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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

È ancora troppo facile avere un'arma legale in Italia: 10 anni fa l'omicidio di Luca e Jan

Era il 23 luglio 2010: due uomini strappati per sempre ai loro cari perché una persona aveva una licenza per uso sportivo (e un'arma) che non avrebbe mai dovuto avere in un paese civile. Gabriella Neri a Today: "Ci sono due famiglie e tanti amici distrutti da dolore, incredulità, rabbia. Costruiamo ogni giorno una realtà oltre la morte"

Le armi legali uccidono. Solo negli ultimi giorni è successo ad Aprilia, Borgotaro, Carmagnola. Oggi 23 luglio ricorre il decimo anniversario dalla tragedia della Gifas-Electric di Massarosa. "Non è più accettabile che persone instabili e mentalmente disturbate possano detenere legalmente armi da fuoco a causa di leggi che tutelano la privacy dei possessori di armi invece dell’incolumità di familiari, amici e conoscenti. In Italia è ancora troppo facile ottenere una licenza per armi. Se davvero vogliamo prevenire omicidi e delitti è urgente rivedere le norme a cominciare dalle comunicazioni tra medici, questure e prefetture". Sono le parole di Gabriella Neri a dieci anni esatti dall’efferato omicidio di suo marito, Luca Ceragioli e di Jan Hilmer, rispettivamente direttore e responsabile amministrativo dell’azienda “Gifas Electric” di Massarosa (Lucca), per mano dell’ex dipendente Paolo Iacconi. 

Era il 23 luglio 2010: Iacconi, invitato per un colloquio presso l’azienda con cui in passato aveva collaborato, sparò 5 colpi con una pistola regolarmente detenuta con licenza per “uso sportivo” uccidendo all’istante Ceragioli e Hilmer: si rifugiò quindi nei bagni dove si suicidò. Originario di Sacile (Pordenone), l'uomo, 51 anni, era notoriamente disturbato psichicamente e aveva un trascorso di ricoveri ospedalieri per trattamento sanitario obbligatorio (Tso). In passato aveva tentati più volte il suicidio, ma nonostante tutto ciò continuava a detenere l’arma in base ad una regolare licenza “per uso sportivo” che non gli era mai stata revocata. Luca Ceragioli, 48 anni, era sposato con Gabriella Neri ed era padre di due figlie, Giulia e Claudia, rispettivamente di 20 e  21 anni. Jan Hilmer era originario di Lubecca in Germania e viveva a Lucca. Da poco più di un mese era diventato padre di un bambino, Tommaso.

Da otto anni l’associazione 'Ognivolta onlus - familiari e amici di Luca e Jan', che è stata fondata a seguito di quella tragedia, chiede la revisione della legge sulla detenzione delle armi da fuoco ed in particolare l’introduzione di norme per prevenire illeciti, come la tempestiva comunicazione alle questure e prefetture da parte del  medico curante e delle Asl nei casi in cui il legale detentore di armi divenga affetto da problemi psicologici o sia sottoposto a trattamenti che ne alterano lo stato mentale" dice Gabriella Neri, presidente dell’associazione. Secondo la legge attuale, infatti, i controlli medici per le varie licenze per armi vengono effettuati solo ogni cinque anni: un periodo in cui, possono verificarsi problemi psichici e mentali, che però né il medico curante, né le Asl possono comunicare alle autorità competenti, permettendo di fatto al possessore di licenza di continuare a detenere le armi. "Dobbiamo purtroppo constatare che, nonostante in questi anni siano stati presentati diversi disegni di legge, le norme sono rimaste pressoché  invariate ed anzi l’accesso legale alle armi è stato addirittura reso più facile". 

