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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Lidia Menapace è morta

L'agenzia di stampa Ansa scrive che l'ex partigiana e senatrice è deceduta alle 3.10 nel reparto di malattie infettive dell'ospedale di Bolzano.  dopo essersi ammalata di Covid-19

Lidia Menapace è morta a 96 anni per le complicazioni di Covid-19. L'agenzia di stampa Ansa scrive che l'ex senatrice è deceduta alle 3.10 nel reparto di malattie infettive dell'ospedale di Bolzano. Menapace, all'anagrafe Lidia Brisca, nel 1964 da militante della Democrazia Cristiana, è stata la prima donna eletta in consiglio provinciale a Bolzano - l'altra era Waltraud Gebert Deeg (Svp) - e la prima donna a sedere in giunta provinciale.

Chi era Lidia Menapace

Nata a Novara il 3 aprile 1924 (all’anagrafe Lidia Brisca), Lidia Menapace prende parte giovanissima alla Resistenza come staffetta partigiana. Entra in una formazione della Val d’Ossola diventando sottotenente con il nome di battaglia “Bruna”. A 21 anni si laurea con il massimo dei voti in Letteratura italiana all’Università Cattolica di Milano. Il dopoguerra la vede impegnata nei movimenti cattolici, in particolare la Fuci (Federazione universitaria cattolica italiana) e poi nella Democrazia Cristiana.

Nel 1964, candidata con la DC, viene eletta prima donna nel Consiglio Provinciale di Bolzano, dove si era trasferita dopo il matrimonio con il medico trentino Nene Menapace (morto nel 2004), diventando assessora effettiva per affari sociali e sanità. Nei primi anni Sessanta diviene di lettore di Lingua italiana e metodica degli studi letterari all’Università Cattolica: l’incarico non le viene rinnovato nel 1968 dopo la pubblicazione del documento “Per una scelta marxista”. Dopo la uscita in quello stesso anno dalla Dc, Menapace si avvicina al Partito Comunista Italiano. Nel 1969 è tra i fondatori del primo nucleo del manifesto, sul quale scriverà regolarmente fino alla metà degli anni Ottanta. Nel 1973 è tra le promotrici del movimento Cristiani per il Socialismo. Dal 2006 al 2008 senatrice di Rifondazione comunista, nel 2011 è entrata nel Comitato Nazionale dell'Anpi.

“Dobbiamo uscire da questo virus e fare ripartire la politica”, aveva detto in un’intervista a Repubblica alla vigilia del 25 aprile. “Immagino a gruppi di persone che pensino a cambiare le cose dentro un grande movimento di cambiamento. Una vita politica in cui ciascuno vede cose che non funzionano e si impegni per trasformarle, in cui le cose sbagliate siano raddrizzate. Non però creando frammentazioni e tanti piccoli partiti. Direi: dopo l'epidemia, ricominciamo dalla politica”. 

“Se non ci fossero state le donne non ci sarebbe stata la Resistenza, punto e basta”, ricordava Lidia Menapace nel capitolo dedicato a lei del libro di Gas Lerner e Laura Gnocchi “Noi partigiani” (Feltrinelli).

“Una donna minuta, ironica per vocazione e anticonformista nel profondo, nella vita pubblica e in quella privata, nelle idee e nello stile di vita. Una femminista che amava il movimento delle donne, cocciutamente intransigente nell’uso del linguaggio, capace di spiegare con semplicità e grande cultura quanto danno potesse fare l’uso sbagliato delle parole, specialmente nelle questioni di genere”, scrive la redazione del manifesto in un ricordo. Menapace è considerata una delle voci più importanti del femminismo italiano. 

Il ricovero per Covid-19

Il 3 dicembre scorso l'Anpi Alto Adige aveva annunciato il suo ricovero per Covid-19: “Lidia Menapace sta male. Abbiamo avuto notizie di un suo ricovero a Bolzano a causa di questo maledetto covid. Le condizioni sembrano molto gravi”. A partire dagli anni '70 Menapace è presente nella politica attiva in associazioni, movimenti, incarichi istituzionali con un impegno che si caratterizza da subito e sempre per il femminismo e il pacifismo. Nel 1973 è tra le promotrici del movimento Cristiani per il Socialismo. Nei primi anni Ottanta è consigliere a Roma nelle liste del Partito democratico di unità proletaria. Nel 2006-2008 è senatrice eletta nelle liste di Rifondazione Comunista. Proposta alla presidenza della Commissione Difesa di Palazzo Madama, la sua candidatura fu bocciata per il suo irriducibile pacifismo, anzi "antimilitarismo", come rivendicava l'interessata. Nel 2007 venne eletta presidente della commissione parlamentare d'inchiesta sull'uranio impoverito. Nel 2009 si candida alle elezioni europee nella lista anticapitalista Prci-PdCI nella circoscrizione Nord-Est senza essere eletta a causa del mancato raggiungimento della soglia di sbarramento prevista dalla legge elettorale. Nel 2011 entra a far parte del Comitato Nazionale Anpi. Nel 2018 ha accettato di candidarsi per il Senato con Potere al Popolo! pur sapendo che non sarebbe stata eletta. E' autrice dei libri autobiografici: "Io, partigiana. La mia Resistenza" (Piero Manni Editore, 2014) e "Canta il merlo sul frumento. Il romanzo della mia vita" (Piero Manni Editore, 2015). A Menapace è stato conferito il Premio Margherita Hack - Personaggio laico dell'anno 2019.

Lidia Menapace è stata una delle attiviste femministe più note per quasi 60 anni, tra le prime a mettere l'accento sull'importanza del linguaggio sessuato come strumento fondamentale contro il sessismo. Nell'Unione Donne Italiane (Udi) ha guidato la stagione politicamente più creativa contribuendo all'uscita dell'associazione dallo stallo generato dall'XI Congresso del 1982, attraverso l'innovazione delle forme politiche nelle responsabilità condivise, proponendo un "Patto tra pensieri politici teoricamente incomponibili". Come attivista pacifista, Menapace ha proposto la Convenzione permanente delle donne contro tutte le guerre e la scuola politica sotto l'egida di Rosa Luxembourg. 

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