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Martedì, 16 Aprile 2024
Cronaca

Lucia Uva: "Mio fratello di diritti non ne ha avuti"

Nella giornata mondiale dei diritti umani Lucia Uva ricorda la vicenda del fratello Giuseppe: "Di diritti non ne ha avuti. Voglio io adesso il diritto di giustizia e verità". Stasera a La7 sarà ospite a La Linea Gialla, insieme al suo avvocato, Fabio Anselmo

"Mio fratello di diritti non ne ha più avuti dal momento in cui è stato arrestato illegalmente quella sera nel giugno 2008. Spero che mi resti almeno il diritto di sapere esattamente cosa gli è successo" questo il commento che Lucia Uva scrive su facebook il giorno della Giornata internazionale dei diritti dell'uomo. Da cinque anni porta avanti una battaglia per chiedere verità e giustizia su quello che lei stessa ha definito un 'sequestro in caserma' subito da suo fratello Giuseppe.

"Non c'è un documento che dica che lui è stato arrestato. Semplicemente gli hanno negato tutti i diritti: gli è stato negato di chiamare l'avvocato e la famiglia. Gli hanno negato le cure perché era ferito ed è rimasto in caserma. Il poliziotto che lo fermò gli disse 'Uva, te cercavo'. Ho sempre pensato che la morte di mio fratello fosse per un regolamento di conti".

Lei la sua storia l'ha raccontata anche al ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri: "Non si aspettava che io dinnanzi al mio avvocato e ai suoi aiutanti esponessi la vicenda in maniera specifica. Le ho raccontato del sangue uscito dall'ano, della mia querela, dei cinque anni di lotta e sofferenza. Alla fine mi ha detto 'povera signora, mi dispiace' e poi ha aggiunto che se il pm non avesse fatto bene il suo lavoro si sarebbe agito disciplinarmente. Così è stato. Aspettiamo il 31 dicembre quando il dottor Abate consegnerà le indagini che gli ha ordinato il giudice Battarino ma sono molto titubante visto che non credo che un pm che non ha lavorato per 5 anni cominci a farlo improvvisamente".

Lo scorso ottobre il gip di Varese Giuseppe Battarino ha ordinato alla Procura nuove indagini nei confronti degli otto agenti di polizia e a carabinieri accusati di lesioni colpose, respingendo la richiesta di archiviazione presentata dal pm Agostino Abate. Nei confronti di quest'ultimo è stato avviato dal Consiglio Superiore della Magistratura un procedimento disciplinare per sancire l'eventuale incompatibilità ambientale e decretarne il trasferimento in altra sede. Il tutto dopo la richiesta del l'avvocato Fabio Anselmo, che aveva presentato un’istanza d’avocazione del procedimento in cui si chiedeva il trasferimento di Abate, alla luce delle parole del giudice Orazio Muscato, che in sede di sentenza di primo grado aveva detto che era dovere della pubblica accusa indagare sulle ore che Giuseppe Uva trascorse nella caserma dei Carabinieri di Varese. Su quel lasso di tempo ancora oggi non c'è una versione chiara: nell'ordinanza del gip Battarino si legge che ancora non tutte "le ombre sulla ricostruzione delle condotte che portarono alla morte di Giuseppe Uva" non sono state ricostruite e che "il cittadino è stato privato della libertà mediante un trattenimento prolungatosi per oltre due ore in mancanza dei presupposti di legge per la privazione precautelare della libertà personale". Così il 31 dicembre 2013 sarà il nuovo termine per concludere le indagini e ripresentarle.

Inoltre il 7 maggio scorso Lucia Uva è stata querelata per diffamazione per aver detto cosa pensava fosse successo a Giuseppe la notte del 14 giugno: "Sfido chiunque a non pensare che mio fratello sia stato seviziato in caserma. Aveva i pantaloni abbassati e pieni di sangue, l'ano dialtato e i testicoli massacrati" ci dice.

Lei insieme a tanti altri parenti di vittime di quella che è stata definita 'malapolizia' da tempo si battono per ottenere l'approvazione del reato di tortura all'interno del nostro codice penale: "Stiamo ancora aspettando ma per ora tante sono state le parole e pochi i fatti. Ma non ci scoraggiamo: continuiamo a lottare perché siamo tutti uniti e concordi che qualcosa deve cambiare".

Uva, Aldrovandi, Cucchi, Ferulli: tutti casi accomunati dalla determinazione dei familiari a chiedere giustizia. Oltre al reato di tortura in molti di questi casi è stato chiesto che le forze dell'ordine che avessero commesso il reato potessero non indossare più la divisa."Chi ha sbagliato la deve togliere e non posso più stare nelle istituzioni. Solo così noi cittadini saremmo tutelati perché quello che è successo a Giuseppe potrebbe capitare ancora a qualcun'altro".

Sarebbero tutti passi avanti verso la verità e la giustizia per le vittime. Ma poi, per Lucia, dovrebbe cambiare anche qualcosa in più: "Deve cambiare la mente di giudici e pm, deve cambiare la giustizia. Spero che il governo vari una legge per far pagare gli errori anche dei pubblici ministeri, lo dico per esperienza. In tutti questi casi siamo sempre soli con i nostri avvocati. Ma continuo a pensare che la verità non può rimanere nascosta".

Infine Lucia pensa anche a chi come lei non ha avuto i mezzi per reagire: "Da quando ho iniziato a lottare per mio fratello ho conosciuto molte persone nella mia stessa situazione. Ma spesso penso a chi si è ritrovato a lottare per la giustizia ma non aveva i soldi per farlo. Spero che le tutto ciò cambi, presto".

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