Nel corso di questi anni diversi parlamentari si sono interfacciati con l’associazione “Ognivolta onlus” per presentare disegni di legge riguardo alla detenzione di armi. Tra questi ricordiamo il Disegno di Legge n. 583, d’iniziativa delle senatrici Manuela Granaiola e Silvana Amati (Partito democratico), “Modifiche alla normativa per la concessione del porto d’armi e per la detenzione di armi comuni da sparo e per uso sportivo”, comunicato il 30 aprile 2013 alla Presidenza del Senato della Repubblica. Nella legislatura in corso è stato depositato il 4 aprile 2019 al Senato dai senatori Mattia Crucioli e Gianluca Ferrara (Movimento 5 stelle), il Disegno di Legge n. 1211, “Istituzione della banca dati centrale informatizzata per i soggetti detentori di armi o in possesso del porto d’armi” che contempla, fra i vari punti, l’istituzione di un’anagrafe informatizzata per il collegamento fra le strutture sanitarie e le autorità preposte al rilascio e al rinnovo del porto d’armi, affinché si possa tempestivamente rifiutare o revocare il medesimo a soggetti psichicamente non idonei. L’Associazione “Ognivolta onlus” sostiene questo disegno di legge e chiede che venga esaminato ed approvato il più presto possibile.
 
Come confermano i tre casi di omicidio (femminicidio) e suicidio che si sono succeduti la scorsa settimana a Borgotaro (Parma), Aprilia (Latina) e Carmagnola (Torino), le armi legalmente detenute (non solo licenze per uso sportivo, sia chiaro) sono lo strumento più usato per commettere omicidi di familiari, parenti e conoscenti. Un ampio studio pubblicato lo scorso anno dall’istituto Ricerche Economiche e Sociali Eures dal titolo 'Rapporto su caratteristiche, dinamiche e profili di rischio dell’omicidio in famiglia', documenta che le armi da fuoco sono lo strumento più frequentemente utilizzato anche negli omicidi nell’ambito di prossimità. 
 
L’associazione 'Ognivolta onlus - familiari e amici di Luca e Jan' è stata costituita il 23 luglio 2012, due anni dopo l’omicidio di Luca Ceragioli e Jan Hilmer, allo scopo di sostenere i diritti delle vittime di armi da fuoco legalmente detenute e dei loro famigliari, per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle problematiche relative alla detenzione di armi da fuoco e per promuovere le iniziative, in campo legislativo, medico, culturale e sociale, per prevenirne gli abusi e individuarne i rimedi. "Dopo la tragedia che ci ha colpito – spiega Gabriella Neri, presidente dell’associazione – ci siamo trovati a riflettere con tanti amici e persone che ci sono state vicine. Abbiamo scoperto insieme che era necessario trasformare il dolore e la rabbia in energie positive e utili anche per altre persone, per fare in modo che delitti come quello che ha visto vittime mio marito e il suo collega non si ripetessero più. La strada non è stata sempre facile e il nostro entusiasmo è stato spesso frenato dallo scoramento nel vedere un mondo che sembra voglia armarsi sempre di più. Ma in questi anni abbiamo conosciuto molte persone e molte realtà che hanno sostenuto e incoraggiato il nostro cammino e a cui siamo davvero grati: i comitati dei familiari delle vittime delle armi da fuoco, i rappresentanti del civismo dedicato a questo problema, i centri studi e di ricerche come l’Osservatorio permanente sulle armi leggere e le politiche di sicurezza e difesa (OPAL) di Brescia, l’istituto Ricerche Economiche e Sociali Eures, scrittori, giornalisti, attori, cantanti persone del mondo dello spettacolo. Ma anche tanti insegnanti e studenti delle scuole incontrati in questi anni. Abbiamo, infatti, sempre voluto confrontarci con tutti e veicolare il nostro messaggio in tanti modi diversi: dagli incontri nelle scuole ad eventi culturali ed artistici, dai momenti di approfondimento, a quelli di intrattenimento attraverso cui abbiamo cercato di coinvolgere un numero sempre maggiore di persone di tutte le età e provenienze sociali". 
 
