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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cinema

“Totò e la cultura sorridente”: Renzo Arbore racconta il Principe Antonio De Curtis

Cinquant’anni fa la morte del grande Totò. L’università Federico II di Napoli ha deciso di conferirgli una laurea honoris causa, su proposta di Renzo Arbore - L’intervista su Today.it

Il 15 aprile saranno cinquant’anni dalla morte di Totò. L’università degli Studi di Napoli Federico II ha deciso di conferirgli una laurea honoris causa alla memoria in “Discipline della Musica e dello Spettacolo. Storia e Teoria”, su proposta di Renzo Arbore, da sempre grande appassionato del “principe della risata”. Nel 1992, per il venticinquesimo anniversario della scomparsa, Arbore condusse uno speciale per la Rai dal titolo “Caro Totò, ti voglio presentare…”. Il 5 aprile, invece, sarà nell’Aula Magna della Federico II per una speciale “Laudatio”.

“Sono un uomo di spettacolo, ho iniziato facendo la radio, poi la televisione, il cinema, il teatro e tante altre cose, e ho sempre guardato a Totò come a un maestro”, racconta Renzo Arbore a Today.it. Antonio De Curtis è l’artista che “ha percorso tutte le discipline dello spettacolo, è partito dal suo rione Sanità ed è passato per il café chantant, il varietà, la rivista, il teatro, il teatrino e il teatrone, come pure il cinema, il cinemino e il cinemone, fino all’incontro con Pasolini”. 

“Totò è stato il maestro del sorriso”, spiega Arbore. “Grazie a una galleria di personaggi infiniti, ha raccontato l’umanità di un’Italia meravigliosa, soprattutto quella appena uscita dalla guerra. Finito quel periodo di odio e lotte fratricide, Totò ci ha consolato e ci ha fatto sorridere di nuovo”. Una “cultura sorridente”, quella di Totò, che a modo suo “ha educato il popolo: quelli che non avevano modo di leggere i giornali o i libri, ma che grazie a lui e ai suoi film leggeri uscivano dal cinema con una consapevolezza in più, capivano e pensavano”. Erano gli anni della ricostruzione, ricorda Arbore. Anni che in seguito, come lo stesso Totò, hanno trovato una rivalutazione, “come la classe politica di allora, che a quei tempi disprezzavamo ma che ha contribuito a fare l’Italia, a riunirci tutti”.

“La sua verve comica si è mangiata la sua grande valentìa d’artista. I suoi ruoli comici sono stati tanti e talmente divertenti che è stato identificato a lungo come un comico, quindi come un artista minore. Non come adesso che la comicità è considerata come più preziosa”. La “vulgata” vuole che Totò sia stato snobbato da tutti. “Ma si tratta di una versione vera al 75 per cento”, specifica Arbore. Nel restante quarto c’erano tanti nomi di intellettuali, “tra cui Moravia”, che amavano Totò e lo consideravano un artista. “Capivano che la sua era satira di costume". Poi è arrivato Goffredo Fofi, uno dei primi critici che negli anni Settanta lo sdoganò. “Scrisse che Totò non era solo quello delle battute comiche, ma anche tante altre cose, che denotavano la sua statura d’artista”. 

Un legame strettissimo, quello tra Totò e Renzo Arbore, pur non essendosi i due mai incontrati. “Lo vidi una volta in Francia, era con Franca Faldini. Era così innamorato, non me la sono sentita di avvicinarmi. Sarebbe stato forse anche contento, ma io ero molto timido. Quando è morto ho passato una giornata intera sotto casa sua, ma non ho avuto il coraggio di salire. Ero a Roma da poco, non conoscevo nessuno. Mi sembrò indelicato. Ma con Totò ho sempre sentito una grande vicinanza. Da sempre. Dall’infanzia fino - ahimè - oggi anche nella terza età”.

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