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Sabato, 20 Aprile 2024
Bimbo morto a Ragusa

Loris, orrore nell'orrore: morì con i polsi legati dalle fascette

I risultati dell'autopsia sul corpo del piccolo non lasciano dubbi: quando è morto Loris aveva i polsi legati. I segni sulle braccia sono simili a quelli sul collo: le fascette usate sarebbero le stesse

RAGUSA - Ancora le fascette. Ancora loro. Le stesse che quel ventinove novembre mattina hanno soffocato Loris, il bimbo di otto anni ucciso sabato scorso a Santa Croce Camerina. Le stesse che solo due giorni dopo la mamma del piccolo, Veronica Panarello, ha consegnato a una maestra, nonostante l'insegnante abbia giurato che quel tipo di oggetto non è mai stato usato a scuola. Le stesse che, è questa l'ultima novità degli esami effettuati sul cadavere del bimbo, stringevano i suoi polsi mentre qualcuno lo strangolava.  

Per l'autopsia, quando è stato ucciso, o poco prima, ad Andrea Loris Stival sono stati legati i polsi, in modo da tenergli le mani attaccate l'una all'altra. Gli esami autoptici hanno accertato segni evidenti, provocati probabilmente dalle stesse fascette utilizzate per ucciderlo, solo sulla parte superiore di entrambi i polsi.

Prima di essere ucciso e buttato nel canale in località Vecchio Mulino - dove, sostengono gli inquirenti, l'auto della mamma di Loris ha sostato per almeno sei minuti - il piccolo è stato legato. Come se qualcuno volesse evitare che il bimbo potesse in qualche modo difendersi. Una fascetta ai polsi per tenerlo fermo. E una al collo per ucciderlo. 

Impossibile al momento stabilire dove Andrea Loris sia stato ammazzato. Quel che è certo è che il suo corpo è stato trovato alle 16.50 di quel tragico sabato dal cacciatore Orazio Fidone, al momento ancora l'unico indagato nell'inchiesta aperta dai pm per "sequestro di persona" e "omicidio volontario". Ma l'uomo, che si è professato innocente sin dal primo momento, continua a sostenere che lui con la morte del bimbo non ha nulla a che fare. 

"Sono sereno - ha commentato sabato - lo rifarei. Oggi mi sento più sollevato - ha ammesso - anche se non ho mai avuto paura di restare impigliato" nella rete delle indagini. L'importante, per il cacciatore è che "i giornalisti separino i due fatti, il paese e quello che è accaduto, perché la nostra è una comunità sana". Una comunità che, però, potrebbe nascondere in sé un killer. 

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