"Dopo dieci anni dal dramma che ha colpito la nostra comunità - continua Neri - e dopo tutte le altre tragedie che l’hanno preceduta e seguita, auspichiamo una presa di coscienza effettiva da parte di tutta la classe politica, senza distinzioni: deve essere posta fine almeno a quelle morti per arma da fuoco detenuta legalmente da soggetti psichicamente compromessi. Come ha ammonito il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, due anni fa ricordando un fatto tragico di quei giorni ed alla viglia dell’approvazione di norme che hanno reso più facile la detenzione di armi: 'L’Italia non può assomigliare al Far West, dove un tale compra un fucile e spara dal balcone colpendo una bambina di un anno, rovinandone la salute e il futuro. Questa è barbarie e deve suscitare indignazione'".

Luca Ceragioli-2Un'immagine di Luca Ceragioli: era sposato con Gabriella Neri e quando fu ucciso le due figlie, Giulia e Claudia, avevano rispettivamente 20 e  21 anni​

Abbiamo contattato Gabriella Neri, che affida a Today una toccante riflessione personale: "23 luglio 2010 - 23 luglio 2020: 10 anni, due cifre che racchiudono un tempo infinito, a volte troppo veloce, a volte immobile, a volte facile, spesso maledettamente complicato. Dietro questa tragedia ci sono due famiglie e tanti amici distrutti dal dolore, incredulità, rabbia. C’è la storia di chi ci ha lasciato. L’onestà, l’intelligenza, la sensibilità, la generosità e la voglia di un mondo migliore attraverso scelte concrete, sono solo alcuni dei valori che Luca ha trasmesso a me e  alle mie figlie, permettendoci di trovare la forza per continuare a farli vivere e germogliare anche attraverso la nostra associazione "Ognivolta onlus". 'La morte non chiude la Storia' diceva Don Sirio Politi, uomo di fede e prete operaio: la nostra strada va in questa direzione, perchè le nostre battaglie per l'ottenimento di  norme che tutelino la sicurezza delle nostre collettività e la ricerca di un confronto pacifico e non armato, ci permettono di costruire ogni giorno una realtà che va oltre il dolore e la morte". 

Su Today l'abbiamo scritto più volte. Non esiste un rapporto specifico del Viminale su quante licenze (compresi i nulla osta) ci siano in Italia, "ma anche e soprattutto su quanti siano gli omicidi e i tentati omicidi con armi legalmente detenute" ci ha detto tempo fa Giorgio Beretta di OPAL. Di fatto l'Italia non si è mai adeguata "agli standard internazionali che suddividono gli omicidi in 5 categorie: omicidi di criminalità organizzata, omicidi di criminalità comune, omicidi nella sfera familiare interpersonale, omicidi per terrorismo e omicidi politici. Solo questo ci può permettere di capire se esiste un trend" di cui tenere conto per valutare l'adeguatezza delle attuali norme per le licenze. E serve una banca dati comune più efficace, che permetta uno scambio di dati tra le istituzioni preposte al rilascio del porto d’armi e medici.

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Un'immagine di Jan Hilmer: quando fu ucciso era diventato padre da poche settimane

Dieci anni fa, in una giornata di mezza estate, due uomini furono strappati per sempre ai loro cari perché una persona aveva una licenza per uso sportivo (e un'arma) che non avrebbe mai, mai, mai dovuto avere in un paese civile. La licenza per uso sportivo, insieme col nulla osta, resta la più semplice da ottenere e non si può non avere il dubbio che l’intenzione di una parte dei richiedenti (non sta a noi dire se piccola o grande, anche una sola licenza concessa con poca attenzione è un rischio concreto) non sia quella di praticare uno sport al poligono, ma di poter avere delle armi a disposizione. Sono passati 10 anni da quel tragico giorno alla Gifas-Electric di Massarosa. E' cambiato qualcosa da allora? Le morti per armi da fuoco detenute legalmente (con licenze di varia tipologia) si susseguono, implacabili. Fare qualcosa a livello legislativo spetterebbe a una classe politica degna di questo nome. Noi possiamo fare soltanto una cosa: continuare a mettere con convinzione il tema al centro del dibattito pubblico, per onorare la memoria di chi non c'è più, ma anche se non soprattutto per supportare le famiglie che, di fronte al più profondo dei dolori, trovano la forza di battersi pubblicamente per un futuro diverso. Di pace.

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