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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca Torino

"Sono stata licenziata perché non indossavo la minigonna e non mettevo i tacchi"

Finisce davanti al tribunale del lavoro la storia di Alice, 25 anni: "Il titolare mi costringeva a dare da mangiare una cavia a un serpente in ufficio"

Alice aveva 25 anni quando è stata assunta come impiegata in una piccola azienda del torinese. Un buon lavoro con un buono stipendio, racconta oggi La Stampa, ma con un dress code: gonna e tacchi alti. E una richiesta un po' bizzarra: "Al mattino dovevo prendermi cura di un serpente in una teca. Salire degli scalini e dargli da mangiare. Una sorta di rituale, con il capo che mi osservava. Richieste che mi avevano lasciata interdetta. Ma non trovavo il coraggio di oppormi. Avevo paura di rimanere senza nulla". 

"Sono stata licenziata perché non indossavo la minigonna e non mettevo i tacchi alti"

Lei dice oggi che successivamente è stata licenziata con l'accusa di inadempimenti contrattuali, ma anche che la realtà è diversa: "Ad un certo punto non avevo più tollerato le avances del titolare e le sue pretese". Per questo ha successivamente impugnato il licenziamento davanti al tribunale del lavoro e ha raccontato ai giudici le umiliazioni che era stata costretta a subire: "Non ne avevo mai parlato prima perché non volevo perdere il posto. Dover indossare obbligatoriamente minigonna e tacchi a spillo mi era sembrato strano, mi infastidiva. Ma avevo paura di farmi avanti. Temevo di essere giudicata, emarginata. Poi, dopo l’ennesima ingiustizia, l’ennesima violenza, ho deciso di parlare, di ribellarmi".

E il bello della storia è che alcune ex colleghe si sono presentate in tribunale per raccontare i ricatti psicologici del titolare dell'azienda, un 40enne che costringeva tutte le impiegate a offrire le cavie a un serpente in gonna e tacchi alti. L'avvocata Franca Zappata racconta al quotidiano di Torino che si è più volte trovata ad affrontare situazioni come questa: "È proprio in questi ambienti che, purtroppo, le donne soffrono maggiormente. C’è ancora oggi l’idea che una donna debba accettare situazioni scomode, anche dal punto di vista psicologico, pur di conservare il posto di lavoro. Che certe richieste e certi atteggiamenti siano la normalità". 

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