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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca Roma

Mafia Capitale, l'accusa fa flop: archiviazione per Zingaretti, Alemanno e altri 111 indagati

Il "mondo di mezzo" della maxi inchiesta di Mafia Capitale è finito in archivio. "Ipotesi d'accusa" insufficienti secondo i giudici che hanno fatto cadere le accuse per il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti che era indagato per corruzione e turbativa d'asta. Cade anche l'associazione e delinquere per Gianni Alemanno

"Elementi inidonei a sostenere l'accusa in giudizio". Con questa motivazione il giudice per le indagi preliminari del tribunale di Roma ha archiviato le posizioni di 113 indagati finiti nell'inchiesta 'Mafia Capitale'. Tra gli indagati per cui nei mesi scorsi i pubblici ministeri avevano sollecitato la chiusura definitiva del caso ci sono politici, come il presidente della regione Lazio Nicola Zingaretti, imprenditori e altri professionisti che erano stati tirati in ballo dopo le dichiarazioni di alcuni degli imputati principali.

Il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, era stato indagato per sospetto concorso in corruzione per due episodi avvenuti prima del 2011 e nel 2013 e per turbativa d'asta a causa di una serie di dichiarazioni che aveva fatto Salvatore Buzzi, uno dei principali imputati, durante gli interrogatori. Dopo le sue accuse gli inquirenti avevano svolto delle verifiche che però non hanno portato a niente. Tra le altre persone per cui è stata chiesta ed ottenuta l'archiviazione, Vincenzo Piso, parlamentare attualmente iscritto al gruppo Misto che era indagato per finanziamento illecito; Daniele Leodori, presidente del Consiglio Regionale del Lazio.

Anche l'ex sindaco Gianni Alemanno, sotto processo per corruzione, oggi viene a definirsi con l'archiviazione l'accusa di aver partecipato ad una associazione a delinquere.

Dal reato di associazione di stampo mafioso sono stati scagionati anche l'ex esponente di Ente Eur spa Riccardo Mancini, e gli avvocati Michelangelo Curti, Domenico Leto e Pierpaolo Dell'Anno.

Per alcuni imputati nel processo che è in svolgimento nell'aula bunker di Rebibbia, come Massimo Carminati, Salvatore Buzzi e Luca Gramazio, sono caduti dei singoli episodi: per l'ex Nar Massimo Carminati in riferimento al reato di associazione per delinquere finalizzata a rapine e riciclaggio, e poi Ernesto Diotallevi e Giovanni De Carlo, a suo tempo iscritti sul registro degli indagati perchè sospettati di essere a Roma i referenti di 'Cosa Nostra', circostanza poi non suffragata da alcun riscontro.

Non sono state accolte, invece, le archiviazioni che l'ufficio dei pm hanno avanzato nei confronti dell'imprenditore Salvatore Forlenza, l'ex consigliere comunale (lista civica Marino sindaco) Luca Giansanti, e Alfredo Ferrari, l'ex presidente Pd della commissione bilancio del Comune.

TUTTI I NOMI

Il giudice Flavia Costantini con un provvedimento motivato di 82 pagine spiega per ogni singolo fatto contestato che le ipotesi iniziali dell'accusa sono da ritenere "insufficienti". Nella richiesta generale di archiviazione i pubblici ministeri avevano scritto: "Occorre precisare che le indicazioni fornite da Buzzi sono apparse sospette e ancorate a una precisa strategia difensiva, proiettata a dimostrare la propria estraneità all'associazione di tipo mafioso contestatagli e ad accreditarsi dinanzi agli inquirenti quale collaboratore dell'autorità giudiziaria".

In archivio alcune accuse per l'ex capo di gabinetto di Zingaretti, Maurizio Venafro (indagato per corruzione), la ex presidente del primo municipio della capitale, Sabrina Alfonsi (indagata per concorso in corruzione), l'ex consigliere comunale della lista Marchini, Alessandro Onorato (concorso in corruzione), il presidente del Consiglio regionale Daniele Leodori (turbativa d'asta), e per l'ex delegato allo sport della Giunta Alemanno Alessandro Cochi. Nell'elenco delle posizioni archiviate figurano anche i nomi degli imprenditori Luca Parnasi (corruzione), Luigi Ciavardini, Fabrizio Pollak e Gianluca Ius (per l'associazione finalizzata ai delitti di rapine e riciclaggio), e poi Leonardo Diotallevi, figlio di Ernesto (violazione della legge sulle armi), l'allora capo della segreteria personale di Alemanno Antonio Lucarelli e l'ex consigliere di Roma Multiservizi Stefano Andrini (indagati per associazione di stampo mafioso).

Per un difetto di notifica a uno degli imputati è slittato al 27 marzo prossimo il processo, fissato davanti alla terza sezione penale della corte d'appello di Roma, che chiama in causa l'ex assessore alla Casa della giunta Marino, in quota Pd, Daniele Ozzimo, condannato in primo grado a 2 anni e 2 mesi di reclusione in uno stralcio del procedimento legato a Mafia Capitale.

Il processo riguarda anche l'ex consigliere comunale di Centro democratico Massimo Caprari (condannato a 2 anni e 4 mesi). Ozzimo e Caprari sono accusati di corruzione per atti contrari ai doveri d'ufficio al pari di Gerardo e Tommaso Addeo, gli ex collaboratori di Luca Odevaine (gia' componente del Tavolo di Coordinamento Nazionale per i richiedenti asilo) ai quali il gup Alessandra Boffi, nel gennaio del 2016, aveva inflitto un anno e dieci mesi di carcere a testa, e di Paolo Solvi, condannato a due anni e due mesi nella veste di ex braccio destro dell'ex presidente del Municipio X (Ostia) Andrea Tassone.

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