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Mercoledì, 22 Marzo 2023
La denuncia / Fermo

Cacciatore le uccide il cane: "Dopo avergli sparato mi hanno anche riso in faccia"

"Non sono neanche libera di fare una passeggiata con il cane dentro casa mia" racconta a Today.it Francesca Bertolutti, padrona di Kiran, il cane ucciso da un cacciatore all'interno della sua proprietà in provincia di Fermo: "Dice di averlo scambiato per un cinghiale, ma i bossoli erano molto vicini"

È sempre difficile darsi pace dopo la morte del proprio animale. Ancor più difficile è accettare che questa sia avvenuta per mano d'altri, per uno "scambio di animale", all'interno di una proprietà privata. Un luogo che doveva essere sicuro e dove invece ha incontrato il suo triste destino Kiran, un cane di circa un anno e mezzo ucciso da un cacciatore lo scorso 15 gennaio a Fermo. Un dramma per cui chiede giustizia Francesca Bertolutti, tecnico veterinario con una laurea magistrale in scienze naturali, originaria di Udine e che da un anno è mezzo si è trasferita in provincia di Fermo in una casa in campagna circondata da 30 ettari di terreno: "Hanno strappato via una parte di me e non si sono degnati neanche una volta di contattarmi per chiedermi scusa, per dire "mi dispiace". Ogni giorno sento la sua mancanza".

Kiran, ucciso per errore da un cacciatore 

L'incubo di Francesca è iniziato circa due settimane fa, quando il suono di uno sparo ha spezzato il silenzio e la vita di Kiran: "Abbiamo 11 cani che utilizziamo nelle nostre attività e che vivono in una zona recintata all'interno del nostro terreno, ma una 2-3 volte al giorno io o il mio compagno li portiamo a fare una passeggiata all'esterno, un tragitto che facciamo quotidianamente e che si trova sempre all'interno della mia proprietà. Una "sgambata" a cui partecipava anche Kiran, che era il mio cane, oltre ad essere un membro fondamentale del gruppo".

Quel giorno c'era il compagno di Francesca, che dopo aver sentito lo sparo a distanza ravvicinata ha subito comunicato ai cacciatori la sua presenza, chiedendo di fare attenzione proprio ai cani. Rientrando verso casa, l'uomo si è accorto dell'assenza di Kiran ed è tornato nella zona dove sostavano i cacciatori, scoprendo cosa era successo: "Perché non hanno detto subito che avevano sparato a qualcosa? - si chiede Francesca - Quando il mio compagno non l'ha visto tornare a casa è saltato in macchina ed è corso dove aveva sentito lo sparo. Soltanto in un secondo momento i cacciatori hanno ammesso di aver sparato al cane, senza però volerci dire dove era il corpo. Soltanto dopo un'accesa discussione e un loro tentativo di fuga, siamo riusciti ad andare in questura". Successivamente la ragazza ha denunciato l'accaduto anche sui social, postando sul suo profilo Facebook anche le immagini del povero Kiran, ormai senza vita, con il foro di un proiettile partito da un fucile di grosso calibro. 

Il dolore di Francesca; "Nessuno mi ha chiesto scusa"

L'abitazione di Francesca si trova all'interno di una proprietà di 30 ettari, un terreno enorme in cui spesso portano a passeggiare i cani: "Soltanto una parte della proprietà è recintata - ha spiegato a Today - il corpo di Kiran si trovava in mezzo ai rovi, proprio al limite tra il nostro terreno e quello confinante, un'altra proprietà privata. Una zona distante 30 passi da una strada provinciale e non molto lontano da altre abitazioni". 

