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Giovedì, 18 Aprile 2024
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"Se perdiamo questo lavoro, la Sicilia sprofonda"

Sono lavoratori dei call center di Almaviva, l'unica azienda del settore che ancora non aveva delocalizzato: "Metteranno in ginocchio la Sicilia: nessuno di noi troverà un altro lavoro"

Avevano organizzato un presidio con centinaia di lavoratori a Palermo, davanti all'ex fabbrica Sandron, dove si stava svolgendo la "Leopolda Siciliana". Perché tra i lavoratori di Almaviva ci sono mille e 500 dipendenti e 200 lavoratori a progetto che adesso rischiano di perdere il posto. Sono gli stessi, uomini e donne, che qualche giorno prima si erano dati appuntamento in via Libertà, sempre a Palermo, davanti alla Wind. I licenziamenti sono stati annunciati dai proprietari, che hanno parlato di una "situazione critica", dovuta alla perdita di alcune commesse relative ai comuni di Roma e Milano e al rischio di perdere anche quella della Wind. 

LICENZIAMENTI COLLETTIVI - Se Almaviva perdesse anche Wind, si aprirebbero i licenziamenti collettivi e quasi tutti coloro che lavorano negli stabilimenti siciliani rischierebbero di perdere il posto: "Se l'azienda dovesse iniziare una politica di taglio a fronte di commesse perse perché non siamo più sul mercato, per la Sicilia sarebbe la rovina sociale: sono 6mila lavoratori collocati in un'età media di circa 40 anni, con 10 anni di anzianità, che difficilmente sul territorio troverebbero reimpiego" spiega Eliana Puma, responsabile del dipartimento legale di Fistel Cisl Palermo-Trapani. 

SANZIONI NON APPLICATE - Quel giorno i lavoratori in protesta hanno strappato una promessa al sottosegretario Graziano Delrio: l'impegno per riaprire il tavolo di trattativa al ministero dello Sviluppo economico. Una delegazione di lavoratori e sindacalisti ha anche raggiunto Roma, dove ha incontrato Carlo Leoni, consigliere della presidente della Camera Laura Boldrini. Il tutto perché Almaviva, a differenza di altre aziende nello stesso settore, ha deciso per statuto di non delocalizzare e adesso per questo si trova in maggiore difficoltà: "L'articolo 24 del decreto sviluppo del 2012 prevede che l'utente finale che chiama un call center venga informato e possa scegliere se gestire la chiamata e i propri dati personali in Italia o all'estero. Chi non dà all'utente questa possibilità dovrebbe pagare una sanzione di 10mila euro per ogni giorno di sgarro. Così ci sarebbe un deterrente alle aziende che delocalizzano e i dati personali degli utenti sarebbero tutelati dalla legge italiana. Ma queste sanzioni all'oggi non sono mai state applicate" spiega Rosalba Vella, delegata sindacale Slc Cgil ma anche lavoratrice dello stabilimento Almaviva di Palermo. 

Così, anche se la legge lo prevede, non c'è un effettivo deterrente per le delocalizzazioni del servizio. Adesso lavoratori e sindacati aspettano una convocazione per settimana prossima, una riapertura del tavolo di trattativa ma soprattutto che si salvino le oltre mille e settecento famiglie a rischio. Perché una chiusura degli stabilimenti siciliani di Almaviva non sarebbe tragico solo per chi perderebbe il lavoro, ma anche per la Sicilia intera: "Il 60% di Almaviva è in Sicilia e gran parte a Palermo. Chiudere una sede significherebbe condannare l'azienda al crollo e la Regione al collasso" continua Vella. In effetti Almaviva aveva puntato molto sulla Sicilia: dal 2015 aveva spostato la sede legale dell'azienda da Roma a Palermo e tutti gli abitanti del capoluogo siciliano se non ci lavorano, hanno un parente o un amico che lavora qui. 

PERDERE IL LAVORO E MANTENERE LA FAMIGLIA - Gianluca ha 35 anni e ha iniziato a lavorare ad Almaviva nel 2004 e dal 2007 aveva un contratto part-time a tempo indeterminato. E' uno dei lavoratori che rischia di perdere il posto: "Per i licenziamenti verrebbero stabiliti dei criteri: chi non ha a carico famiglia e figli, come me, è più a rischio - ci spiega - Si è parlato degli esuberi ma non cosa potrebbe succedere dopo, lasciando il discorso a metà. Dicono che stanno cercando una soluzione ma in realtà la situazione è molto grave: ci sono coppie di lavoratori di Almaviva che rischiano il licenziamento insieme e il tracollo familiare". Chi lavora ad Almaviva ha una formazione diversa: c'è chi ha il diploma e chi ha la laurea o addirittura master. Ma trovarsi disoccupato in Sicilia ai tempi della crisi significherebbe cercare lavoro in un territorio in cui la disoccupazione è arrivata al 40% e Almaviva in tutta la Regione dà lavoro a quasi 6mila persone.

LA QUESTIONE DEI CALL CENTER - Il problema di Almaviva però non si risolverebbe semplicemente esorcizzando i licenziamenti: la maggior parte delle aziende del settore ha delocalizzato il servizio, abbassandone i costi e vincendo le gare al massimo ribasso, nei bandi aperti dalle aziende per appaltare i vari servizi di comunicazione. Molti degli operatori dei call center che ci rispondono ai servizi di customer care non sono in Italia: così l'azienda paga meno la manodopera ma la privacy degli utenti è a rischio, non essendo sotto la normativa di tutela del nostro Paese. Per questo azienda, lavoratori e sindacalisti hanno lanciato un appello al governo: "Delle gare al massimo ribasso, dei cambi di appalto e delle delocalizzazioni le conseguenze le pagano i lavoratori, con la perdita del posto. Finora Almaviva era l'unica che ancora non aveva delocalizzato ma questa normativa l'ha penalizzata per questo. Ma se perdiamo questo lavoro non troveremo altro. Cosa farà il Jobs Act quando il lavoro non ci sarà più per nessuno?" conclude Vella.

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