio al centralino.
La donna è stata rappresentata in aula dagli avvocati Cinzia Persico e Marco Pinato. La mattina in cui è stata sospesa si era effettivamente presentata al centro vaccinale situato alla ex manifattura di Cuorgnè, ma era accompagnata dai suoi legali per sostenere che, in quanto obbligata a vaccinarsi, non avrebbe firmato il consenso informato in modo che eventuali danni fossero pagati dal pubblico. Il medico vaccinatore, a quel punto, si era rifiutato di somministrarle il vaccino ed era scattata la sospensione senza stipendio. L'Asl Torino 4 è stata condannata a pagare le retribuzioni maturate e non percepite dalla data della sospensione a quella dell'effettiva riammissione in servizio, e anche a rifondere alla ricorrente le spese legali.
Si tratta di una sentenza di primo grado contro cui la stessa azienda potrà presentare ricorso. I due presupposti che potrebbero costituire un precedente sono, appunto, la possibilità di rifiutare il consenso informato per le categorie con obbligo vaccinale e l'obbligo di valutazione di altra collocazione per il datore di lavoro.