Francesca Bertolutti insieme a Kiran (Foto di Francesca Bertolutti)

Il regolamento attualmente in vigore consente ai cacciatori di entrare nelle proprietà private altrui, ma adesso Francesca viva nel terrore di ripassare in quel posto, temendo che ci possa essere qualcun'altro pronto a sparare: "Non sono neanche libera di fare una passeggiata con il cane dentro casa mia, ho il timore di passare lì ogni giorno, perché ogni volta mi rivedo la scena, un uomo che spara al mio cane, a 20 metri di distanza dal mio compagno. E non solo, neanche mi chiedi scusa, ma anzi, quasi mi ridevano in faccia mentre piangevo. Nessuno da quel giorno ad oggi, ha mai alzato il telefono per chiamarmi e dirmi "scusa, è stato un errore" È inaccettabile pensare che ci sia qualcuno che spara nella mia proprietà, all'ora di pranzo, in pieno giorno".

La denuncia per maltrattamenti

"L'ho scambiato per un cinghiale". Quando Francesca parla di "errore" fa riferimento alla versione raccontata dal cacciatore, che ha detto di aver sparato a Kiran dopo averlo scambiato per un cinghiale. Un racconto che non convince la padrona del cane: "I cacciatori dovrebbero avere una grande conoscenza degli animali, mi risulta difficile che abbia confuso un cane con un cinghiale. Non puoi sparare alla prima cosa che si muove. Non si trovava in una zona boschiva, ma in un terreno in cui non c'è nulla. Inoltre, i bossoli sono stati trovati a a circa 5-7 metri dal corpo di Kiran, una distanza minima in cui è difficile non vedere a cosa si sta sparando".

Dopo l'accaduto Francesca e il suo compagno hanno subito contattato un legale: "Abbiamo sporto denuncia, accusandolo anche di intenzionalità, chiedendo l'immediata sospensione del porto d'armi. Procederemo con la causa civile e quella penale per il reato di maltrattamento di animali. La cosa che più mi fa rabbrividire - ha aggiunto Francesca - è che loro mi hanno tolto una parte di me e non si sono mai scusati. Lo so che le scuse non mi riporterebbero indietro Kiran, ma come puoi non sentirti neanche un po' in colpa per aver distrutto una parte della mia vita. Invece no, neanche una chiamata: il fatto che mi abbiano riso in faccia mi fa capire che non sai cosa hai tolto a una persona".

Il ricordo: "Ogni giorno sento la sua mancanza"

Infatti, al di là di cosa potrà succedere in tribunale, esiste una triste verità: Kiran non tornerà più. La parte più difficile, quella più dura, di tutta questa storia, rimane il dover fare i conti con il dolore di una perdita improvvisa e ingiustificabile, un vuoto impossibile da colmare, come quello rimasto nel cuore di Francesca: "Kiran non era solo un cane, era tanto di più, era la mia vita. Era giocherellone ma anche molto ubbidiente, tanto equilibrato da essere una guida e un sostegno per tutti gli altri cani. Era sempre allegro, quando avevi una giornata storta bastava guardare un attimo i suoi occhi dolci e tutto passava. Ogni giorno sento la sua mancanza, ogni giorno sempre di più. Oltre alla perdita affettiva enorme e inimmaginabile, dietro a quel cane per noi si celava un enorme valore professionale: Kiran infatti era un cane utilizzato nel nostro lavoro per le aggregazioni sociali per il suo grande equilibrio e la sua enorme competenza sociale".

"Risarcimento? Non esiste una cifra valida per compensare la sofferenza - ha concluso Francesca - La mia speranza è che a questa persona non venga restituito il porto d'armi, perché se non sei in grado di rispettare delle regole rigide come quelle della caccia, o non sei in grado di distinguere un cane da un cinghiale, è meglio che tu non abbia un'arma tra le mani. Purtroppo quello di Kiran non è il primo caso e non sarà neanche l'ultimo, ma vorrei che la mia storia porti ad una riflessione su cosa viene concesso, sulla facilità con cui si può ottenere un'arma, con la speranza che nessun'altro provi quello che sto provando io". Un dolore impossibile da accettare, ma che magari smuoverà qualche coscienza e potrà servire ad evitare che in futuro ci siano altri Kiran. 

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