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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

Veleni nell'acqua, "oltre 60mila le persone contaminate": le città coinvolte

Lo rivela lo Studio della Regione e dell'Iss su un campione di residenti in 29 comuni dell'area tra Vicenza, Padova e Verona. L'assessore alla Sanità: "I cittadini del Veneto parte lesa"

E' allarme nelle province venete di Vicenza, Verona e Padova. Secondo l'assessore regionale alla Sanità sono più di 60mila le persone contaminate nel cui sangue sono stati ritrovate varie sostanze derivanti dall'inquinamento da Pfas. La sigla sta per sostanze perfluoroalchiliche, “possibili cancerogeni” per lo Iarc, che avrebbero inquinato le falde acquifere dopo i quarantennali sversamenti dell'azienda chimica Miteni di Trissino, nel vicentino, come ricostruisce Il Corriere del Veneto. Nel sangue di 507 veneti sono stati ritrovate infatti concentrazioni "significativamente superiori" rispetto al resto della popolazione. A documentarlo il risultato del biomonitoraggio condotto dall'Istituto superiore di Sanità realizzato nei mesi scorsi. Sono coinvolte 250mila persone in tutto il Veneto e "più di 60mila persone residenti della zona a maggior impatto sono contaminate", ha riferito l'assessore Lucio Coletto. L'area maggior colpita è quella compresa dai comuni vicentini di Montecchio Maggiore, Lonigo, Brendola, Creazzo, Altavilla, Sovizzo, Sarego,  mentre la zona di controllo, a impatto minore, interessa i comuni di Mozzecane, Dueville, Carmignano, Fontaniva, Loreggia, Resana e Treviso. C'è anche il comune padovano di Montagnana, fra i siti veneti toccati dal fenomeno dell'inquinamento da Pfas.

Come riporta Il Fatto Qutodiano, secondo studi epidemiologici effettuati sulla popolazione della Mid-Ohio Valley, negli Usa, e su quella tedesca, i Pfas possono causare colesterolo alto, ipertensione, alterazione dei livelli del glucosio, effetti sui reni, patologie della tiroide e, nei soggetti iper esposti, tumore del testicolo e del rene”.

Il dramma dell'inquinamento in 20 foto

"In questa vicenda i cittadini del Veneto sono parte lesa. Per questo non abbiamo lesinato impegno e risorse", ha detto Coletto.

Tutto è partito nel 2013, dalla scoperta casuale dell'anomalia idrica, relevata nel corso di una ricerca del Cnr. L'Arpa inviò ai pm vicentini una nota che individuava come responsabile la Miteni di Trissino. Per tre anni il fascicolo è rimasto fermo negli uffici della Procura. “Non possiamo procedere perché i Pfas non sono previsti come inquinanti dalla legge italiana", avevano spiegato al ilfattoquotidiano.it fonti della Procura di Vicenza, aggiungendo che "non vi è indicazione del limite di concentrazione di queste sostanze nella acqua". Per contestare il reato di inquinamento delle acque serve "almeno uno studio epidemiologico". Ora la Regione Veneto, insieme al coordinamento dell'Iss, fa sapere di voler avviarne uno "della durata di dieci anni", partendo proprio dalle 60mila persone contaminate nella sola provincia di Vicenza. Coletto ha spiegato che le analisi saranno a carico della sanità regionale e verranno estese a tutti i 250mila cittadini residenti nelle province di Vicenza, Verona e Padova. Chi risulterà positivo agli esami verrà seguito con un protocollo di follow-up semestrale a partire da gennaio 2017. 

Le immagini dell'Ilva di Taranto

L'azienda di Trissino però si difende dall'accusa di aver inquinato per anni l'acqua della valle del Chiampo e dell'Agno, potenzialmente provocando gravi danni alla salute dei residenti della zona. "Un'area così vasta va necessariamente riferita al sistema di scarichi consortili a cui sono collegate centinaia di aziende del territorio. Miteni non produce più da anni Pfos e Pfoa, dal 2011, e ancora prima i reflui delle lavorazioni erano inviati a sistemi di trattamento esterni", fanno sapere, ricordano che l'azienda ha peraltro investito nel trattamento delle acque e in interventi ambientali negli ultimi anni oltre 15 milioni di Euro".

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